Profeti e re
Capitolo 19: Un profeta di pace
L’opera compiuta da Eliseo come profeta fu, da certi punti di vista, molto diversa da quella di Elia. A quest’ultimo erano stati affidati messaggi di rimprovero e di condanna; il suo era un coraggioso appello che richiamava il re e il popolo ad abbandonare le loro vie malvagie. Quella di Eliseo era una missione di pace. Doveva continuare e consolidare l’opera iniziata da Elia: insegnare al popolo la via del Signore. Il racconto ispirato ce lo presenta a tu per tu con il popolo, oppure circondato dai figli dei profeti, o impegnato a compiere miracoli e a diffondere intorno a sé salute e conforto. PR 131.1
Eliseo era un uomo mite e gentile ma sapeva anche essere severo; lo dimostrò sulla strada di Betel quando fu schernito da un gruppo di ragazzi fuori dalla città. Questi ragazzi avevano saputo dell’ascensione di Elia al cielo e si beffavano di lui, riferendosi a quell’episodio, e dicendo a Eliseo: “Va’ via, va’ via, testa pelata!” Nell’udire quelle espressioni sarcastiche, il profeta si voltò e, ispirato dall’Onnipotente, li maledisse. Il tremendo castigo che seguì veniva da Dio: “Allora uscirono dal bosco due orse e sbranarono quarantadue di quei ragazzi”. 2 Re 2:23, 24. PR 131.2
Se Eliseo non avesse dato importanza a quelle parole di scherno avrebbero continuato a prenderlo in giro, a ingiuriarlo e la sua missione, che consisteva nell’istruire e nel salvare il popolo in un momento di grave pericolo per la nazione, probabilmente sarebbe fallita. Questo episodio, estremamente grave, fu sufficiente per guadagnargli il rispetto di tutti. Per cinquant’anni entrò e uscì dalla porta di Betel e si aggirò nel paese di città in città incontrandosi con gruppi di giovani oziosi, rudi e dissoluti, ma nessuno si beffò di lui o sottovalutò il suo ruolo di profeta dell’Altissimo. PR 131.3
Anche la gentilezza deve avere i suoi limiti. L’autorità deve essere mantenuta con decisa severità, altrimenti potrebbe essere accolta da molti con scherno e disprezzo. PR 131.4
La cosiddetta tenerezza, le blandizie e l’indulgenza di genitori ed educatori nel trattare con i giovani sono fra i metodi peggiori usati nei loro confronti. In ogni famiglia sono essenziali la fermezza, il rigore e l’adesione intransigente ai princìpi. PR 131.5
Il rispetto, di cui erano sprovvisti quei giovani che schernirono Eliseo, è una qualità che dovrebbe essere accuratamente acquisita. Bisogna insegnare ai bambini a manifestare una venerazione profonda per Dio, il cui nome non deve essere mai usato con leggerezza o in modo sconsiderato. Gli angeli, quando lo pronunciano, si coprono il volto. Noi, esseri caduti e peccatori, dovremmo pronunciarlo con estremo rispetto. PR 132.1
Si dovrebbe manifestare riguardo anche per i rappresentanti di Dio: pastori, insegnanti e genitori che sono chiamati a parlare e ad agire in sua vece. Nel rispetto che esprimiamo nei loro confronti anche Dio è onorato. PR 132.2
La gentilezza è uno dei doni dello Spirito Santo. Tutti dovremmo coltivarla. Ha il potere di ammansire quei caratteri che altrimenti sarebbero rudi e grossolani. Coloro che si definiscono discepoli di Cristo e che sono duri, bruschi, ineducati non hanno capito il carattere del Salvatore. Possono essere integri e sinceri ma queste virtù non suppliscono alla mancanza di bontà e di gentilezza. PR 132.3
L’umanità di Eliseo, che gli permise di esercirare un forte influsso sulla vita di molti in Israele, è rivelata dalle sue relazioni di amicizia con una famiglia che abitava a Sunem. Durante i suoi viaggi nel regno “Una volta, Eliseo passò dal villaggio di Sunem. Una donna molto ricca lo invitò con insistenza a mangiare da lei. Da allora, tutte le volte che passava di lì, si fermava a mangiare da lei”. 2 Re 4:8. La padrona di casa si convinse che Eliseo era “...un uomo santo, mandato da Dio”, e disse a suo marito: “...Costruiamogli una cameretta al piano di sopra, e mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e un lume. Così quando verrà da noi, potrà alloggiare lì”. 2 Re 4:9, 10. Il profeta andava spesso in quel luogo tranquillo, grato per la quiete di cui poteva godere. Dio, a sua volta, non rimase insensibile alla gentilezza di quella donna che non aveva figli e la ricompensò per la sua ospitalità concedendole un bambino. PR 132.4
