Contemplare La Vita Di Cristo

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Isaia risponde alla chiamata di Dio, 20 novembre

Chi manderò e chi andrà per noi?». Io risposi: «Eccomi, manda me!». CC 334.1

Isaia 6:8 CC 334.2

Durante gli ultimi anni del regno di Ozzia, Isaia, chiamato a dare a Giuda i messaggi di avvertimento e di rimprovero da parte di Dio, cercò di sottrarsi a questa responsabilità. Sapeva che avrebbe incontrato un’ostinata resistenza: rendendosi conto della propria incapacità di affrontare la situazione e pensando all’ostinazione e all’incredulità del popolo in favore del quale era stato chiamato a operare, il suo compito gli sembrava disperato. Avrebbe rinunciato alla sua missione e abbandonato Giuda all’idolatria? CC 334.3

Questi erano i pensieri che affollavano la mente di Isaia mentre si trovava sotto il portico del tempio. Improvvisamente, la porta e la cortina interna del tempio parvero aprirsi e gli fu permesso di guardare dentro il luogo santissimo, quel luogo, dove i suoi piedi non potevano entrare. Gli si presentò una visione di Dio seduto sopra un trono elevato, mentre lo splendore della Sua gloria riempiva il tempio. Ai due lati del trono vi erano dei serafini con i volti velati in atto di adorazione, che servendo il loro Creatore univano le voci nel solenne canto: Santo, Santo, Santo è il Signore dell’universo; la Sua presenza gloriosa riempie il mondo tanto che la loro voce faceva tremare il tempio dalle fondamenta e il fumo lo riempiva quale tributo di adorazione e di lode all’Onnipotente. CC 334.4

Quando Isaia vide questa rivelazione della gloria e della Maestà del suo Signore, fu sopraffatto dal senso della purezza e dalla santità di Dio. Quale stridente contrasto tra l’incomparabile perfezione del suo Creatore e la condotta vergognosa di coloro che, come lui, facevano parte da così tanto tempo del popolo eletto di Israele e di Giuda. Allora gridò: È finita! Sono morto. E finita perché sono un peccatore e ho visto con i miei occhi il Re, il Signore dell’universo! (Isaia 6:5) CC 334.5

In piedi, in mezzo alla luce sfolgorante della presenza divina dentro il santuario, Isaia si rese conto della propria imperfezione e incapacità di compiere la missione alla quale era stato chiamato. Come poteva andare a parlare con la gente dei santi requisiti di Jehovah? Ma un serafino fu mandato ad assisterlo e a prepararlo per l’opera che doveva svolgere. Toccò le sue labbra con un carbone ardente tolto dall’altare e disse: Ecco, ho toccato le tue labbra con questo carbone ardente, la tua colpa è scomparsa, il tuo peccato è cancellato. Quindi si udì la voce di Dio che diceva: Chi manderò? Chi sarà il nostro messaggero? E Isaia rispose: Sono pronto! Manda me! (vv.7,8) CC 334.6

Review and Herald, Oct. 16, 1888 CC 334.7