Profeti e re
Capitolo 4: Le conseguenze della trasgressione
Una delle principali motivazioni che spinsero Salomone ad adottare un comportamento stravagante e tirannico fu la progressiva propensione all’egoismo. PR 42.1
Quando ai piedi del monte Sinai Mosè comunicò al popolo l’ordine divino: “...Mi facciano un santuario perché io abiti in mezzo a loro” (Esodo 25:8, Luzzi), la risposta degli israeliti fu accompagnata da doni adeguati: “Tutti quelli che erano veramente generosi portarono l’offerta per il Signore...”. Esodo 35:21. PR 42.2
Un altro invito alla generosità fu fatto da Davide quando affidò a Salomone la responsabilità di costruire il tempio. Alla folla riunita egli chiese: “E ora, chi altro vuol fare offerte al Signore?” 1 Cronache 29:5. PR 42.3
Questo spirito di consacrazione e di sacrificio spontaneo avrebbe dovuto essere sempre presente nella mente di coloro che si occupavano della costruzione del tempio. PR 42.4
Per la costruzione del tabernacolo nel deserto, alcuni uomini furono dotati da Dio di speciali capacità e di particolare sapienza. PR 42.5
“Perciò Bezaleel, Ooliab e tutti gli altri artigiani che il Signore ha dotato di abilità, di intelligenza e di capacità, per eseguire i lavori della costruzione del santuario, faranno ogni cosa secondo gli ordini del Signore”. Esodo 36:1; cfr. 35:30-35. PR 42.6
I loro discendenti ereditarono molti dei talenti dei loro antenati. Per un certo periodo di tempo questi uomini delle tribù di Giuda e di Dan rimasero umili e generosi; poi gradatamente, in modo quasi impercettibile, essi persero il loro contatto con Dio e il desiderio di servirlo disinteressatamente. Chiesero dei compensi sempre più alti con la scusa delle loro straordinarie capacità artistiche. In alcuni casi le loro richieste furono soddisfatte, ma in altre occasioni accettarono di lavorare per le nazioni vicine. Invece di dimostrare la loro generosità, come i loro illustri antenati, si lasciarono travolgere dall’avidità, con il desiderio di ottenere sempre maggiori vantaggi. Per poter soddisfare le loro tendenze egoistiche, utilizzarono l’abilità che Dio aveva dato loro mettendosi al servizio di re pagani e utilizzando i loro talenti per realizzare opere che disonoravano il loro Creatore. PR 42.7
Fra questi uomini Salomone cercò un operaio specializzato perché sovrintendesse i lavori della costruzione del tempio sul monte Moria. PR 43.1
Il re aveva ricevuto per iscritto le disposizioni dettagliate riguardanti ogni parte dell’edificio sacro. Avrebbe potuto contare sul Signore per trovare operai consacrati e abili che fossero in grado di eseguire con precisione il lavoro in questione. Ma Salomone non approfittò di questa occasione per esercitare la sua fede in Dio. Chiese al re di Tiro di inviargli “...un artigiano che sa lavorare bene l’oro e l’argento, il bronzo e il ferro, abile tintore di tessuti in colore violetto, cremisi e porpora e bravo nell’arte dell’intaglio. Egli dirigerà il lavoro degli artigiani scelti da mio padre Davide, che io ho a disposizione qui a Gerusalemme e in Giudea”. 2 Cronache 2:6. PR 43.2
Il re fenicio rispose mandando Huram, “...figliuolo di una donna della tribù di Dan e di padre Tiro”. 2 Cronache 2:14 (Luzzi). PR 43.3
Huram era discendente, da parte materna, di Ooliab che centinaia di anni prima aveva ricevuto da Dio particolari talenti per la costruzione del tabernacolo. PR 43.4
In questo modo, il gruppo degli operai di Salomone fu guidato da un uomo che non era animato dal desiderio altruistico di lavorare per Dio. Egli serviva il dio di questo mondo: Mammona. Ogni fibra del suo essere vibrava del più puro egoismo. PR 43.5
Per le sue particolari capacità, del tutto fuori del comune, Huram chiese compensi elevati. A poco a poco i discutibili princìpi dai quali era animato finirono con l’essere adottati da coloro che lavoravano con lui. L’avidità sostituì la generosità ed essi chiesero salari sempre più elevati che vennero loro concessi. PR 43.6