Passarono gli anni. Il bimbo, ormai grande, andava nei campi con i mietitori. Un giorno fu colpito dall’eccessivo calore e si mise a gridare: “La mia testa! La mia testa!” Il padre disse al suo servo: “Portalo subito a sua madre”. “...La donna lo tenne sulle ginocchia fin verso mezzogiorno e a quell’ora il ragazzo morì. Lei allora lo portò di sopra, lo distese sul letto del profeta Eliseo e uscì chiudendo la porta”. 2 Re 4:20, 21. PR 132.5
Angosciata la Sunamita decise di andare da Eliseo per cercare aiuto. Il profeta era sul monte Carmelo. La donna, accompagnata dal suo servo, si mise immediatamente in cammino. “...Quando Eliseo la vide da lontano, disse al suo servo Giezi: ‘Ma quella è la donna di Sunem! Corrile incontro e chiedile se va tutto bene a lei, a suo marito e a suo figlio’”. 2 Re 4:25, 26. Il servo fece come gli era stato detto ma la donna non disse nulla fino a quando non si trovò davanti a Eliseo. Udito ciò che era accaduto alla donna, il profeta disse a Giezi: “Preparati a partire. Prendi il mio bastone e va a Sunem. Per la strada non fermarti a salutare nessuno. Se qualcuno ti saluta, non rispondere. Quando arrivi, posa il mio bastone sul volto del ragazzo”. 2 Re 4:29. PR 132.6
La madre, però, non fu contenta fino a quando lo stesso Eliseo non andò con lei. Disse: “Giuro davanti al Signore e davanti a te: non me ne vado di qui se non vieni anche tu”. 2 Re 4:30. Eliseo si levò e la accompagnò. Or Giezi che li aveva preceduti, pose il bastone sul viso del fanciullo, ma non vi fu né voce né segno alcuno di vita. Andò quindi incontro a Eliseo e gli riferì la cosa dicendo: ‘Il ragazzo non si è svegliato!’”. PR 133.1
Giunti a casa, Eliseo si recò nella camera dove giaceva il bambino morto, “...si chiuse dentro con lui e si mise a pregare il Signore. Poi si stese sul ragazzo, con la bocca sulla sua bocca, gli occhi di fronte ai suoi occhi e le mani contro le sue mani. Rimase sdraiato su di lui finché il suo corpo non si scaldò. Poi si alzò e si mise a camminare su e giù per la stanza. Infine tornò a stendersi sul ragazzo. Dopo un po’ il ragazzo starnutì sette volte e alla fine aprì gli occhi. Eliseo chiamò Giezi e gli ordinò di far venire la donna. “Ecco tuo figlio, prendilo”, le disse. La donna si gettò ai piedi del profeta e s’inchinò fino a terra. Poi prese suo figlio e uscì”. 2 Re 4:33-37. PR 133.2
Così fu ricompensata la fede di questa donna. Cristo, il grande datore della vita, aveva risuscitato il suo bambino. Nello stesso modo saranno ricompensati i suoi fedeli quando alla sua venuta “la morte perderà il suo dardo e la tomba la sua vittoria”. Allora restituirà ai suoi servitori i figli che avevano perso. PR 133.3
Il profeta Geremia ha scritto queste parole consolanti: “...Ma ora basta con i lamenti e il pianto, asciuga le lacrime dagli occhi perché io ti ricompenserò dei tuoi affanni...”. Geremia 31:15-17. Il Cristo consola tutti coloro che sono in lutto con queste parole di speranza: “Io li riscatterei dal potere del soggiorno dei morti, li redimerei dalla morte; sarei la tua peste, o morte, sarei la tua distruzione, o soggiorno dei morti...”. Osea 13:14; cfr. Apocalisse 1:18; 1 Tessalonicesi 4:16, 17. PR 133.4
Come il Cristo, di cui era il tipo, Eliseo guariva e insegnava. Fedelmente, instancabilmente compiva un lavoro efficace impegnandosi a sostenere e sviluppare l’importante opera educativa svolta dalle scuole dei profeti. L’insegnamento che impartiva ai gruppi di giovani entusiasti raccolti intorno a lui era confermato dall’azione potente dello Spirito Santo e, talvolta, da inconfondibili prove della sua autorità di profeta dell’Eterno. PR 133.5
