Profeti e re

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Capitolo 32: Manasse e Giosia

Il regno di Giuda, prospero all’epoca di Ezechia, fu nuovamente indebolito dall’apostasia nel periodo in cui regnò il malvagio Manasse, quando il paganesimo risorse e la maggior parte della popolazione ricadde nell’idolatria. “Manasse... spinse gli abitanti di Gerusalemme e del regno di Giuda a comportarsi ancora peggio delle popolazioni che il Signore aveva distrutto per far posto agli Israeliti”. 2 Cronache 33:9. PR 198.1

La superstizione e la corruzione offuscarono la potenza di quella grande luce ricevuta dalle generazioni precedenti. Il peccato regnava ovunque e trionfavano la tirannia, l’oppressione e l’odio nei confronti del bene. La giustizia era falsata, la violenza dominava. PR 198.2

Tuttavia anche in quel periodo ci furono alcuni testimoni fedeli a Dio e alla giustizia. Le dolorose esperienze che Giuda aveva affrontato durante il regno di Ezechia avevano sviluppato in molti quella fermezza di carattere che ora serviva loro da baluardo contro la corruzione dilagante. La loro testimonianza in favore della verità e della giustizia provocò l’ira di Manasse e dei suoi ministri, i quali cercarono di mettere a tacere ogni voce di disapprovazione. “Manasse versò tanto sangue innocente da ricmpire Gerusalemme da un capo all’altro...”. 2 Re 21:16. PR 198.3

Uno dei primi a cadere fu Isaia; per oltre mezzo secolo, era stato per Giuda il messaggero designato dall’Eterno. Cfr. Ebrei 11:36-38. PR 198.4

Fra coloro che subirono la persecuzione di Manasse, alcuni erano stati incaricati dal Signore di pronunciare parole di rimprovero e condanna. Il re di Giuda, dichiaravano i profeti, ha “...seguito pratiche vergognose e si è comportato ancora peggio degli Amorrei prima di lui”. I suoi peccati avevano provocato una forte crisi nel regno. Ben presto gli abitanti sarebbero stati deportati a Babilonia. 2 Re 21:11, 14. Ma Dio non avrebbe abbandonato coloro che, in terra straniera, lo avrebbero riconosciuto come loro Signore. Avrebbero affrontato grandi sofferenze, ma il Signore li avrebbe liberati nel momento e nel modo opportuni. Affidandosi a lui avrebbero trovato un rifugio sicuro. PR 198.5

I profeti continuarono fedelmente a trasmettere i loro avvertimenti e le loro esortazioni; si rivolsero con coraggio a Manasse e al suo popolo che si beffarono dei loro messaggi e il regno di Giuda apostata non vi prestò alcuna attenzione. Per far sapere al popolo ciò che gli sarebbe accaduto se non si fosse pentito, il Signore permise che Manasse venisse catturato da un gruppo di soldati assiri, i quali “...lo legarono con catene e lo portarono a Babilonia”, loro capitale provvisoria. Questa esperienza fece rinsavire il re che “...riconobbe le sue colpe davanti al Dio dei suoi padri e pregò il Signore di avere pietà di lui. Dio accolse la sua preghiera ed ebbe pietà di lui. Lo fece ritornare sul trono a Gerusalemme e, da allora, Manasse riconobbe che il Signore è il vero Dio”. 2 Re 21:12, 13. Questo pentimento però, anche se importante, si manifestò troppo tardi per sottrarre il regno all’influsso negativo dei lunghi anni di apostasia. Molti erano caduti per non rialzarsi mai più. PR 198.6

Fra coloro che rimasero profondamente colpiti dalle conseguenze dell’apostasia di Manasse vi era suo figlio che salì al trono all’età di ventidue anni. Del re Amon è scritto: “Seguì in tutto il comportamento di suo padre. Adorò gli stessi idoli di suo padre e si inchinò davanti a loro. Trascurò il Signore, Dio dei suoi padri e non si comportò come egli desiderava”. 2 Re 21:21, 22. “A differenza di Manasse, egli non riconobbe mai le sue colpe davanti al Signore, anzi le aumentò sempre più”. A questo re malvagio non fu permesso di regnare a lungo. Solo due anni dopo la sua ascesa al trono, fu ucciso nel palazzo reale dai suoi stessi servitori e “il popolo del paese... proclamò re suo figlio Giosia”. 2 Cronache 33:23, 25. PR 199.1

