Parole di vita

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Parole di vita

Capitolo 1: L’insegnamento piùefficace

L’insegnamento di Cristo, per mezzo di parabole, si ispira ai medesimi principi che lo guidarono nella sua missione a favore dell’umanità. Per farci conoscere il suo carattere divino e la sua vita, Cristo assunse la nostra natura e dimorò fra noi. La Divinità si rivelò nell’umanità, la gloria invisibile in forma umana e visibile. Gli uomini potevano conoscere l’ignoto da ciò che conoscevano, le cose celesti si rivelavano tramite quelle terrene. Come Dio si manifestava nella somiglianza con l’uomo, così anche nell’insegnamento di Cristo: le cose ignote erano illustrate alla gente che l’ascoltava tramite quelle note e le verità divine sulla base delle vicende terrene e familiari. PV 7.1

La Scrittura dice: “Tutte queste cose disse Gesù in parabole alle turbe... affinché si adempisse quel che era stato detto per mezzo del profeta: Aprirò in parabole la mia bocca; esporrò cose occulte fin dalla fondazione del mondo”. Matteo 13:34, 35. Le cose naturali costituivano il veicolo di quelle spirituali, i fenomeni della natura e le esperienze della vita degli ascoltatori illustravano le verità della Parola scritta. Guidandoci cosi dal regno naturale a quello spirituale, le parabole di Cristo rappresentano gli anelli di una catena di verità che unisce l’uomo a Dio, la terra al cielo. PV 7.2

Nelle sue lezioni, tratte dalla natura, Cristo parlava di cose che aveva creato con le sue mani e che avevano caratteristiche e forze che lui stesso aveva trasmesso. Nella sua perfezione originale, tutto il creato era un’espressione del pensiero di Dio. Per Adamo ed Eva nella loro dimora edenica, la natura era piena della conoscenza di Dio, ricca di istruzioni divine. La saggezza parlava agli occhi e penetrava nel cuore, in quanto essi comunicavano con Dio tramite le sue opere create. Ma quando la santa coppia trasgredì la legge dell’Altissimo, la gloria del volto divino si ritirò dalla natura che rimase stravolta e profanata dal peccato. Nondimeno essa conserva anche in questo stato molte delle sue precedenti bellezze. Le lezioni pratiche che Dio ci offre non si sono cancellate, e, se ben intesa, la natura parla ancora del suo Creatore. PV 7.3

Ai tempi di Cristo queste lezioni si erano perdute di vista e gli uomini a stento riconoscevano Dio nelle sue opere. Il peccato dell’umanità aveva steso un velo sul volto radioso del creato, e, invece di rivelare Dio, le sue opere finirono per trasformarsi in una barriera che lo nascondeva. Gli uomini “hanno adorato e servito la creatura invece del Creatore”, ed i pagani “si son dati a vani ragionamenti, e l’insensato lor cuore s’è ottenebrato”. Romani 1:25, 21. Così, in Israele, l’insegnamento umano aveva preso il posto di quello divino. Non solo i fenomeni della natura, ma anche il rituale dei sacrifici e le Scritture stesse — il cui obiettivo era di far conoscere Dio — furono pervertiti al punto da nasconderlo. PV 8.1

Cristo cercò di rimuovere tutto ciò che oscurava la verità. Egli venne a sollevare il velo che il peccato aveva steso sulla natura, riportando alla luce la gloria spirituale che il creato doveva riflettere. Le sue parole Illuminavano gli insegnamenti della natura, come quelli della Bibbia, di una luce nuova, trasformandoli in una nuova rivelazione. PV 8.2

Cogliendo un giglio immacolato, Gesù lo metteva in mano ai bambini e giovani, e, mentre essi contemplavano il suo volto giovanile e raggiante della luce del Padre, Egli diede questa lezione: “Considerate come crescono i gigli della campagna; essi non faticano e non filano; eppure io vi dico che nemmeno Salomone con tutta la sua gloria fu vestito come uno di loro. Or se Iddio riveste in questa maniera l’erba de’ campi che oggi è e domani è gettata nel forno, non vestirà Egli molto più voi, o gente di poca fede?” Matteo 6:28-30. PV 8.3

