Profeti e re
Capitolo 36: L’ultimo re di Giuda
All’inizio del suo regno il re Sedecia riscuoteva la stima del sovrano di Babilonia e aveva come consigliere di fiducia il profeta Geremia. Se si fosse comportato lealmente con i babilonesi, se avesse ascoltato i messaggi inviati dal Signore tramite Geremia, avrebbe goduto del rispetto di molti uomini potenti e avrebbe comunicato loro la conoscenza del vero Dio. Gli esuli che vivevano già a Babilonia avrebbero potuto fruire di maggior libertà. Inoltre il nome di Dio sarebbe stato onorato ovunque e gli israeliti rimasti in Palestina avrebbero evitato quelle terribili calamità che in seguito si sarebbero abbattute su di loro. PR 224.1
Geremia aveva raccomandato a Sedecia e al popolo di Giuda, compresi coloro che erano già stati deportati a Babilonia, di sottomettersi docilmente al temporaneo dominio dei conquistatori. Era particolarmente importante che coloro che si trovavano in cattività ricercassero la pace del paese nel quale erano esiliati. Tutto ciò però era contrario alle naturali propensioni del cuore umano e Satana, approfittando delle circostanze, suscitò falsi profeti sia a Gerusalemme sia in Babilonia. Essi dichiararono che presto il giogo della schiavitù sarebbe stato infranto e il prestigio della nazione restaurato. PR 224.2
Se si fosse dato ascolto a queste profezie così lusinghiere, il re e gli esuli avrebbero reagito in modo sbagliato e il piano di Dio in loro favore sarebbero risultato vano. Temendo scoppiasse un’insurrezione, che avrebbe suscitato grandi sofferenze, il Signore ordinò a Geremia di affrontare immediatamente la crisi che si profilava, avvertendo il re di Giuda delle inevitabili conseguenze di una ribellione. Furono inviate lettere agli esuli per esortarli a non lasciarsi ingannare da coloro che annunciavano una prossima liberazione. Geremia affermava: “...Non lasciatevi ingannare dai profeti che vivono in mezzo a voi né da quelli che predicono il futuro; non date retta a quelli che interpretano i vostri sogni”. Geremia 29:8. Spiegava che Dio si proponeva di restaurare il regno di Israele alla fine dei settant’anni di cattività predetti dai suoi messaggeri. PR 224.3
Con quale tenera compassione Dio informò gli esuli dei suoi progetti per Israele! Egli sapeva che se i falsi profeti avessero convinto il popolo della sua prossima liberazione, la sua posizione in Babilonia sarebbe stata critica. Ogni manifestazione, ogni insurrezione avrebbero indotto le autorità caldee a esercitare un rigoroso controllo che avrebbe ristretto ancor più la libertà degli esuli e avrebbe provocato ulteriori difficoltà. Il Signore desiderava che gli israeliti si sottomettessero docilmente alla loro triste sorte, rendendo così la loro schiavitù più tollerabile. Il suo consiglio fu: “Costruite case e abitatele, coltivate orti e mangiatene i frutti... Lavorate per il benessere della città dove vi ho fatti deportare e pregate il Signore per lei, perché il vostro benessere dipende dal suo”. Geremia 29:5, 7. PR 224.4
Tra i falsi dottori di Babilonia ce n’erano due che pretendevano di essere giusti ma la cui vita non era affatto coerente con le loro dichiarazioni. Geremia condannò il loro comportamento e li avvertì del pericolo a cui andavano incontro. Irritati per il rimprovero ricevuto, essi cercarono di ostacolare l’opera del profeta inducendo il popolo a screditare le sue parole e ad agire in aperto contrasto con i consigli di Dio di sottomettersi al re di Babilonia. Il Signore fece sapere tramite Geremia che questi falsi profeti sarebbero stati consegnati al re Nabucodonosor e giustiziati sotto i suoi occhi. Poco tempo dopo, questa predizione si realizzò alla lettera. PR 225.1
