La speranza dell’uomo

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Capitolo 15: Le nozze di Cana

Gesù non iniziò la sua opera compiendo qualcosa di straordinario a Gerusalemme, magari davanti al sinedrio. Manifestò invece la sua potenza in un piccolo villaggio della Galilea, per accrescere la gioia di una festa di nozze. Dimostrò la sua simpatia verso gli uomini e il suo desiderio di renderli felici. Nel deserto della tentazione aveva sperimentato la sofferenza; ora voleva trasmettere agli uomini le benedizioni divine, santificando con la sua presenza le relazioni della vita umana. SU 98.1

Dal Giordano Gesù era tornato in Galilea. Nella cittadina di Cana, non lontano da Nazaret, si celebrava un matrimonio tra i parenti di Giuseppe e di Maria, ed egli fu invitato alla festa insieme con i suoi discepoli. SU 98.2

Rivide così la madre dopo un periodo di assenza. Maria era stata informata di ciò che era avvenuto al Giordano, in occasione del battesimo del figlio. Le notizie giunte a Nazaret avevano ravvivato in lei il ricordo di quei fatti che per tanti anni aveva serbato nel suo cuore. Come tutto Israele, era stata profondamente colpita dalla missione di Giovanni Battista e ricordava bene la profezia pronunciata alla sua nascita. Le relazioni tra Gesù e il Battista riaccendevano le sue speranze. Aveva anche saputo del misterioso soggiorno di Gesù nel deserto e nel suo cuore nascondeva tristi presentimenti. SU 98.3

Dal giorno in cui aveva ricevuto l’annuncio dall’angelo, nella sua casa di Nazaret, aveva custodito gelosamente ogni prova della messianicità di Gesù. La vita tranquilla e altruistica del figlio, la confermava nella convinzione che fosse l’inviato di Dio. Ma anch’ella conosceva il dubbio e le delusioni e aspettava con ansia il momento della manifestazione della sua gloria. La morte le aveva tolto Giuseppe, che aveva condiviso con lei il segreto della nascita di Gesù. Non le restava nessuno a cui confidare le sue speranze e i suoi timori. Gli ultimi due mesi erano stati molto penosi. Priva della presenza di Gesù, la cui tenerezza era il suo solo conforto, meditava sulle parole di Simeone: “Una spada trapasserà l’anima... e a te stessa”. Luca 2:35. Si ricordava anche dei tre giorni trascorsi nell’angoscia quando aveva temuto di aver perso Gesù per sempre e con ansia ne aspettava il ritorno. SU 98.4

Lo rivide al banchetto nuziale. Era sempre il figlio affettuoso e sottomesso, ma aveva qualcosa di diverso. Il suo viso recava le tracce della lotta nel deserto e una nuova espressione di dignità e potenza rivelava la sua missione divina. Era accompagnato da un gruppo di giovani rispettosi che lo chiamavano “Maestro”. Quei discepoli raccontarono a Maria ciò che avevano visto al battesimo e in altre occasioni, e conclusero con queste parole: “Abbiam trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella legge, ed i profeti”. Giovanni 1:45. SU 98.5

Mentre gli ospiti giungevano, molti sembravano preoccupati per questioni importanti. Si notava una certa agitazione: alcuni gruppi conversavano a bassa voce e occhiate curiose venivano lanciate verso il figlio di Maria. La testimonianza dei discepoli riempì di gioia l’animo della madre e la convinse che le speranze accarezzate a lungo non erano state vane. Come ogni creatura umana, provava una gioia mista a un naturale orgoglio materno. Vedendo che un così gran numero di persone si interessavano di Gesù, desiderava ardentemente che egli desse una prova della sua messianicità. Maria sperava che per lui si presentasse l’occasione di compiere un miracolo in loro presenza. SU 99.1

All’epoca i festeggiamenti per le nozze duravano parecchi giorni. In quell’occasione, prima che la festa terminasse, venne a mancare il vino. Il fatto provocò perplessità e dispiacere: non era pensabile fare a meno del vino nei giorni di festa, e la sua mancanza sarebbe stata considerata come un segno di scarsa ospitalità. Maria, come parente degli sposi, aveva partecipato all’organizzazione della festa, perciò si rivolse a Gesù e gli manifestò la sua preoccupazione: “Non han più vino”. Giovanni 2:3. Queste parole contenevano implicitamente un invito a provvedere. Ma Gesù rispose: “Che v’è fra me e te, o donna? L’ora mia non è ancora venuta”. Giovanni 2:4. SU 99.2