Le conseguenze negative che ne risultarono si evidenziarono in tutti i settori dell’opera di Dio e penetrarono un po’ dappertutto nel regno. Un certo numero di coloro che erano riusciti a ottenere dei salari elevati ne approfittarono per abbandonarsi al lusso e allo sperpero e svanì quasi completamente lo spirito di sacrificio. È triste constatare che l’apostasia di colui che era stato considerato come il più saggio dei mortali aveva provocato conseguenze così negative. PR 43.7
Lo stridente contrasto fra lo spirito e le motivazioni del popolo che eresse il tabernacolo nel deserto e coloro che erano impegnati nella costruzione del tempio di Salomone ci propone una lezione di grande importanza. L’egoismo che caratterizzò i costruttori si ritrova oggi fra le motivazioni dell’avidità che regna nel mondo. L’aspirazione a posizioni più elevate o a salari più cospicui, è diffusa ovunque: raramente si riscontrano il servizio spontaneo e lo spirito altruistico di coloro che lavorarono per costruire il tabernacolo del deserto. I discepoli di Gesù, invece, dovrebbero essere animati solo da questo spirito. Il nostro divino Maestro ci ha lasciato un esempio di come devono lavorare i suoi discepoli. A coloro che invitò dicendo: “Venite dietro a me e vi farò pescatori di uomini”, non offrì nessuna somma in cambio della loro collaborazione. I discepoli dovevano condividere le sue rinunce e i suoi sacrifici. PR 43.8
Non dobbiamo lavorare in funzione di un salario. Al servizio del Signore non conta l’interesse personale. Una devozione disinteressata e uno spirito di sacrificio sono sempre stati e sempre saranno i requisiti fondamentali per compiere un servizio gradito a Dio. Il nostro Signore e Maestro non vuole che il filo dell’egoismo entri nella trama della sua opera. Nel nostro lavoro dobbiamo impegnarci con il tatto, la capacità, la precisione e la sapienza che il Dio della perfezione richiedeva ai costruttori del tabernacolo terreno. Svolgendo qualsiasi attività dobbiamo ricordare che i più grandi talenti o i migliori servizi sono graditi al Signore soltanto quando rinunciamo alle nostre tendenze egoistiche. PR 44.1
Il re d’Israele fece un altro errore che provocò la sua rovina: cedette alla tentazione di attribuirsi la gloria che appartiene soltanto a Dio. Dal giorno in cui gli venne affidata l’opera di costruzione del tempio, fino alla conclusione dei lavori, aveva sempre sostenuto di “costruire una casa al nome dell’Eterno, dell’Iddio d’Israele”. 2 Cronache 6:7. PR 44.2
Questa sua intenzione venne ampiamente ribadita davanti al popolo d’Israele in occasione della consacrazione del tempio. Nella sua preghiera, il re riconsceva che Dio aveva detto: “Quivi sarà il mio nome!” 1 Re 8:29. PR 44.3
Uno dei brani più toccanti della preghiera di consacrazione fatta da Salomone fu quello relativo agli stranieri che sarebbero venuti da paesi lontani per imparare a conoscere colui la cui fama si era diffusa fra le nazioni. Il re pregò così: PR 44.4
“Quando uno straniero, uno che non appartiene al tuo popolo, verrà da una terra lontana (...) perché avrà sentito parlare della tua gloria e delle grandi cose che hai fatto...”. PR 44.5
In favore di ognuno di questi adoratori stranieri Salomone aveva chiesto: PR 44.6
“Esaudisci ogni richiesta dello straniero. Così, tutti i popoli della terra ti conosceranno, ti ubbidiranno come il popolo d’Israele e sapranno che tu sei adorato in questo tempio che ho fatto costruire”. 1 Re 8:42, 43. PR 44.7
Concludendo il servizio di consacrazione Salomone esortò Israele a restare fedele al vero Dio “...così tutti i popoli della terra si accorgeranno che solo il Signore è Dio, lui e nessun altro”. 1 Re 8:60. PR 44.8
Qualcuno più grande di Salomone aveva progettato il tempio nel quale erano rivelate la sapienza e la gloria di Dio. Coloro che non ne erano al corrente naturalmente ammiravano ed elogiavano Salomone come architetto e costruttore, ma il re rifiutava ogni onore. PR 44.9