Alla fine dei tempi emergeranno alcuni uomini che provocheranno confusione e ribellione fra coloro che dicono di essere i rappresentanti del vero Dio. Questi falsi profeti incoraggeranno gli uomini a considerare il peccato con leggerezza e, quando si evidenzieranno i terribili risultati delle loro azioni, essi cercheranno di attribuirne la colpa a colui che li ha fedelmente avvertiti, proprio come gli ebrei accusarono Geremia delle loro avversità. Così come si realizzarono le parole dell’Eterno, pronunciate dal suo profeta, anche oggi i suoi messaggi si adempiranno sicuramente. PR 225.2
Geremia aveva sempre agito con coerenza consigliando la sottomissione ai babilonesi e rivolgendosi non soltanto a Giuda ma anche alle nazioni vicine. All’inizio del regno di Sedecia, ambasciatori di Edom, di Moab, di Tiro e di altre nazioni andarono dal re di Giuda per chiedergli se credeva fosse giunto il momento adatto per unirsi e ribellarsi contro il re di Babilonia. PR 225.3
Mentre questi ambasciatori stavano aspettando una risposta la parola del Signore giunse a Geremia: “Procurati alcuni gioghi di legno con cinghie e mettili sulle spalle. Dovrai mandarne uno a ciascuno dei re di Edom, di Moab, di Ammon, di Tiro e di Sidone, per mezzo dei loro ambasciatori venuti a Gerusalemme per incontrare Sedecia re di Giuda”. Geremia 27:2. PR 225.4
Geremia ricevette l’ordine di informare gli ambasciatori che Dio li aveva dati in mano a Nabucodonosor, re di Babilonia, e che avrebbero servito “lui, suo figlio e suo nipote. Poi verrà il momento in cui anche il suo regno sarà sottomesso da nazioni numerose e da re potenti”. Geremia 27:7. PR 225.5
Gli ambasciatori furono inoltre invitati a dichiarare ai loro sovrani che se avessero rifiutato di servire il re di Babilonia sarebbero stati puniti “...con la guerra, la carestia, e la peste...” (Geremia 27:8) fino a essere sterminati. Non dovevano prendere in considerazione l’insegnamento dei falsi profeti che davano loro il consiglio contrario. Cfr. Geremia 27:8-11. Il castigo più opportuno che un Dio misericordioso potesse infliggere a un popolo così ribelle era la sottomissione al dominio babilonese, ma se il popolo si fosse ribellato a questo decreto che stabiliva la loro servitù avrebbe subito tutto il rigore del suo castigo. PR 226.1
Lo stupore delle nazioni riunite in consiglio raggiunse il colmo quando Geremia, carico del giogo che simboleggiava la schiavitù, trasmise loro la volontà divina. Contro la loro decisa opposizione, Geremia sostenne con fermezza la politica della sottomissione. Fra coloro che si opponevano al consiglio del Signore c’era Anania, uno dei falsi profeti ben noto al popolo. Pensando di guadagnarsi il favore del re e della corte reale, egli protestò dicendo che Dio gli aveva trasmesso parole di incoraggiamento per gli ebrei: “Questo è il messaggio che il Signore dell’universo, Dio d’Israele, vi fa sapere: “Per me, il giogo che il re di Babilonia vi ha imposto, è già spezzato. Ancora un paio d’anni e poi farò riportare in questo tempio tutti gli arredi preziosi che il re Nabucodonosor ha preso di qui per portarseli a Babilonia. Farò ritornare anche Ieconia re dì Giuda e figlio di Ioiakim con la gente di Giuda deportata a Babilonia. Certamente, spezzerò il giogo che il re di Babilonia vi ha imposto...””. Geremia 28:2-4. PR 226.2
Geremia supplicò allora i sacerdoti e il popolo di sottomettersi al re di Babilonia per il periodo di tempo stabilito dal Signore. Agli uomini di Giuda citò le profezie di Osea, Abacuc, Sofonia e di altri i cui messaggi di rimprovero e di avvertimento erano stati simili ai suoi. Egli ricordò loro gli eventi trascorsi che si erano verificati in adempimento di profezie relative al castigo per i peccati non confessati. Nel passato i giudizi di Dio avevano colpito gli impenitenti realizzando le predizioni dei suoi messaggeri. PR 226.3