Questa risposta ci può sembrare brusca, ma non esprimeva né freddezza né scortesia. Era un modo di parlare tipicamente orientale, che veniva usato con le persone verso cui si aveva il massimo rispetto. Tutta la vita di Gesù, del resto, è stata in armonia con il precetto che egli stesso aveva dato: “Onora tuo padre e tua madre”. Esodo 20:12. Sulla croce, compiendo l’ultimo gesto di tenerezza verso la madre, si rivolse a lei affidandola alle cure del suo discepolo prediletto. Alla festa nuziale, e più tardi sulla croce, l’affetto di Gesù si espresse con il tono della voce, con le espressioni del volto e con l’atteggiamento. SU 99.3

Da fanciullo, in occasione della visita al tempio, nel momento in cui capì il mistero della sua missione, Gesù aveva detto a Maria “Non sapevate ch’io dovea trovarmi nella casa del Padre mio?” Luca 2:49. Queste parole contenevano il programma della sua vita e del suo ministero. Tutto era subordinato all’opera di salvezza che era venuto a compiere nel mondo. Alle nozze di Cana si ripeteva la stessa situazione. Maria correva il rischio di pensare che, come madre di Gesù, godesse di certi privilegi su di lui e del diritto di guidarlo nella sua missione. Fino all’età di trent’anni era stato per lei un figlio affettuoso e ubbidiente e il suo amore era rimasto immutato; ma ora egli doveva “Attendere alle cose del Padre” (Luca 2:49, Diodati) suo. Nessun legame terreno doveva distogliere il Figlio di Dio dalla sua missione o influire sulla sua condotta. Doveva essere interamente libero di compiere la volontà di Dio. C’è qui un insegnamento anche per noi: i diritti di Dio sono superiori agli stessi legami del sangue; nessun vincolo terreno deve allontanarci dal sentiero su cui egli ci invita a camminare. SU 99.4

L’unica speranza di redenzione per la stirpe decaduta risiede in Cristo; Maria stessa poteva trovare la salvezza solo nell’Agnello di Dio. In sé ella non aveva alcun merito. La sua parentela con Gesù non la poneva in una relazione spirituale diversa da quella degli altri esseri umani. Questo voleva dire Gesù con le sue parole. Egli fece una distinzione precisa tra ciò che lo univa a lei come figlio dell’uomo e ciò che lo differenziava come Figlio di Dio. Il legame che li univa non metteva certo Maria su un piano di uguaglianza rispetto a Gesù. SU 100.1

Le parole “la mia ora non è ancora venuta” indicano che ogni atto della vita del Cristo era l’attuazione di un piano predisposto in tutti i suoi aspetti fin dall’eternità. Nella vita Gesù era guidato, progressivamente, dalla volontà del Padre. Al momento stabilito non esitava ad agire, ma con uguale sottomissione attendeva finché non fosse giunto il tempo. SU 100.2

Dicendo a Maria che la sua ora non era ancora venuta, Gesù rispondeva al suo pensiero inespresso, alla speranza che ella cullava insieme al popolo. Sperava che si sarebbe manifestato come Messia e avrebbe preso possesso del trono d’Israele. Ma il tempo non era ancora venuto. Gesù avrebbe accettato la sorte dell’umanità, ma non come re, bensì come “uomo di dolore, familiare col patire”. Isaia 53:3. SU 100.3

Sebbene Maria non avesse una concezione esatta della missione del Cristo, aveva piena fiducia in lui. Gesù rispose a quella fede. Compì il suo primo miracolo per onorare la fiducia di Maria e per rendere più salda la fede dei suoi discepoli. I discepoli avrebbero incontrato molte e grandi tentazioni; erano convinti, attraverso le profezie, che Gesù fosse il Messia, e si aspettavano perciò che i capi religiosi lo ricevessero con una fiducia persino più grande della loro. Parlavano alla gente delle opere meravigliose del Cristo e facevano conoscere la loro fiducia nella sua missione; ma rimanevano stupiti e amaramente delusi per la sfiducia, l’irriducibilità dei pregiudizi e l’odio mostrato dai sacerdoti e dai rabbini. I primi miracoli del Salvatore resero i discepoli capaci di resistere ai contrasti futuri. SU 100.4

Per nulla sconcertata dalla risposta di Gesù, Maria disse a coloro che servivano a tavola: “Fate tutto quel che vi dirà”. Giovanni 2:5. Fece ciò che poteva per preparare la via all’opera del Cristo. SU 101.1