Ciò accadde anche quando la regina di Saba venne a far visita a Salomone. Avendo sentito parlare della sua sapienza e del magnifico tempio da lui costruito, ella decise di “mettere alla prova la sua sapienza con alcuni enimmi” e di vedere personalmente le sue famose opere. Accompagnata da un corteo di servitori con cammelli che portavano “profumi, oro in abbondanza e pietre preziose” ella intraprese il lungo viaggio che l’avrebbe condotta a Gerusalemme. PR 45.1
“Andò da Salomone e lo interrogò su tutti i problemi che la interessavano”. PR 45.2
Parlò con lui dei misteri della natura e Salomone, a sua volta, le indicò il Dio della natura, il grande Creatore che abita nei cieli altissimi e regna su tutto. PR 45.3
“Il re Salomone rispose a tutte le sue domande, non c’era niente che non sapesse; poteva risolvere qualunque problema”. 1 Re 10:1-3; 2 Cronache 9:1, 2. PR 45.4
“La regina di Saba si rese conto della saggezza di Salomone, vide il suo palazzo.(...) Di fronte a tutto questo, per l’ammirazione restò senza parole. Allora disse al re Salomone: ‘Era proprio vero quel che avevo sentito dire nella mia terra su di te e sulla tua saggezza. Io non potevo crederci, ma ora sono venuta e l’ho visto con i miei occhi. Non mi avevano raccontato neppure metà di quel che vedo. La tua saggezza e la tua prosperità sono molto più grandi di quel che mi era stato riferito. Beate le tue mogli e i tuoi funzionari, che stanno sempre qui con te e possono ascoltare i tuoi discorsi pieni di saggezza!’”. 1 Re 10:4-8; 2 Cronache 9:4-7. PR 45.5
Al termine della sua visita, la regina era stata così chiaramente informata da Salomone sulla fonte della sua sapienza e della sua prosperità che fu costretta ad esclamare: PR 45.6
“Sia benedetto il Signore, il tuo Dio, che ti ha voluto a capo d’Israele. Il Signore ha manifestato per Israele il suo amore senza fine quando ti ha fatto re perché tu mantenga la legge e la giustizia”. 1 Re 10:9. PR 45.7
Il Signore desiderava che tutti i popoli provassero questa stessa impressione. Quando “tutti i re della terra cercavano di vedere Salomone per udire la sapienza che Dio gli aveva messa in cuore” (2 Cronache 9:23), egli inizialmente onorò Dio, presentandolo con rispetto come il Creatore dei cieli e della terra, il Sovrano dell’universo, dotato di sapienza infinita. PR 45.8
Se Salomone avesse continuato, con umiltà, a distogliere l’attenzione degli uomini da se stesso per volgerla su colui che gli aveva dato sapienza, ricchezze e onori, la sua storia sarebbe stata diversa! In realtà, se da un lato il racconto biblico ricorda le sue virtù, dall’altro non può fare a meno di descrivere la sua rovina. Giunto al culmine della gloria, al colmo delle ricchezze e degli onori, Salomone fu preso da una specie di vertigine, perse il suo equilibrio e cadde. Continuamente lodato dagli uomini, non riuscì più a resistere all’adulazione. La saggezza che aveva ricevuto per onorare l’autore dei doni che gli erano stati accordati lo rese orgoglioso. Salomone accettò che lo si considerasse degno di lode per l’incomparabile splendore di quell’edificio progettato e costruito per onorare il nome del Signore, Dio d’Israele. PR 45.9
Il tempio dell’Eterno era ormai noto fra le nazioni come il “tempio di Salomone”. Lo strumento umano aveva attribuito a se stesso la gloria appartenente a colui che è chiamato “Altissimo”. Ecclesiaste 5:7. PR 46.1
Non c’è tentazione peggiore di quella di attribuirsi la gloria per i doni ricevuti dal cielo. Il vero cristiano offrirà a Dio il posto migliore inserendolo in ogni esperienza della sua vita. Nessun tipo di ambizione deve affievolire il suo amore per lui. Attribuirà tutti gli onori al Padre celeste. Quando noi glorifichiamo fedelmente il nome di Dio e i nostri sentimenti sono posti sotto il controllo divino, possiamo sviluppare le nostre facoltà intellettuali e spirituali. PR 46.2