Fu in occasione di una delle sue visite alla scuola di Ghilgal che Eliseo purificò la minestra avvelenata. “...A quel tempo c’era una carestia nella regione. Il gruppo di profeti era riunito intorno a lui. Eliseo ordinò al suo servo: “Metti un pentolone sul fuoco e prepara una minestra per tutto il gruppo”. Un profeta andò nei campi a raccogliere erbe e trovò una specie di vite selvatica; colse alcuni dei suoi frutti simili a zucche. Se ne riempì il mantello e tornò a casa. Non conoscevano quei frutti, ma lui li tagliò a pezzi nella minestra. La minestra fu servita, ma appena l’assaggiarono, cominciarono a gridare: “Uomo di Dio, la minestra è avvelenata!” Nessuno poté mangiarla. Il profeta Eliseo, allora comandò: “Portate un po’ di farina”. La gettò nel pentolone e ordinò: “Servitevi e mangiate”. Nel pentolone non c’era più nulla di velenoso”. 2 Re 4:38-41. PR 134.1
Sempre a Ghilgal, mentre il paese era colpito dalla carestia, Eliseo nutrì cento uomini con alcune provviste portategli da un uomo di Baal-Shalisha: “Venti pani d’orzo fatti con farina nuova e un sacco di grano appena raccolto”. Quelle persone avevano particolarmente bisogno di cibo. Quando giunse l’offerta, Eliseo disse al suo servo di sfamare il gruppo con quei viveri. Ma il servo rispose: “Questa roba non basta per dar da mangiare a cento persone!” Ma Eliseo gli disse: “Ognuno avrà abbastanza da mangiare e ne avanzerà anche!” Il servo li distribuì e ne avanzò come il Signore aveva detto. 2 Re 4:42-44. PR 134.2
Quanta sollecitudine manifestò il Signore nel compiere, tramite il suo messaggero, questo miracolo per placare la fame di quelle persone. Quante volte, da allora, anche se non sempre in modo così spettacolare, il Signore ha agito per soddisfare le necessità degli uomini. Se fossimo più sensibili riconosceremmo facilmente con quale attenzione ha cura di noi. PR 134.3
È la grazia di Dio che può trasformare una piccola porzione in una quantità sufficiente. La sua mano può centuplicarne la portata. Con le sue risorse egli può imbandire una tavola nel deserto. Col semplice tocco della sua mano Dio può moltiplicare le ultime provviste e renderle sufficienti per tutti. È stata la sua potenza a moltiplicare i pani e il grano nelle mani dei figli dei profeti. PR 134.4
Quando Cristo compì un miracolo simile per nutrire una folla, si scontrò con la stessa incredulità manifestata dalle persone sfamate da Eliseo. “...Questa roba non basta per dar da mangiare a cento persone!...” (2 Re 4:43) disse il servitore del profeta. Quando il Salvatore ordinò ai suoi discepoli di distribuire i pani e i pesci alla folla riunita, essi risposero: “...Noi abbiamo soltanto cinque pani e due pesci. A meno che non andiamo noi a comprare cibo per tutta questa gente!” Luca 9:13. Non è forse un esempio fra tanti? PR 134.5
La lezione che ne scaturisce è per i figli di Dio in ogni tempo. Quando il Signore assegna un compito non è bene discutere sulla ragionevolezza dell’ordine o sui probabili risultati che ne deriveranno. Quanto abbiamo a disposizione può apparire inadeguato per soddisfare le nostre necessità, ma nelle mani del Signore risulterà più che sufficiente. Il servo “...li distribuì e ne avanzò come il Signore aveva detto”. PR 135.1
Il grande bisogno della chiesa oggi è quello di una percezione più profonda del rapporto che Dio vuole instaurare con coloro che sono stati riscattati tramite suo Figlio e inoltre una fede maggiore nel costante progresso dell’opera di Dio sulla terra. È necessario che nessuno sprechi il suo tempo lamentandosi della limitatezza delle proprie risorse economiche. Le prospettive possono essere poco promettenti, ma la volontà e la fiducia in Dio moltiplicheranno le risorse. PR 135.2
Il dono, offerto con ringraziamento e accompagnato dalla preghiera per la sua benedizione, sarà moltiplicato da Dio come il cibo dato ai figli dei profeti e alla moltitudine affamata. PR 135.3