Vicino alla porta vi erano sei grandi vasi di pietra. Gesù ordinò ai servitori di riempirli d’acqua. Siccome c’era bisogno di vino, disse loro: “Ora attingete, e portatene al maestro di tavola”. Giovanni 2:8. Invece dell’acqua che vi avevano versata, spillarono del vino. Né il maestro di casa, né la maggior parte degli ospiti si erano accorti che il vino era finito. Dopo averlo assaggiato, il maestro di casa lo trovò migliore di ogni altro vino, e assai diverso da quello servito all’inizio della festa. Rivolgendosi allo sposo, disse: “Ognuno serve prima il vino buono; e quando si è bevuto largamente, il men buono; tu, invece, hai serbato il vin buono fino ad ora”. Giovanni 2:10. SU 101.2

Come gli uomini offrono prima il vino buono e poi il peggiore, così fa il mondo con i suoi doni. Ciò che offre la società può piacere agli occhi e ai sensi, ma non dà una piena soddisfazione. Il vino si trasforma in amarezza e la gioia in lutto. Ciò che era iniziato con canti e allegrezza, termina con stanchezza e disgusto. I doni di Gesù, invece, sono sempre freschi e nuovi. La festa che offre all’essere umano non è mai priva di gioia e di soddisfazione. Ogni nuovo dono accresce la capacità di apprezzare e godere le benedizioni del Signore. Egli concede grazia dopo grazia. Non ci può essere mancanza di beni. Se siete in contatto con lui, il fatto di ricevere un ricco dono oggi vi consente di riceverne uno più ricco domani. Le parole di Gesù a Natanaele esprimono il modo di procedere di Dio verso coloro che credono. Con amore dice a chi è disposto ad accettarlo: “Tu vedrai cose maggiori di queste”. Giovanni 1:50. SU 101.3

Il dono del Cristo al banchetto nuziale aveva un valore simbolico. L’acqua rappresentava il battesimo nella sua morte; il vino, l’effusione del suo sangue per i peccati del mondo. Furono gli uomini a portare l’acqua e a riempire i vasi, ma solo la parola del Cristo le poté comunicare una potenza di vita. Lo stesso accade per i riti che annunciano la morte del Salvatore: non possono nutrire lo spirito se non in virtù della potenza del Cristo operante per la fede. SU 101.4

La parola del Cristo provvide abbondantemente alle necessità della festa. La misura della sua grazia è tanto grande da cancellare i peccati dell’umanità e rinnovare e nutrire lo spirito. SU 101.5

Nella prima festa a cui partecipò con i discepoli, Gesù offrì la coppa, simbolo della salvezza in loro favore. In occasione dell’ultima cena, la offrì nuovamente, istituendo quel sacro rito per commemorare la sua morte fino al suo ritorno. Cfr. 1 Corinzi 11:26. Il dolore dei discepoli per la separazione da Cristo fu lenito dalla promessa di un nuovo incontro. “Io vi dico che d’ora in poi non berrò più di questo frutto della vigna, fino al giorno che lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio”. Matteo 26:29. SU 101.6

Il vino che il Cristo provvide per la festa e quello che offrì più tardi ai discepoli, come simbolo del suo sangue, era puro succo d’uva. Ad esso allude il profeta Isaia quando parla del succo nel grappolo, e dice: “Non lo distruggere perché lì v’è una benedizione”. Isaia 65:8. SU 102.1

Il Cristo aveva dato a Israele il seguente ammonimento: “Il vino è schernitore, la bevanda alcolica è turbolenta, e chiunque se ne lascia sopraffare non è savio”. Proverbi 20:1. Quindi non poteva essere lui a offrire una simile bevanda. Satana tenta gli uomini spingendoli alla rilassatezza che offusca la ragione e affievolisce la sensibilità spirituale; ma il Cristo ci insegna a dominare la nostra natura. Tutta la sua vita è stata un esempio di abnegazione. Per vincere la potenza delle passioni, sopportò per noi la prova più dura a cui l’umanità possa trovarsi esposta. Era stato il Cristo a stabilire che Giovanni Battista non bevesse “né vino né cervogia”. Egli aveva ordinato una simile astinenza alla moglie di Manoah, e aveva maledetto l’uomo che avrebbe dato da bere al suo prossimo. Il Cristo non ha contraddetto i suoi insegnamenti. Il vino non fermentato, che aveva provveduto alla festa nuziale, era una bevanda sana e rinfrescante e mirava a soddisfare il gusto essendo insieme un alimento sano. SU 102.2

