Profeti e re
Capitolo 34: Geremia
Geremia era fra coloro che avevano sperato in un vero risveglio dopo la riforma di Giosia. Chiamato da Dio al ministero profetico, mentre era ancora molto giovane, il tredicesimo anno del regno di Giosia, come membro del sacerdozio levitico, era stato educato in vista del servizio sacro. In quegli anni di preparazione non immaginava minimamente di essere stato consacrato fin dalla nascita per essere “profeta delle nazioni” e, quando giunse la chiamata divina, fu sopraffatto da un senso di indegnità ed esclamò: “Signore mio Dio, come farò? Vedi che sono ancora troppo giovane per presentarmi a parlare”. Geremia 1:5, 6. PR 208.1
Dio aveva riconosciuto nel giovane Geremia un carattere che sarebbe rimasto fedele al proprio dovere e che si sarebbe schierato per la verità contro qualsiasi opposizione, anche se violenta. Si era dimostrato fedele fin dall’infanzia e ora avrebbe dovuto affrontare diverse difficoltà. Il Signore disse a questo messaggero che si era scelto: “Non preoccuparti se sei troppo giovane. Va’ dove ti manderò e riferisci quel che ti ordinerò. Non aver paura della gente, perché io sono con te a difenderti”. Geremia 1:7, 8; cfr. Geremia 1:17-19. PR 208.2
Per quarant’anni Geremia sostenne la verità e la giustizia nei confronti di tutta la nazione. In questo periodo di apostasia aveva dovuto dare l’esempio, tramite la sua vita e il suo carattere, dell’adorazione dell’unico vero Dio. Durante il terribile assedio di Gerusalemme fu il portavoce dell’Eterno. Predisse il crollo della casa di Davide e la distruzione del magnifico tempio costruito da Salomone. Quando fu imprigionato per le sue coraggiose affermazioni continuò a parlare con chiarezza del peccato commesso dai capi del popolo. Disprezzato, odiato, respinto dagli uomini, alla fine fu testimone dell’adempimento delle sue profezie e partecipò al dolore e alle sventure che seguirono alla distruzione della città condannata. PR 208.3
Nonostante la crisi che stava attraversando la nazione, Geremia poté spesso contemplare in visione le gloriose prospettive future quando il popolo, lasciando il paese del nemico, sarebbe ritornato a Sion. Egli vide il tempo in cui il Signore avrebbe rinnovato il patto con i suoi figli: “...Si sentiranno rivivere come un giardino ben irrigato, non correranno più il rischio di soffrire la fame”. Geremia 31:12. PR 208.4
A proposito della sua chiamata alla missione profetica, Geremia scrisse: “Allora il Signore stese la mano, mi toccò la bocca e mi disse: “Io metto le mie parole sulle tue labbra. Ecco oggi ti do autorità sulle nazioni e sui regni per sradicare e demolire, per distruggere e abbattere, per edificare e piantare””. Geremia 1:9, 10. PR 209.1
Ringraziamo il Signore per le parole “edificare e piantare”. Grazie a esse il profeta ebbe la certezza che il piano del Signore prevedeva restaurazione e guarigione. Negli anni successivi i messaggi di Geremia furono molto duri. Dovevano essere trasmesse senza timore quelle profezie che annunciavano imminenti giudizi. “È proprio dal nord che si rovescerà la distruzione su tutti gli abitanti di questa regione”. Il Signore aveva anche dichiarato: “Allora io punirò gli abitanti della Giudea per tutto il male che hanno commesso: hanno abbandonato me per offrire sacrifici a divinità straniere...”