Con Giosia, che regnò trentun’anni, tutti coloro che avevano preservato integra la loro fede sperarono che il processo di decadenza del regno si sarebbe arrestato perché il nuovo re, sebbene avesse solo otto anni, temeva Dio e fin dall’inizio “...fece la volontà del Signore e seguì l’esempio del suo antenato Davide, senza mai prendere una strada diversa”. 2 Re 22:2. Figlio di un re apostata, nonostante la tentazione di seguire le orme paterne e l’incoraggiamento di pochi consiglieri, Giosia rimase fedele al Dio d’Israele. Evitando gli errori delle generazioni precedenti, scelse di agire rettamente anziché abbandonarsi al peccato e alla degradazione come avevano fatto suo padre e suo nonno. Egli “non prese mai una strada diversa”. Chiamato a occupare una posizione di grande responsabilità, decise di ubbidire alle indicazioni che erano state date ai sovrani d’Israele per guidare il popolo. Grazie alla sua ubbidienza il Signore poté utilizzarlo “come un vaso al suo onore”. PR 199.2

Quando Giosia cominciò a regnare, i fedeli in Giuda si chiedevano se le promesse di Dio fatte a Israele si sarebbero mai realizzate. Umanamente parlando il disegno di Dio per la nazione eletta sembrava una vera utopia. L’apostasia si era accentuata nel corso dei secoli, dieci tribù d’Israele erano state disperse fra i pagani. I profeti avevano cominciato a predire la totale distruzione della ricca città in cui sorgeva il tempio di Salomone e su cui si fondavano tutte le speranze terrene relative alla grandezza d’Israele. Dio stava forse per rinunciare a liberare coloro che riponevano la propria fiducia in lui? Considerando la costante persecuzione dei giusti e l’apparente prosperità degli empi, coloro che erano rimasti fedeli al vero Dio potevano sperare in giorni migliori? PR 199.3

Questi angosciosi interrogativi furono posti dal profeta Abacuc. Valutando la situazione dei fedeli del suo tempo diede libero sfogo alla sua sofferenza con queste parole: “Fino a quando, Signore, dovrò chiederti aiuto senza che tu mi ascolti, denunziare la violenza senza che tu venga in aiuto? Perché mi fai vedere l’ingiustizia? Come puoi restare spettatore dell’oppressione? Davanti a me ci sono soltanto distruzione e violenza, dovunque processi e contese. Le leggi non sono più rispettate, la giustizia non è ben applicata. Il malvagio raggira il giusto e i giudizi sono falsati”. Abacuc 1:2-4. PR 200.1

Dio rispose al grido dei suoi figli fedeli. Tramite il suo portavoce rivelò loro la sua decisione di punire la nazione che lo aveva abbandonato per adorare altri dei. Alcuni di coloro che si chiedevano con ansia come sarebbe stato il futuro avrebbero visto Dio dirigere miracolosamente gli eventi della storia dando il potere ai babilonesi. Questi caldei “terribili, formidabili” avrebbero invaso improvvisamente il territorio di Giuda come una punizione di Dio. I prìncipi di Giuda e i maggiori esponenti del popolo sarebbero stati deportati a Babilonia. Le città e i villaggi della Giudea e i terreni coltivati sarebbero stati lasciati deserti e nulla sarebbe stato risparmiato. PR 200.2

Convinto che anche tramite questo terribile giudizio il piano di Dio per il suo popolo si sarebbe in qualche modo realizzato, Abacuc si sottomise alla volontà di Dio: “Signore, tu sei da sempre il mio Dio: il Dio santo e immortale”. Abacuc 1:12. Quindi, superando le oscure prospettive dell’immediato futuro e contando sulle preziose promesse che rivelano l’amore di Dio per tutti i suoi figli che confidano in lui, il profeta aggiunse: “Noi non morremo”. Con questa dichiarazione, frutto della fede, egli mise la sua sorte e quella di tutti i credenti d’Israele nelle mani di un Dio misericordioso. Ma non fu questa l’unica esperienza di fede di Abacuc. Una volta, mentre meditava sul futuro, disse: “Mi metterò di sentinella, in piedi sulla mia torre, starò a spiare per vedere quel che Dio dirà, e come risponderà ai miei lamenti”. Il Signore gli rispose: “Scrivi quel che ti rivelo, incidilo bene su tavolette, a chiare lettere, perché si leggano facilmente. Non è ancora giunto il momento che questa visione si avveri, ma alla fine tutto si realizzerà come previsto. Attendila con fiducia e pazienza. Arriverà sicuramente e non tarderà... L’uomo infedele a Dio morirà ma il giusto vivrà per la sua fedeltà”. Abacuc 2:14. PR 200.3