Geremia concluse: “...se un profeta annuncia la pace, bisogna prima aspettare che si realizzino le sue parole, per sapere se il Signore lo ha davvero incaricato”. Geremia 28:9. Se Israele avesse scelto di correre questo rischio, gli sviluppi futuri avrebbero stabilito chi fosse il vero profeta. Le parole di Geremia, che consigliavano la sottomissione, spinsero Anania a una sfida audace; prendendo il giogo simbolico dal collo di Geremia lo spezzò dicendo: “In questo modo, entro due anni, farò a pezzi il giogo che Nabucodonosor re di Babilonia ha messo sulle spalle di tutte le nazioni. Allora il profeta Geremia si allontanò”. Geremia 28:11. Evidentemente Geremia non poteva far altro che ritirarsi dalla scena. Ma gli fu dato un altro messaggio: “Questo è il messaggio del Signore: “Tu hai spezzato un giogo di legno, ma dovrai sostituirlo con uno di ferro... Ho messo un giogo di ferro sulle spalle di queste nazioni per farle schiave di Nabucodonosor re di Babilonia...”. Poi, il profeta Geremia concluse con queste parole: “Parliamoci chiaro, Anania, il Signore non ti ha mandato. Sei stato tu che hai spinto questo popolo a fidarsi di cose non vere. Per questo motivo il Signore ha deciso di farti sparire da questa terra. Entro quest’anno tu morirai, perché hai spinto il popolo a ribellarsi contro il Signore”. Il profeta Anania morì nel settimo mese di quello stesso anno”. Geremia 28:13-17. PR 226.4
Il falso profeta aveva minato ancor più la fiducia del popolo in Geremia e nel suo messaggio. Con arroganza si era dichiarato messaggero del Signore e per questo fu punito con la morte. Nel quinto mese Geremia aveva profetizzato la morte di Anania e nel settimo mese le sue parole si erano adempiute alla lettera. PR 227.1
Per il fermento provocato dalle affermazioni dei falsi profeti, Sedecia fu sospettato di tradimento, e solo grazie a un’abile manovra poté continuare a regnare come vassallo. L’occasione gli si presentò poco dopo il ritorno degli ambasciatori da Gerusalemme alle loro rispettive nazioni, mentre il re di Giuda accompagnava Seraia in un’importante missione a Babilonia. Durante questa visita alla corte dei caldei, Sedecia rinnovò a Nabucodonosor il giuramento di fedeltà. PR 227.2
Tramite Daniele e altri esuli ebrei il monarca babilonese venne a conoscenza del potere e della suprema autorità del vero Dio; e così, quando Sedecia promise ancora una volta solennemente di rimanere fedele, il re Nabocodonosor gli chiese di giurare nel nome del Signore, il Dio d’Israele. Se Sedecia avesse rispettato questo suo giuramento la sua lealtà avrebbe profondamente influenzato molti uomini che stavano osservando la condotta di coloro che affermavano di rispettare il nome del Dio degli ebrei. PR 227.3
Ma il re di Giuda trascurò il grande privilegio di onorare il nome del Dio vivente. La Scrittura afferma a proposito di Sedecia: “Egli andò contro la volontà del Signore; anche quando il profeta Geremia lo rimproverò da parte del Signore non riconobbe le sue colpe... Fu sempre ostinato e si rifiutò decisamente di tornare al Signore Dio d’Israele”. 2 Cronache 36:12, 13. PR 227.4
Mentre Geremia continuava a testimoniare nel paese di Giuda, Ezechiele era stato inviato come profeta fra gli esuli di Babilonia per avvertirli, confortarli e anche per confermare la parola del Signore trasmessa da Geremia. Durante gli ultimi anni del regno di Sedecia, Ezechiele sottolineò chiaramente la follia di chi si fidava dei falsi profeti che illudevano gli esuli annunciando un prossimo ritorno a Gerusalemme. Egli ebbe anche l’incarico di profetizzare, tramite un gran numero di simboli e messaggi solenni, l’assedio e la distruzione di Gerusalemme. PR 227.5