. Geremia 1:14, 16. Il profeta, però, abbinava a questi messaggi quelli che presentavano la certezza del perdono per tutti coloro che avrebbero rinunciato al loro comportamento malvagio. Come un saggio architetto, Geremia incoraggiò fin dall’inizio della sua opera gli abitanti di Giuda a fondare la loro vita spirituale sulla solida base del pentimento. Per troppo tempo avevano costruito con materiali paragonati da Paolo al legno e alla paglia e da Geremia agli scarti. “Allora io, il Signore, l’ho rifiutato; perciò sarà chiamato “materiale di scarto””. Geremia 6:30. Venivano incoraggiati a costruire con saggezza e in vista dell’eternità, rigettando le scorie dell’apostasia e dell’incredulità e servendosi, per edificare le fondamenta, d’oro puro, d’argento fino, di pietre preziose: la fede, l’ubbidienza e le buone opere gradite a un Dio santo. Cfr. Geremia 3:12-14, 19, 22-25. PR 209.2
La riforma indetta da Giosia aveva eliminato nel paese i santuari pagani, ma gli uomini non erano cambiati. Il seme della verità, che era germogliato promettendo una messe abbondante, era stato soffocato dalle spine e quindi un’altra apostasia sarebbe stata fatale. Il Signore perciò volle far capire alla nazione il pericolo che correva. Solo rimanendo fedele a Dio poteva sperare di godere della protezione divina e ritrovare la prosperità. PR 209.3
Geremia richiamò ripetutamente l’attenzione degli israeliti sui consigli contenuti nel Deuteronomio. Più di ogni altro profeta sottolineò gli insegnamenti della legge mosaica indicando come potevano diventare una fonte di benedizione spirituale per la nazione. Il profeta raccomandò: “Fermatevi per strada e guardatevi attorno, imparate come ci si comportava nel passato. Camminate sulla strada giusta e vivrete in pace”. Geremia 6:16. PR 209.4
A un certo punto, per ordine del Signore, egli rimase in piedi presso una delle porte principali della città e sottolineò l’importanza di santificare il sabato: gli abitanti di Gerusalemme rischiavano di perdere di vista la santità del giorno di riposo e quindi furono solennemente avvertiti di non occuparsi dei loro affari in quel giorno. Sarebbero stati benedetti soltanto coloro che ubbidivano. “Ma voi, dice il Signore, ascoltatemi bene: non fate passare nessun carico attraverso le porte di questa città in un giorno di sabato; invece, dedicate a me questo giorno e astenetevi da ogni lavoro. Allora i re e i prìncipi che siedono sul trono di Davide entreranno liberamente attraverso le porte di questa città. Vi passeranno sui carri o a cavallo con i loro ufficiali, insieme alla gente di Giuda e agli abitanti di Gerusalemme, perché la città sarà sempre abitata”. Geremia 17:24, 25. PR 210.1
Questa promessa di prosperità, come ricompensa all’ubbidienza, era accompagnata da una profezia che annunciava terribili giudizi sulla città se i suoi abitanti si fossero mostrati infedeli a Dio e alla sua legge. Se gli inviti a ubbidire al Signore, Dio dei loro padri, e a santificare il giorno di sabato non fossero stati ascoltati, la città e i suoi palazzi sarebbero stati completamente distrutti dal fuoco. PR 210.2
In questo modo il profeta si schierava in favore dei princìpi così chiaramente sottolineati nel libro della legge. Ma il regno di Giuda si trovava in condizioni tali che soltanto delle misure energiche avrebbero potuto portare un miglioramento. Ecco perché Geremia si impegnò con fervore nei confronti dei peccatori. Cfr. Geremia 4:3, 14. PR 210.3
Ma la maggior parte del popolo non accolse l’invito al pentimento e alla riforma. Dopo la morte del re Giosia coloro che governavano la nazione erano stati infedeli al loro incarico e avevano contribuito a sviare molte persone. Ioacaz, deposto dal re d’Egitto, era stato seguito da Ioiakim, figlio maggiore di Giosia. Geremia non nutriva grandi speranze di salvare la sua amata terra dalla distruzione e il popolo dalla deportazione. Comunque non poteva tacere mentre il regno era minacciato dalla rovina totale: bisognava incoraggiare coloro che erano rimasti fedeli a continuare ad agire correttamente e convincere i peccatori, se possibile, ad abbandonare il male. PR 210.4