Mentre gli ospiti facevano notare la bontà di quel vino, vennero poste delle domande ai servitori e si seppe del miracolo. I convitati furono così stupiti da non pensare a colui che aveva compiuto quell’opera meravigliosa. Quando infine lo cercarono, si accorsero che si era allontanato senza farsi notare, neppure dai discepoli. SU 102.3

L’attenzione degli ospiti si volse allora verso di loro che per la prima volta ebbero l’occasione di testimoniare della loro fede in Gesù. Raccontarono ciò che avevano visto e udito al Giordano e così fecero nascere in molti cuori la speranza che Dio avesse fatto sorgere un liberatore per il suo popolo. La notizia del miracolo si diffuse in tutta la regione e giunse persino a Gerusalemme. Con rinnovato interesse i sacerdoti e gli anziani investigarono le profezie messianiche. Sorse un grande desiderio di conoscere meglio la missione di quel nuovo maestro che si mostrava al popolo in maniera così modesta. SU 102.4

Il ministero del Cristo era in netto contrasto con quello degli anziani del popolo d’Israele. La stima in cui tenevano la tradizione e il formalismo aveva distrutto ogni vera libertà di pensiero e azione. Vivevano nella paura continua della contaminazione. Per evitare il contatto con gli “impuri” stavano lontani non solo dai Gentili, ma anche dalla maggior parte dei loro compatrioti, evitando di aiutarli e farseli amici. Pensando sempre a tali questioni, avevano limitato le loro menti e ristretto la visuale della loro vita. Il loro esempio favoriva la diffusione dell’egoismo e dell’intolleranza in tutto il popolo. SU 102.5

Gesù iniziò la sua opera di riforma accostandosi con simpatia agli uomini. Manifestò grande rispetto per la legge di Dio, ma respinse la pretesa pietà dei farisei e cercò di liberare il popolo da norme insensate. Si impegnò per abbattere le barriere che separavano le diverse classi sociali, affinché tutti gli uomini si sentissero membri della stessa famiglia. La sua partecipazione alla festa nuziale era un passo in questa direzione. SU 103.1

Dio aveva guidato Giovanni Battista nel deserto affinché fosse al riparo dall’influsso dei sacerdoti e dei rabbini e si preparasse per la sua missione. Ma l’austerità e l’isolamento della sua vita non erano un modello da proporre a tutti. Giovanni stesso non aveva indotto i suoi uditori a dimenticarsi dei loro doveri pratici. Aveva ordinato di manifestare il loro pentimento con la fedeltà a Dio là dove erano stati chiamati. SU 103.2

Gesù, pur avendo una natura socievole, condannò la rilassatezza in tutte le sue forme. Accettava l’ospitalità di tutti, entrava nelle case dei ricchi e dei poveri, dei sapienti e degli ignoranti e cercava di distogliere il loro pensiero dalle realtà quotidiane per rivolgerlo a ciò che era spirituale ed eterno. Non incoraggiava la soddisfazione dei piaceri e la sua condotta non fu macchiata da nessun tipo di leggerezza mondana; amava vedere gli uomini felici e santificava con la sua presenza quelle feste. Un matrimonio per gli ebrei era un avvenimento importante e la gioia che veniva manifestata non dispiaceva al Figlio dell’uomo. Assistendo a questa festa, Gesù ha onorato il matrimonio come istituzione divina. SU 103.3

Nell’Antico e nel Nuovo Testamento il matrimonio serve come simbolo dell’unione affettuosa e sacra che esiste fra il Cristo e il suo popolo. La gioia di una festa nuziale evocava nella mente di Gesù la gioia del giorno in cui avrebbe introdotto la sua sposa nella casa del Padre e i riscattati si sarebbero seduti con lui alla cena nuziale dell’Agnello. Egli disse: “Come la sposa è la gioia dello sposo, così tu sarai la gioia del tuo Dio”. Isaia 62:5, 4. “Non ti si dirà più ‘Abbandonata’... ma tu sarai chiamata ‘La mia delizia è in lei’... poiché l’Eterno riporrà in te il suo diletto”. “Egli si rallegrerà con gran gioia per via di te... esulterà, per via di te, con gridi di gioia”. Sofonia 3:17. Quando l’apostolo Giovanni ebbe la visione del regno dei cieli, scrisse: “Poi udii come la voce di una gran moltitudine e come il suono di molte acque e come il rumore di forti tuoni, che diceva: Alleluia! poiché il Signore Iddio nostro, l’Onnipotente, ha preso a regnare. Rallegriamoci e giubiliamo e diamo a lui la gloria, poiché son giunte le nozze dell’Agnello, e la sua sposa s’è preparata”. “Beati quelli che sono invitati alla cena delle nozze dell’Agnello”. Apocalisse 19:6, 7, 9. SU 103.4