Ma nel sermone sul monte Gesù non rivolse queste parole solamente ai bambini e ai giovani; aveva davanti una folla in cui si trovavano uomini e donne preoccupati e perplessi, delusi e addolorati. Egli continuò: “Non siate dunque con ansietà solleciti, dicendo: Che mangeremo? che berremo? o di che ci vestiremo? Poiché sono i pagani che ricercano tutte queste cose”. Poi, allargando le braccia alla folla che lo circondava, esclamò: “Ma cercate prima il regno e la giustizia di Dio, tutte queste cose vi saranno sopraggiunte”. Matteo 6:28-33. PV 8.4

Così Cristo interpretava il messaggio che lui stesso aveva affidato ai gigli e all’erba dei campi. Egli desiderava che lo leggessimo in ogni giglio e in ogni filo d’erba. Le sue parole piene di certezza riaffermano la nostra fiducia in Dio. PV 9.1

La visione che Cristo aveva della verità era così ampia e il suo insegnamento così profondo da utilizzare ogni aspetto della natura per illustrare la verità. Tutte le scene della vita quotidiana erano ricondotte a qualche verità spirituale, e si può ben dire che le parabole del Maestro abbracciano tutta la natura. PV 9.2

Nella prima parte del suo ministero Gesù aveva parlato alla gente con parole così semplici che tutti gli ascoltatori avrebbero potuto comprendere quelle verità atte a guidarli alla salvezza. Ma in molti cuori la verità non aveva fatto radici ed era sparita ben presto senza lasciar traccia. “Perciò parlo loro in parabole”, ebbe a dire, “perché, vedendo, non vedono; e udendo non odono e non intendono... perché il cuore di questo popolo s’è fatto insensibile, son divenuti duri d’orecchi ed hanno chiuso gli occhi”. Matteo 13:13-15. PV 9.3

Gesù desiderava stimolare lo spirito di investigazione, cercava di scuotere gli indifferenti per imprimere la verità nel cuore. Ammaestrare per mezzo di parabole era popolare e godeva il rispetto e l’attenzione non solo degli Ebrei ma anche di altri popoli. Gesù non avrebbe potuto scegliere un metodo di insegnamento più efficace. Se gli ascoltatori avessero desiderato conoscere le cose divine avrebbero potuto capire le sue parole, dal momento che Egli era sempre pronto a spiegarle agli investigatori sinceri. PV 9.4

Cristo doveva presentare, inoltre, delle verità che il popolo non era preparato a ricevere né a comprendere. Una ragione di più per ricorrere all’uso delle parabole. Collegando le sue lezioni agli episodi della vita comune, dell’esperienza e della natura, attirava l’attenzione e impressionava i cuori degli ascoltatori. Costoro, quando poi vedevano gli oggetti che erano serviti ad illustrare le sue lezioni, ricordavano le parole del divino Maestro, e quanti erano aperti all’azione dello Spirito Santo intendevano sempre più il senso dei suoi insegnamenti. I misteri si illuminavano e tutto quel che era difficile da capire si faceva chiaro ed evidente. PV 9.5

Gesù cercava di farsi strada nel cuore di tutti. Ricorrendo ad una varietà di immagini, non solo presentava la verità nei suoi diversi aspetti, ma l’adeguava alle varie classi di ascoltatori, suscitando il loro interesse con le immagini della vita quotidiana, affinché nessuno dei presenti potesse ritenersi trascurato o dimenticato. I più umili e i più grandi peccatori sentivano nei suoi insegnamenti una voce che parlava con simpatia e tenerezza. PV 10.1