Questo momento critico richiedeva un grande impegno. Dio ordinò quindi a Geremia di stare nel cortile del tempio e parlare a tutto il popolo di Giuda che entrava e usciva. Dai messaggi che gli venivano affidati non doveva eliminare neppure una parola affinché i peccatori di Sion potessero avere la possibilità di ascoltare e di cambiare il loro modo di agire. PR 210.5
Il profeta ubbidì. Stando in piedi vicino alla porta della casa di Dio alzò la voce per avvertire ed esortare. Sotto l’ispirazione dell’Altissimo dichiarò: “Ascoltate quel che vi dice il Signore dell’universo, Dio d’Israele! Cambiate la vostra condotta e il vostro modo di agire, e io vi lascerò abitare in questo luogo. Non fidatevi di quelli che continuano a dire: Siamo al sicuro! Abbiamo il tempio del Signore, il tempio del Signore. Essi vi ingannano. Piuttosto migliorate davvero la vostra condotta e il vostro modo di agire. Ognuno agisca con giustizia verso il suo prossimo. Basta con lo sfruttamento dei forestieri, degli orfani e delle vedove! Basta con lo spargimento di sangue innocente in questa terra! Basta con il seguire divinità straniere! Vi portano solamente disgrazie! Se mi ascoltate, vi lascerò ancora abitare in questa terra che da tanto tempo ho dato ai vostri antenati e per sempre”. Geremia 7:2-7. PR 210.6
In questo caso è chiara la riluttanza del Signore a punire. Egli, infatti, rinvia i suoi giudizi per esortare al pentimento. Colui che è “buono, giusto e retto con tutti” è preoccupato per i suoi figli che si sono allontanati, cerca in ogni modo possibile di insegnare loro la via della vita eterna. Egli aveva liberato gli israeliti dalla schiavitù perché potessero servire il solo e vero Dio vivente. Nonostante fossero vissuti molto tempo nell’idolatria e avessero disprezzato i suoi avvertimenti, il Signore desiderava rimandare la punizione e accordare loro una nuova occasione per pentirsi. Egli sottolineava il fatto che la punizione sarebbe stata rimandata solo a condizione che si verificasse un cambiamento radicale. Essi non potevano contare sul tempio e sui suoi servizi. I riti e le cerimonie non potevano espiare il loro peccato; nonostante la loro pretesa di essere il popolo eletto, solo il rinnovamento del cuore e del comportamento potevano salvarli dalle inevitabili conseguenze della loro continua trasgressione. PR 211.1
Così questo messaggio di Geremia si diffuse “...nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme”. Dio gli disse: “Proclama il mio messaggio — i precetti del Signore così come sono citati nelle Scritture esorta il popolo ad ascoltare i termini di questa alleanza e a metterli in pratica”. Geremia 11:6. Queste erano le parole che Geremia aveva pronunciato in piedi, nel cortile del tempio, all’inizio del regno di Ioiachim. La storia del popolo d’Israele era stata brevemente riassunta. Dio aveva fatto questo patto: “Ascoltate la mia voce! Così sarò il vostro Dio e voi il mio popolo. Osservate i miei comandamenti e tutto vi andrà bene”. Questa alleanza era stata spezzata in varie occasioni. Gli israeliti si erano comportati “...da testardi seguendo le loro inclinazioni perverse. Invece di avvicinarsi a me, mi hanno voltato le spalle”. Cfr. Geremia 7:23, 24. “Perché invece il mio popolo si è allontanato da me e non torna indietro?” Geremia 8:5. Il profeta rispose che non avevano voluto ubbidire alla voce dell’Eterno, suo Dio, e avevano rifiutato di agire diversamente. Cfr. Geremia 5:3; Geremia 7:28; Geremia 8:7; Geremia 9:9. PR 211.2