Gesù, il divino Maestro, esaltava sempre il nome del Padre. Insegnava ai suoi discepoli a pregare in questo modo: “...Padre nostro che sei nei cieli; sia santificato il tuo nome”. Matteo 6:9. E non doveva dimenticare di confessare: “Poiché a te appartengono il regno, la potenza e la gloria, in sempiterno”. Matteo 6:13. Il grande Medico si impegnava costantemente a distogliere l’attenzione da se stesso per dirigerla verso la fonte della sua potenza, tanto che la folla “...era piena di meraviglia perché vedeva che i muti incominciavano a parlare, gli storpi erano guariti, gli zoppi camminavano bene e i ciechi riacquistavano la vista”, e non glorificava Gesù ma “il Dio d’Israele”. Matteo 15:31. PR 46.3
Nella magnifica preghiera pronunciata dal Salvatore poco prima della crocifissione egli affermava: PR 46.4
“...Manifesta la gloria del Figlio, perché il Figlio manifesti la tua gloria. (...) Io ho manifestato la tua gloria sulla terra (...) Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto ed essi sanno che tu mi hai mandato. Io ti ho fatto conoscere a loro e ti farò conoscere ancora; così l’amore che hai per me sarà in loro, e anch’io sarò in loro”. Giovanni 17:1, 4, 25, 26; cfr. Salmi 69:31; Apocalisse 4:11; Salmi 86:12; 34:4. PR 46.5
L’introduzione di princìpi che alimentavano l’egoismo e l’orgoglio provocò un altro evidente allontanamento dagli obiettivi del piano divino per Israele. Dio desiderava che il suo popolo fosse la luce del mondo. Esso doveva far risplendere la gloria della sua legge così come viene rivelata dalla sua applicazione pratica. Per attuare questo programma, Dio aveva fatto in modo che la nazione eletta occupasse una posizione strategica fra le nazioni della terra. PR 46.6
Al tempo di Salomone, il regno d’Israele si estendeva da Hamat, a nord, all’Egitto, a sud, e dal mare Mediterraneo al fiume Eufrate. Questo territorio era attraversato da molte vie di comunicazione naturali, percorse da carovane provenienti da terre lontane. Salomone e il suo popolo avevano quindi l’opportunità di rivelare a uomini di tutte le nazioni il carattere del Re dei re e insegnare loro a onorarlo e a ubbidirgli. Questa conoscenza doveva essere trasmessa a tutto il mondo. Tramite la simbologia dei sacrifici, Cristo doveva essere presentato alle nazioni affinché tutti coloro che lo desideravano fossero salvati. PR 47.1
Salomone, posto a capo di una nazione che doveva servire come punto di riferimento per i popoli vicini, avrebbe dovuto impiegare il suo grande influsso e la saggezza che Dio gli aveva conferito. Avrebbe dovuto organizzare e dirigere un vasto movimento per illuminare coloro che non conoscevano Dio e la verità. In questo modo, intere nazioni avrebbero potuto accettare gli insegnamenti divini, Israele non sarebbe stato tentato dall’idolatria dei pagani e il Signore della gloria sarebbe stato onorato da tutti. Salomone, invece, perse di vista questo nobile obiettivo: non seppe approfittare delle splendide opportunità che gli venivano offerte, per trasmettere la sua fede a coloro che percorrevano continuamente il suo territorio o si soffermavano nelle città più importanti del suo regno. PR 47.2
Il desiderio di condividere la propria fede, ispirato da Dio nel cuore di Salomone e dei veri israeliti, fu sostituito da aspirazioni puramente venali. Le opportunità di stabilire contatti con altre nazioni furono sfruttate in vista di un profitto esclusivamente personale. Questo re ricostruì Ghezer, vicino a Ioppe, sulla strada che va dall’Egitto alla Siria; Bet-Oron, a ovest di Gerusalemme, città fortificata sulla strada che conduce dal cuore della Giudea a Ghezer e alla costa; Meghiddo, situata sulla strada delle carovane che provengono dall’oriente. Tutte queste città erano potentemente fortificate. Sviluppò le attività commerciali che aveva creato grazie a uno sbocco sul mar Rosso, tramite la costruzione di una flotta mercantile “a Ezion-Gheber (...), sulle rive del mar Rosso, nella regione di Edom”. Marinai esperti furono inviati da Tiro “a lavorare con quelli di Salomone” per equipaggiare questi vascelli che “si spinsero fino a Ofir dove presero e portarono a Salomone più di quattordici tonnellate d’oro” (...) “legname pregiato e grandi quantità di pietre preziose”. 2 Cronache 8:18; 1 Re 9:26, 28; 10:11. PR 47.3
