I tesori delle testimionianze 1

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Il culmine della sofferenza

Il Figlio di Dio fu assalito anche dal dubbio. Egli non poteva vedere oltre la porta del sepolcro; nessuna luce di speranza, in quel momento, risplendeva per annunciare che sarebbe uscito vincitore dalla tomba e che il Padre avrebbe accettato il suo sacrificio. Il peccato del mondo, in tutto il suo orrore, gravava sul Figlio di Dio con il suo peso opprimente. La disapprovazione divina del peccato, le sue conseguenze e la morte erano tutto ciò che il Cristo riusciva a vedere attraverso quelle fitte tenebre. Egli era tentato di pensare che il peccato fosse così offensivo agli occhi del Padre, che egli non potesse riconciliarsi con il Figlio. Il timore che il Padre lo avesse abbandonato per sempre lo spinse a gridare: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?” TT1 159.5

Il Cristo provava quello che un giorno proveranno i peccatori quando su di essi si abbatteranno le piaghe dell’ira di Dio. La più cocente disperazione assalirà gli uomini colpevoli ed essi si renderanno conto dell’estrema gravità del peccato. La salvezza è stata acquistata tramite le sofferenze del Figlio di Dio ed è a loro disposizione se l’accettano con gioia e spontaneamente. Nessuno, però, è costretto a ubbidire alla legge di Dio. Se gli uomini rifiutano le benedizioni divine e scelgono i piaceri e le seduzioni del peccato, sperimenteranno la morte, come conseguenza della scelta fatta, e saranno separati per sempre dalla presenza di Gesù, di cui hanno disprezzato il sacrificio. Perderanno, così, una vita di felicità e sacrificheranno la gloria eterna per godere degli effimeri piaceri del peccato. TT1 160.1

Nell’agonia del Cristo la fede e la speranza vacillavano perché non provava più la certezza dell’approvazione e dell’accettazione che il Padre aveva precedentemente accordato al Figlio. Il Redentore del mondo era sempre stato confortato dalle prove con le quali il Padre dimostrava l’accettazione della sua opera e confermava il suo favore. Ma nella sua agonia, prima di morire, poteva aggrapparsi soltanto tramite la fede a colui a cui aveva sempre ubbidito con gioia. Non era più illuminato da fulgidi raggi di speranza; profonde tenebre l’opprimevano. In mezzo a quella fitta oscurità la natura soffriva con lui; il Redentore bevve dal misterioso calice sino all’ultima goccia. Privo di ogni speranza e fiducia nel trionfo che lo attendeva, gridò: “...Padre, nelle tue mani rimetto lo spirito mio...” Luca 23:46. Egli conosceva il Padre: la sua giustizia, la sua misericordia, il suo grande amore e si abbandonò fiducioso e sottomesso nelle sue mani. Fra gli sconvolgimenti della natura echeggiarono le ultime parole di colui che moriva sul Calvario. TT1 160.2

La natura partecipò alle sofferenze del suo Creatore. I cieli si aprirono, le rocce si spaccarono per annunciare che colui che stava morendo era il Figlio di Dio. Ci fu un grande terremoto e la cortina del tempio si squarciò in due. Il terrore si impadronì dei carnefici e degli spettatori nel vedere il sole oscurato, nel sentire il terremoto scuotere la terra sotto i loro piedi e nel contemplare le rocce che si spaccavano. Gli scherni e gli oltraggi dei sacerdoti e degli anziani cessarono quando il Cristo rimise il suo spirito nelle mani del Padre. La folla attonita iniziò a ritirarsi e si diresse, a tentoni, verso la città avvolta nelle tenebre. Battendosi il petto, mentre tornavano a casa terrorizzati, sussurravano gli uni agli altri: “È stato ucciso un innocente. E se fosse davvero, come hanno detto, il Figlio di Dio?” TT1 160.3