Gesù vedeva in ognuno un candidato per il suo regno. Egli toccava il cuore delle persone perché voleva il loro bene. Le cercava nelle strade, nelle case, sulle barche, nella sinagoga, sulle rive del lago, alle feste nuziali. Le incontrava mentre svolgevano i loro lavori quotidiani e manifestava interesse per ciò che facevano. Portava i suoi insegnamenti nelle case e faceva sentire alle famiglie il suo influsso divino. Con la sua intensa partecipazione umana conquistava i cuori. Spesso si ritirava sui monti a pregare, ma sempre in vista di una vita attiva tra gli uomini. Andava poi in mezzo a loro per guarire gli ammalati, istruire gli ignoranti e spezzare le catene dei prigionieri di Satana. SU 104.1

Gesù preparò i discepoli vivendo con loro e associandoli al suo lavoro. A volte li istruiva sedendosi con loro ai piedi dei monti, sulle rive del lago o per la strada, e faceva loro conoscere i misteri del regno di Dio. Non pronunciava sermoni come fanno gli uomini oggi. Ovunque vedeva un cuore che si apriva per udire il messaggio divino, svelava le verità della salvezza. Anziché impartire ordini ai suoi discepoli, diceva soltanto: “Seguitemi”. Li portava con sé nei viaggi attraverso i paesi e le città, perché potessero vedere come istruiva il popolo. Unì i loro interessi ai suoi e i discepoli si unirono a lui nel lavoro. SU 104.2

Tutti coloro che hanno accettato il Vangelo della grazia dovrebbero seguire l’esempio del Cristo che associava i suoi interessi a quelli dell’umanità. Non dobbiamo rinunciare a vivere con gli altri, non dobbiamo isolarci. Dobbiamo noi stessi raggiungere gli uomini dove sono, perché molto difficilmente verranno a noi spontaneamente. Non è solo dal pulpito che la verità divina può toccare il cuore degli uomini. Un altro campo di attività più umile, ma pieno di promesse, è quello delle abitazioni del povero e dei palazzi dei ricchi; quello della casa ospitale e delle riunioni sociali che hanno come scopo un sano divertimento. SU 104.3

Come discepoli del Cristo non dobbiamo lasciarci trascinare dai piaceri e dalle follie del mondo. Se lo facessimo, ne deriverebbe solo del male. Non dovremmo mai sanzionare il peccato con le nostre parole o con le nostre azioni, con il nostro silenzio o con la nostra presenza. Ovunque ci rechiamo, dobbiamo portare Gesù con noi e rivelare agli altri il valore prezioso del nostro Salvatore. Quelli che pensano di preservare la propria religione chiudendola entro mura di pietra, perdono occasioni preziose di fare il bene. Mediante le relazioni sociali il cristianesimo entra in contatto con il mondo. Tutti coloro che sono entrati in contatto con Dio devono illuminare la strada di quanti non conoscono ancora la luce della vita. SU 104.4

Dobbiamo diventare tutti testimoni di Gesù. L’influsso sociale, santificato dalla grazia del Cristo, deve essere potenziato per conquistare gli altri al Cristo. Mostriamo al mondo che non siamo solo persone assorbite dagli interessi personali, ma che desideriamo vedere anche gli altri partecipare alle nostre benedizioni e ai nostri privilegi. Che essi vedano che la nostra religione non ci priva di simpatia e non ci rende intolleranti. Tutti coloro che professano di aver trovato il Cristo operino come egli ha operato per il bene degli uomini. SU 105.1

Non dovremmo mai offrire al mondo la falsa impressione che i cristiani sono persone tristi e infelici. In Gesù vediamo un Redentore compassionevole che ci illumina mentre lo contempliamo. Dove regna il suo spirito, regna anche la pace. E vi sarà gioia perché in Dio vi è una fiducia santa e calma. SU 105.2

Il Cristo è contento quando i suoi discepoli, anche se uomini, manifestano la natura divina. Essi non sono statue, ma uomini e donne viventi. I loro cuori, rinfrescati dalla rugiada della grazia divina, si aprono al Sole di giustizia. La luce che brilla su loro si riflette sugli altri attraverso azioni che risplendono dell’amore del Cristo. SU 105.3