I tesori delle testimionianze 1

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Capitolo 89: L’efficacia del sacrificio del Cristo

Un tempo ai figli d’Israele era stato raccomandato di fare un’offerta per tutta la comunità per purificarsi dalla contaminazione cerimoniale. Questo sacrificio consisteva nell’immolare una giovenca rossa che doveva riscattare dai peccati e che purificava tutti coloro che, o per necessità o incidentalmente, avessero toccato un cadavere. Chi, per un motivo o per l’altro, veniva in contatto con un morto era considerato cerimonialmente impuro. Questo era necessario per far capire agli ebrei che la morte era la conseguenza del peccato e quindi una rappresentazione del peccato stesso. Una sola giovenca, una sola arca, un solo serpente di rame: rappresentavano l’unica e grande offerta, il sacrificio del Cristo. TT1 325.1

La giovenca doveva essere rossa, simbolo del sangue; doveva essere senza difetto e senza macchia e non doveva aver portato il giogo. Ancora una volta veniva sottolineata la figura del Cristo, in quanto Figlio di Dio, che venne volontariamente a compiere un’opera di purificazione. Egli non portava nessun giogo obbligatoriamente perché era indipendente, al di sopra di ogni legge. Gli angeli, messaggeri di Dio, erano vincolati e quindi nessun sacrificio da parte loro poteva espiare il peccato dell’uomo caduto. Solo il Cristo, libero dalle esigenze della legge, poteva redimere l’umanità; soltanto lui aveva facoltà di offrire la propria vita e di riprenderla. “Il quale, essendo in forma di Dio non riputò rapina l’essere uguale a Dio”. Filippesi 2:6. TT1 325.2

Gesù, questo essere glorioso, amava i peccatori e assunse la forma umana per poter soffrire e morire al posto dell’uomo. Gesù poteva benissimo rimanere alla destra del Padre, cingere la corona di re e indossare le vesti regali. Ma egli scelse di rinunciare alle ricchezze, all’onore e alla gloria del cielo per la miseria dell’umanità e alla sua sovranità per affrontare gli orrori del Getsemani, l’umiliazione e l’agonia del Calvario. Egli diventò quindi “l’uomo di dolore”, sperimentò la sofferenza per potere, grazie a questo suo battesimo di sofferenze e di sangue, purificare e redimere un mondo colpevole. “...Eccomi, vengo!... Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà...” Salmi 40:7, 8. TT1 325.3

La giovenca del sacrificio veniva condotta fuori dal campo e uccisa. Nello stesso modo il Cristo soffrì, fuori dalle porte di Gerusalemme, perché il Calvario era situato fuori dalle mura della città. Questo serviva a indicare che il Cristo non morì solo per gli ebrei, ma per tutta l’umanità. Egli proclama a un mondo caduto che è venuto per redimere e invita ognuno ad accettare la salvezza che offre. La giovenca veniva uccisa in forma solenne, poi il sacerdote, che indossava vesti bianche, raccoglieva fra le mani il sangue della vittima e lo spruzzava sette volte verso il tempio. “...Avendo noi un gran Sacerdote sopra la casa di Dio, accostiamoci di vero cuore, con piena certezza di fede, avendo i cuori aspersi di quell’aspersione che li purifica dalla mala coscienza, e il corpo lavato d’acqua pura”. Ebrei 10:21, 22. TT1 325.4

Il corpo della giovenca veniva bruciato e ridotto in cenere: questo denotava un sacrificio totale. Le ceneri venivano raccolte da una persona non contaminata dal contatto con il cadavere e poste in un vaso contenente dell’acqua presa da un ruscello. Questa persona prendeva un bastoncino di legno di cedro avvolto in una stoffa scarlatta e un mazzetto di issopo e con essi spruzzava la tenda e il popolo riunito. La cerimonia era ripetuta sette volte affinché fosse perfetta e rappresentasse la purificazione dal peccato. TT1 326.1

Così Cristo, nella sua giustizia, dopo avere sparso il proprio sangue prezioso, è entrato nel luogo santo per purificare il santuario, i cui servizi hanno come obiettivo la riconciliazione di Dio con l’uomo. Alcuni, forse, considerano l’uccisione della giovenca come una cerimonia priva di significato, mentre è necessario tener presente che essa è stata voluta da Dio e che, quindi, ha un significato profondo, valido ancora oggi. TT1 326.2

Il sacerdote utilizzava il cedro e l’issopo per spruzzare l’acqua della purificazione sull’impuro. Questo era il simbolo del sangue del Cristo sparso per la purificazione delle impurità morali. Il gesto di spruzzare varie volte illustra la pienezza dell’opera che deve essere compiuta in favore del peccatore pentito. Tutto quello che egli possedeva doveva essere consacrato. Non solo doveva essere purificato il suo spirito, ma doveva provvedere affinché la sua famiglia, gli utensili domestici, i suoi beni e tutto ciò che gli apparteneva fossero consacrati a Dio. TT1 326.3

Dopo che la tenda era stata spruzzata con l’issopo, sulla porta dei purificati veniva scritto: “Io non appartengo più a me stesso: Signore, sono tuo”. Questa stessa esperienza deve essere vissuta da coloro che affermano di essere stati purificati dal sangue del Cristo. Dio non chiede oggi meno di quanto chiedeva in passato. Il salmista, nella sua preghiera, si riferisce a questa cerimonia simbolica quando dice: “Purificami con l’issopo, e sarò netto; lavami, e sarò più bianco che neve... O Dio, crea in me un cuor puro e rinnova dentro di me uno spirito ben saldo... Rendimi la gioia della tua salvezza e fa’ che uno spirito volonteroso mi sostenga”. Salmi 51:7, 10, 12. TT1 326.4

Il sacrificio del Cristo è efficace, però deve essere applicato continuamente. Dio non vuole che i suoi figli utilizzino alla sua gloria soltanto quei beni che egli ha affidato loro, ma desidera che si consacrino personalmente alla sua opera. Fratelli miei, se siete diventati egoisti e sottraete al Signore quello che dovreste offrire con gioia per il suo servizio, avete bisogno che il sangue dell’aspersione vi consacri a Dio con tutto ciò che possedete. TT1 326.5