Il sesto anno del regno di Sedecia il Signore rivelò in visione a Ezechiele alcune delle abominazioni che si commettevano a Gerusalemme nella casa di Dio e perfino nel cortile interno. Davanti allo sguardo attonito del profeta passarono in rapida successione “figure di rettili, di altre bestie e di tutti gli sporchi idoli degli Israeliti”. Ezechiele 8:10. PR 228.1
Coloro che avrebbero dovuto essere i capi spirituali, i settanta “anziani del popolo d’Israele”, furono visti offrire incenso davanti agli idoli dipinti nelle stanze del recinto sacro del cortile del tempio; gli uomini di Giuda, mentre erano impegnati in questi riti pagani, si illudevano dicendo: “Il Signore non ci vede, ha abbandonato la nostra terra”. Ezechiele 8:11-13. Ma il profeta doveva vedere “azioni ancora peggiori”. Alla porta che immetteva nel cortile interno gli furono mostrate “donne sedute che piangevano la morte del dio Tammuz... All’entrata del santuario, tra il portico e l’altare, c’erano circa venticinque uomini. Con le spalle al santuario e il viso rivolto a oriente si inchinavano fino a terra per adorare il sole”. Ezechiele 8:13-16. PR 228.2
A questo punto l’essere glorioso che accompagnava Ezechiele in questa incredibile visione delle malvagità negli alti luoghi del paese di Giuda chiese al profeta: “Hai visto, Ezechiele? Ma alla gente di Giuda non bastano le azioni abominevoli che commette qui. Anzi riempie il territorio di violenza e mi offende ancora di più. Inoltre avvicina il ramo al suo naso. Ma anch’io li tratterò con furore. Non avrò pietà, non risparmierò nessuno. Urleranno per chiedermi aiuto, ma non li ascolterò”. Ezechiele 8:17, 18. PR 228.3
Dio aveva dichiarato tramite Geremia a proposito di coloro che osavano parlare al popolo in suo nome: “Anche i profeti e i sacerdoti sono diventati senza scrupoli: li ho sorpresi a commettere il male perfino dentro il mio tempio”. Geremia 23:11. PR 228.4
Fra le terribili accuse contro Giuda che si leggono nel racconto finale di colui che scrive la cronaca del regno di Sedecia, viene citata anche la violazione alla santità del tempio: “Anche i capi dei sacerdoti e del popolo commisero infedeltà su infedeltà, seguirono i culti indegni degli altri popoli. Non rispettarono la santità del tempio che il Signore si era scelto in Gerusalemme”. 2 Cronache 36:14. PR 228.5
Il giorno del giudizio di Giuda si avvicinava rapidamente. Il popolo non poteva più nutrire la speranza di riuscire a sfuggire ai suoi giudizi. Il Signore chiedeva: “...pensano forse di cavarsela?...” Geremia 25:29. PR 228.6
Queste parole furono accolte con ironia. Essi dicevano: “Passano i giorni e non si avvera nessuna visione”. Rifiutando il messaggio profetico furono severamente rimproverati: “...annunzia loro che io realizzerò immediatamente le mie minacce. Lo dichiaro io, il loro Dio, il Signore”. Ezechiele 12:28; cfr. Ezechiele 12:21-27. PR 229.1
Sedecia fu il primo a portare il paese alla rovina. Abbandonando completamente i consigli del Signore trasmessi tramite i suoi profeti, dimenticando il debito di gratitudine che aveva nei confronti del re Nabucodonosor, violando il solenne giuramento di fedeltà fatto nel nome del Signore Dio d’Israele, il re di Giuda si era ribellato ai profeti, al suo benefattore e a Dio. Nella vanità della propria saggezza si era rivolto all’antico nemico d’Israele per ricevere aiuto; egli aveva “...inviato messaggeri al re di Egitto a chiedere cavalli e molti soldati”. Cfr. Ezechiele 17:15-18. PR 229.2
Per “l’infame e sacrilego” re era giunto il giorno del giudizio. Il Signore decretò: “...tu deporrai la corona, ti leverai il turbante”. A Giuda non sarebbe stato permesso di avere un re fino a quando Cristo stesso non avesse stabilito il suo regno. L’editto divino relativo al trono della casa di Davide fu: “Rovine, nient’altro che rovine! Ridurrò Gerusalemme in rovina. Questo accadrà solo quando arriverà chi ha avuto da me il permesso di castigarla”. Ezechiele 21:30-32. PR 229.3