Le entrate del re e di molti suoi sudditi aumentarono notevolmente, ma a che prezzo! A causa dell’avidità e dell’indifferenza di coloro ai quali era stata affidata la testimonianza degli interventi di Dio nella storia, le grandi folle che percorrevano le principali vie di comunicazione non ebbero l’opportunità di conoscere l’Eterno. PR 48.1
Il comportamento di Gesù, invece, contrasta fortemente con quello di Salomone. Il Salvatore, pur disponendo di qualsiasi potere, non se ne servì mai per i propri vantaggi. Nessuna aspirazione ai successi materiali o alla celebrità offuscò la perfezione della sua opera in favore dell’umanità. Egli disse: “Le volpi hanno una tana e gli uccelli hanno un nido, ma il Figlio dell’uomo non ha un posto dove poter riposare”. Luca 9:58. Coloro che rispondono all’appello del Maestro devono conoscere bene i suoi metodi. Egli colse tutte le occasioni che gli si presentavano per entrare in contatto con coloro che frequentavano le principali vie di comunicazione. PR 48.2
Fra un viaggio e l’altro Gesù risiedeva a Capernaum, che era come “la sua città”. Matteo 9:1. Situata sulla strada da Damasco a Gerusalemme, verso l’Egitto, e sulla via del Mediterraneo, questa città era al centro della zona in cui Gesù operava. Gente proveniente da ogni nazione passava a Capernaum e vi si fermava per qualche giorno. Gesù aveva così l’occasione di incontrare viaggiatori di tutte le nazionalità e di tutti gli ambienti; essi ascoltavano i suoi insegnamenti che si diffondevano così in numerose famiglie in altri paesi. Le profezie riguardanti la sua venuta suscitavano interesse e l’attenzione si concentrava sul Salvatore e sulla sua missione nel mondo. PR 48.3
Rispetto all’epoca del regno d’Israele, attualmente abbiamo maggiori opportunità di entrare in contatto con uomini e donne di tutte le classi sociali e le nazionalità. Oggi gli uomini viaggiano, spostandosi da un paese all’altro, con una frequenza mille volte maggiore. PR 48.4
Come Cristo, i messaggeri dell’Altissimo dovrebbero essere presenti nei grandi centri in cui possono incontrarsi con tante persone provenienti da ogni parte del mondo. Potranno così gettare il seme del Vangelo, presentando le preziose verità della Sacra Scrittura, che si radicheranno nella mente e nel cuore e cresceranno dando come frutto la vita eterna. PR 48.5
Quanti insegnamenti possiamo trarre dall’esperienza d’Israele durante gli anni in cui il sovrano e il popolo tradirono la nobile missione che era stata loro affidata! Se Israele si è dimostrato così debole da provocare la sua rovina, oggi il popolo di Dio deve essere forte perché ha il compito di portare a termine l’opera che gli è stata affidata e di annunciare il giorno del giudizio. PR 48.6
Gli influssi negativi che tentavano Israele al tempo di Salomone sono presenti ancora oggi. Le forze del nemico della giustizia sono ben dissimulate e solo grazie alla potenza di Dio si può conseguire la vittoria. Il conflitto che ci attende richiede spirito di rinuncia, diffidenza nei confronti delle nostre possibilità e totale dipendenza da Dio per cogliere tutte le opportunità che si presentano in vista della salvezza degli uomini. La chiesa riceverà le benedizioni divine quando i suoi membri si uniranno per trasmettere all’umanità, immersa nelle tenebre e nell’errore, le bellezze della santità manifestate nella generosità, nell’esaltazione di Dio e non dell’uomo, nell’amore per coloro che hanno tanto bisogno del messaggio positivo del Vangelo. PR 48.7