Era giunto il momento di fare un profondo esame di coscienza; durante il regno di Giosia il popolo aveva avuto qualche motivo di speranza, ma egli non era più in grado di intercedere in suo favore perché era caduto in battaglia. I peccati della nazione erano tali e tanti che non era più possibile nessuna mediazione. Il Signore aveva dichiarato: “Anche se venissero Mosè e Samuele a supplicarmi, io non mi lascerò intenerire per questo popolo. Mandalo via! Se ne vada! Se ti domanderanno dove devono andare, risponderai che io ho detto: Chi deve morire di peste, vada a morire di peste! Chi deve morire per la guerra, vada a morire in guerra! Chi deve morire di fame, vada a morire di fame! Chi deve andare in esilio, vada in esilio!” Geremia 15:1, 2. PR 212.1
Rifiutando di prestare ascolto all’invito di Dio, che esprimeva la sua misericordia, gli israeliti avrebbero attirato sulla nazione apostata le parole di condanna che erano state formulate più di un secolo prima nei confronti del regno del nord. Il messaggio attuale era: “Ascoltatemi e comportatevi secondo la legge che vi ho dato. Mettete in pratica quel che dicono i miei servi, i profeti. Io ho continuato a mandarveli, ma voi non li avete ascoltati. Se continuerete a disubbidire, distruggerò questo tempio come ho distrutto quello di Silo e questa città diventerà per tutte le nazioni della terra un esempio della mia maledizione”. Geremia 26:4-6. PR 212.2
Coloro che erano nel cortile del tempio e ascoltavano le parole di Geremia compresero chiaramente il suo riferimento a Silo e al tempo di Eli, quando i Filistei avevano sconfitto Israele e portato via l’arca del patto. Eli aveva peccato, considerando con leggerezza la depravazione dei suoi figli e l’apostasia che regnava in tutto il paese. La sua negligenza aveva provocato una serie di disgrazie in Israele: i suoi figli erano caduti in battaglia, egli stesso aveva perso la vita, l’arca di Dio era stata portata via e trentamila israeliti erano stati uccisi. Tutto ciò a causa del peccato che si era diffuso senza essere condannato o censurato. Gli israeliti si erano illusi che, nonostante la loro malvagità, la presenza dell’arca avrebbe assicurato loro la vittoria. Nello stesso modo, ai giorni di Geremia, gli abitanti di Giuda erano propensi a credere che una stretta osservanza del rituale del tempio li avrebbe preservati dalla giusta punizione. PR 212.3
Quale importante lezione per coloro che oggi occupano posizioni di responsabilità nella chiesa di Dio! Quale solenne avvertimento nei confronti di quei peccati che disonorano l’opera di Dio! Nessuno di coloro che si dicono depositari della legge divina e si vantano di osservarne le prescrizioni si considerino al riparo della giustizia celeste! Nessuno rifiuti di essere rimproverato per il male commesso accusando i servitori di Dio di essere troppo zelanti nel cercare di “purificare il campo”! Colui che odia il male invita coloro che dicono di osservare la sua legge ad allontanarsi da ogni forma di trasgressione. Trascurare il pentimento e disubbidire volontariamente avrà anche oggi gravi conseguenze, come per l’antico Israele. C’è un limite al di là del quale le punizioni divine non possono più essere differite. La desolazione di Gerusalemme all’epoca di Geremia è un avvertimento solenne per la chiesa, oggi. I consigli e le esortazioni dati tramite i messaggeri scelti da Dio non possono essere rifutati senza subirne le conseguenze. PR 212.4