Un altro motivo induceva Gesù a parlare in parabole. In mezzo alle folle che gli si accalcavano intorno c’erano sacerdoti e rabbini, scribi e anziani, erodiani e capi del popolo, persone di mondo, bigotti e ambiziosi che cercavano solo un pretesto per accusarlo. Le loro spie lo pedinavano tutti i giorni per cogliere dalle sue labbra qualche parola che si prestasse a farlo condannare e a far tacere per sempre colui che sembrava attrarre il mondo dietro a sé. Il Salvatore conosceva il carattere di questi uomini e presentava la verità in modo da non offrir loro alcun appiglio suscettibile di accusa dinanzi al sinedrio. Servendosi delle parabole, censurava l’ipocrisia e la malvagia condotta di coloro che occupavano alte posizioni e rivestiva di un linguaggio figurato delle verità così taglienti che i destinatari, lungi dall’ascoltarlo, avrebbero rapidamente messo fine al suo ministero, se le avesse presentate come denuncia aperta. Eludendo così le insidie delle spie, esponeva la verità con tanta chiarezza da mettere a nudo l’errore e dar modo agli ascoltatori sinceri di trarre profitto dai suoi insegnamenti. Metteva in evidenza la saggezza divina, la grazia infinita nelle opere del creato. Grazie alla natura e alle esperienze della vita, Dio ammaestrava l’umanità. “Poiché le perfezioni invisibili di lui, la sua eterna potenza e divinità, si vedon chiaramente sin dalla creazione del mondo, essendo intese per mezzo delle opere sue”. Romani 1:20. PV 10.2

Con il suo insegnamento in forma di parabole il Salvatore ci dà un’idea della vera “istruzione superiore”. Cristo avrebbe potuto dischiudere agli uomini le più profonde verità scientifiche e misteri tali che, per essere compresi, avrebbero richiesto secoli d’intenso studio e fatica. Avrebbe potuto fornire qualche traccia in campo scientifico suscettibile di alimentare il pensiero e stimolare invenzioni fino alla fine dei tempi, eppure non lo fece. Non diceva niente per soddisfare la curiosità e nutrire l’ambizione umana o per aprire le porte della grandezza mondana. In tutti i suoi insegnamenti Cristo metteva in relazione il pensiero degli uomini con l’essere infinito, non induceva la gente a studiare le teorie umane relative a Dio, alla sua Parola, alle sue opere; invece, invitava a contemplarlo attraverso le sue opere, la sua Parola, la sua provvidenza. PV 10.3

Lungi dal trattare teorie astratte, Gesù insisteva sui principi fondamentali per lo sviluppo del carattere e per accrescere la capacità dell’individuo di conoscere Dio e di fare il bene. Illustrava verità relative alla condotta della vita e che abbracciano l’eternità. PV 11.1

Era stato Cristo a guidare l’educazione d’Israele. Ecco quanto aveva stabilito in merito ai comandamenti e alle disposizioni del Signore: “Li inculcherai ai tuoi figliuoli, ne parlerai quando te ne starai seduto in casa tua, quando sarai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segnale, ti saranno come frontali tra gli occhi, e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte”. Deuteronomio 6:7-9. Con i suoi stessi insegnamenti Gesù dimostrò come osservare questo ordine, come presentare le leggi ed i principi del regno divino per metterne in rilievo la bellezza ed il valore. Nel momento in cui il Signore scelse Israele come suo rappresentante speciale, gli assegnò una dimora tra valli e colline, in modo che la sua vita familiare e religiosa fosse in perpetuo contatto con la natura e la Parola di Dio. Similmente Gesù ammaestrava i discepoli in riva al lago, sul pendio del monte, per i campi e nei boschi, là dove essi potevano vedere le opere della natura di cui si serviva per illustrare le sue lezioni. E, man mano che apprendevano da Cristo, applicavano praticamente le loro conoscenze collaborando con lui nella sua opera. PV 11.2