La fede che sosteneva Abacuc e tutti i giusti, in quell’epoca di profonda angoscia, è la stessa fede che sostiene oggi il popolo di Dio. Nei momenti più difficili, nelle circostanze più scoraggiati, il cristiano può contare su colui che è la fonte di ogni luce e di ogni potenza. Mediante la fede in Dio, la speranza e il coraggio possono essere rinnovati giorno dopo giorno. “Il giusto vivrà per la sua fede“: al servizio di Dio non c’è posto né per lo scoraggiamento, né per l’incertezza, né per il timore. Il Signore agirà al di là delle aspettative di coloro che ripongono la propria fiducia in lui. Egli accorderà loro la saggezza necessaria ad affrontare le varie difficoltà. PR 201.1

L’apostolo Paolo ci offre una chiara testimonianza delle ricche benedizioni che ricevono coloro che affrontano le tentazioni. È a lui che fu detto: “Ti basta la mia grazia. La mia potenza si manifesta in tutta la sua forza proprio quando uno è debole”. Accettando la sua debolezza il servitore di Dio rispose con gratitudine e fiducia: “È per questo che io mi vanto volentieri della mia debolezza, perché la potenza di Cristo agisca in me. Perciò io mi rallegro della debolezza, degli insulti, delle difficoltà, delle persecuzioni e delle angosce che io sopporto a causa di Cristo, perché quando sono debole, allora sono veramente forte”. 2 Corinzi 12:9, 10. PR 201.2

Dobbiamo apprezzare e sviluppare quella fede manifestata dai profeti e dagli apostoli, quella fede che si appropria delle promesse divine e aspetta la liberazione nel momento e nel modo scelti da Dio stesso. Le profezie si adempiranno in occasione del glorioso ritorno del nostro Signore e Salvatore, Gesù Cristo, come Re dei re e Signore dei signori. L’attesa può sembrare interminabile, lo spirito può essere oppresso dalle difficoltà; coloro nei quali avevamo riposto la nostra fiducia possono tradirci ma, insieme al profeta che si sforzò di riaccendere la speranza di Giuda nei momenti più oscuri dell’apostasia, dobbiamo affermare: “Il Signore risiede nel suo santo tempio. Si faccia silenzio davanti a lui su tutta la terra”. Abacuc 2:20. PR 201.3

Abbiamo costantemente presente nella mente il pensiero di questo messaggio incoraggiante: “Non è ancora giunto il momento che questa visione si avveri, ma alla fine tutto si realizzerà, come previsto. Attendila con fiducia e pazienza... il giusto vivrà per la sua fedeltà”. Abacuc 2:3, 4; cfr. Abacuc 3:2-6, 13, 17-19. PR 201.4

Abacuc non fu il solo a trasmettere un messaggio di speranza e di trionfo futuro, come pure di immediato castigo. Durante il regno di Giosia il Signore si rivolse a Sofonia per chiarire quali sarebbero stati i risultati della persistente apostasia e per richiamare l’attenzione della vera chiesa di Dio sulla gloriosa prospettiva futura. Le sue profezie, relative all’imminente giudizio su Giuda, si applicano con la stessa intensità ai giudizi che si abbatteranno sull’umanità impenitente al tempo del secondo avvento di Cristo: PR 201.5

“Il gran giorno della collera del Signore sta per arrivare, è vicino, è imminente. Ascoltate il fragore del giorno del Signore: anche l’uomo forte griderà di paura. Sarà un giorno di collera, un giorno di grande angoscia, un giorno di completa distruzione, un giorno di tenebre, di buio, un giorno nero e nuvoloso. In quel giorno suonerà la tromba, si sentiranno grida di guerra contro le città fortificate e le loro torri”. Sofonia 1:14-16; cfr. Sofonia 1:17, 18; Sofonia 2:1-3; Sofonia 3:19, 20; Sofonia 3:14-17. PR 202.1