Il messaggio di Geremia ai sacerdoti e al popolo provocò la contestazione di molti. Essi gridarono con violenza: “Come osi dire a nome del Signore che questo tempio sarà distrutto come quello di Silo e che questa città sarà devastata e rimarrà senza abitanti?” Geremia 26:9. Sacerdoti, falsi profeti e popolo si volsero irritati contro colui che diceva loro cose spiacevoli e deludenti. Così il messaggio di Dio fu schernito e il suo servitore minacciato di morte. PR 213.1
L’eco delle parole di Geremia raggiunse i prìncipi di Giuda. Lasciando in fretta il palazzo del re si recarono al tempio per maggiori informazioni. Cfr. Geremia 26:11. Ma Geremia affrontando con coraggio i prìncipi e il popolo dichiarò: “È stato il Signore che mi ha mandato ad annunziare quel che avete sentito...”. Cfr. Geremia 26:12-15. PR 213.2
Se il profeta si fosse lasciato intimidire dall’atteggiamento minaccioso di coloro che occupavano posizioni autorevoli, il suo messaggio sarebbe stato privo di effetto ed egli avrebbe rischiato la vita. Ma il coraggio con il quale presentò il solenne avvertimento gli garantì il rispetto del popolo e gli fece guadagnare il favore dei capi. Essi parlarono con i sacerdoti e i falsi profeti facendo capire loro quanto fossero inopportune le drastiche misure suggerite. Le loro parole provocarono una reazione positiva nelle menti degli uditori. Dio aveva reso sensibili alcuni uomini che avrebbero difeso il suo servitore. PR 213.3
Anche gli anziani vennero a protestare contro le decisioni dei sacerdoti riguardanti la condanna a morte di Geremia. Cfr. Geremia 26:18, 19. PR 213.4
Grazie alla difesa di questi uomini influenti, la vita del profeta fu risparmiata, sebbene molti sacerdoti e falsi profeti, non riuscendo a sopportare le verità che li condannavano, lo avrebbero volentieri messo a morte sotto l’accusa di sedizione. PR 213.5
Dal giorno della sua chiamata, fino alla fine del suo ministero, Geremia fu per Giuda come “una torre e una fortezza” contro la quale l’ira dell’uomo non poteva prevalere. Geremia 6:27; Geremia 15:20, 21. Per natura timido e riservato, Geremia avrebbe desiderato avere una vita quieta e pacifica nella quale non fosse stato il testimone dei numerosi peccati della nazione da lui amata. Il suo cuore era tormentato dall’angoscia che provava per la malvagità del popolo. Cfr. Geremia 9:1, 2. PR 213.6
Gli scherni che dovette sopportare erano crudeli! Il suo animo sensibile era ferito da coloro che disprezzavano i suoi messaggi e non davano alcuna importanza al suo vivo interesse per la loro conversione. Egli dichiarò: “Tutti ridono di me, ogni giorno mi canzonano... Mi disprezzano da mattina a sera, tutti ridono di me... Perfino i miei amici più cari aspettavano un mio passo falso e dicevano: Prima o poi qualcuno riuscirà a ingannarlo! Così, l’avremo vinta noi e potremo vendicarci di lui”. Lamentazioni 3:14; Geremia 20:7, 10. PR 213.7
Ma il fedele profeta riceveva quotidianamente le forze per sopportare le sue prove. Cfr. Geremia 20:11, 13. PR 214.1
Le esperienze fatte da Geremia quando era giovane e successivamente nel corso del suo ministero gli insegnarono la lezione che “Nessuno sa scegliere la giusta via, nessuno sa decidere bene per la propria vita”. Imparò a pregare: “Correggi il tuo popolo, Signore, ma non essere troppo duro con noi. Non trattarci con ira: per noi sarebbe la fine!” Geremia 10:23, 24. PR 214.2
Quando fu chiamato ad affrontare sofferenze e disperazione, quando fu tentato di dire: “Non c’è più futuro per me, è finita la speranza che mi veniva dal Signore” si ricordò le benedizioni divine e gridò con entusiasmo: “...la bontà del Signore non è finita, il suo amore continua, la sua bontà si rinnova ogni mattino, la sua fedeltà è grande...”. Lamentazioni 3:18, 22-25. PR 214.3