Così, tramite il creato, anche noi dobbiamo familiarizzare con il Creatore. Il libro della natura rappresenta il grande manuale che dobbiamo usare congiuntamente alle Scritture per illustrare agli altri il carattere di Dio e ricondurre le pecore perdute al suo ovile. A mano a mano che l’individuo studia le opere dell’Onnipotente, lo Spirito Santo lo convince. Non si tratta di una convinzione prodotta da ragionamenti logici, bensì della percezione di un significato più profondo, dell’incisione nel cuore delle sublimi verità divine della Parola scritta, a meno che lo spirito dell’individuo non si sia ottenebrato al punto da non riconoscere più Dio, il suo occhio sia rimasto offuscato da non vederlo e il suo orecchio sordo da non sentire la sua voce. PV 11.3

In queste lezioni scaturite direttamente dalla natura c’è una semplicità e una purezza che gli conferiscono un valore prezioso. E chi può fare a meno degli insegnamenti che zampillano da questa sorgente? Già di per sé le bellezze della natura distolgono l’anima dal peccato e dai piaceri mondani guidandola verso la purezza, verso la pace e verso Dio. Troppo spesso la mente degli studenti è sovraccarica di teorie e speculazioni umane, falsamente definite scienza e filosofia. Essi piuttosto hanno bisogno di un intimo contatto con la natura. Sappiano che la creazione ed il cristianesimo hanno il medesimo Dio, imparino a riconoscere l’armonia del regno naturale con quello spirituale, traendo una lezione da tutto ciò che vedono con gli occhi o toccano con mano, per la formazione del loro carattere. Così le facoltà mentali risulteranno fortificate, il carattere si svilupperà e vivranno tutta una vita più nobile. PV 12.1

Insegnando per mezzo di parabole, Cristo perseguiva lo stesso obiettivo che aveva in mente istituendo il sabato. Dio ha dato agli uomini un ricordo della sua potenza creativa affinché essi lo riconoscano dalle opere delle sue mani. Il sabato ci invita a contemplare la gloria del Creatore attraverso le sue opere, e, proprio perché desiderava che noi ne prendessimo coscienza, Gesù ha collegato le sue preziose lezioni alla bellezza della natura. Nel sacro giorno di riposo, più che in tutti gli altri, dovremmo studiare il messaggio che Dio ha scritto per noi nel libro della natura, dovremmo studiare le parabole di Gesù in un ambiente analogo a quello in cui le ha pronunciate: nei campi e nei boschi, all’aperto, in mezzo ai fiori e in mezzo all’erba. A mano a mano che ci accostiamo intimamente al cuore della natura, sentiremo più viva e reale la presenza di Cristo che ci parla di pace e di amore. PV 12.2

Però Cristo ha legato i suoi insegnamenti non solo al giorno di riposo, ma anche alla settimana di lavoro. Egli offre saggezza a chi guida l’aratro e sparge il seme. Con le immagini dell’arare e del seminare, della coltivazione e della raccolta Egli ci dà un’idea dell’opera che la grazia svolge nel cuore. Allo stesso modo desidera che noi scopriamo una lezione di verità divina in ogni lavoro utile, in qualunque situazione della vita, e allora la nostra attività quotidiana non assorbirà più la nostra attenzione al punto da farci dimenticare Dio, anzi ci ricorderà continuamente il nostro Creatore e Redentore. Simile ad un filo d’oro, il pensiero di Dio ci accompagnerà in tutte le nostre occupazioni e preoccupazioni familiari, e, per noi, la gloria del suo volto illuminerà di nuovo il volto della natura. Continueremo ad apprendere nuove lezioni sulla verità celeste crescendo all’immagine della sua purezza. Saremo così “discepoli dell’Eterno” e qualunque sia la nostra sorte, rimarremo “dinanzi a Dio” nella condizione in cui siamo stati chiamati. Isaia 54:13; 1 Corinzi 7:24. PV 12.3