Il gran conflitto

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Capitolo 5: John Wycliffe

Prima della Riforma gli esemplari della Bibbia erano molto rari; Dio, però, non permise che la sua Parola scomparisse. Le sue verità non dovevano rimanere nascoste per sempre. Egli avrebbe potuto diffondere la sua Parola con la stessa facilità con cui avrebbe potuto aprire le porte e i cancelli delle prigioni per liberare i suoi figli fedeli. In vari paesi dell’Europa, molti uomini, animati dallo Spirito di Dio, ricercavano la verità quasi si trattasse di un tesoro nascosto. Provvidenzialmente guidati verso le Sacre Scritture, essi le studiavano con vivo interesse, decisi a scoprire la verità. Pur non comprendendo chiaramente tutto quello che le Scritture insegnavano, riuscirono a distinguere molte verità dimenticate da tempo. Diventati messaggeri di Dio, essi si impegnarono a sconfiggere l’errore e la superstizione invitando, quanti erano stati a lungo schiavi del peccato, a riaffermare la propria libertà. GC 69.1

Al di fuori delle valli valdesi la Parola di Dio era espressa, per secoli, con linguaggi noti solo agli studiosi. Ormai era giunto il momento che la Scrittura venisse tradotta e offerta agli uomini di vari paesi nelle loro rispettive lingue. Stava per spuntare l’alba e si dileguavano le ombre della notte. In molti paesi si notavano già i bagliori dell’aurora. GC 69.2

Nel XIV secolo, nasceva in Inghilterra la “stella della Riforma”: John Wycliffe.1 La sua testimonianza risuonò non solo in Gran Bretagna, ma in tutto il mondo cristiano. La sua forte protesta contro Roma non sarebbe stata più dimenticata. Essa diede inizio alla lotta che portò all’emancipazione di individui, chiese e nazioni. GC 69.3

Wycliffe aveva ricevuto un’ottima istruzione. Per lui il rispetto dell’Eterno era il fondamento della saggezza. In collegio era noto per la sua fervente devozione, ma anche per i notevoli talenti e la profonda cultura. La sua sete di conoscenza lo portò ad approfondire ogni disciplina oggetto di studio. Si interessò di filosofia scolastica, di diritto canonico e civile, specialmente quelli del suo paese. Nella sua attività si evidenzierà in seguito il valore di questa sua preparazione. Un’ampia conoscenza della filosofia del suo tempo gli permise di metterne in risalto gli errori. Grazie ai suoi studi giuridici, era ben preparato per la grande battaglia della libertà civile e religiosa. Oltre a saper ben utilizzare la Parola di Dio, egli possedeva una conoscenza intellettuale che lo qualificava per comprendere anche le tattiche dei dotti. La forza del suo genio, unita alla vastità e alla completezza della sua cultura, gli assicurava il rispetto sia degli amici sia degli oppositori. I suoi sostenitori videro con soddisfazione che il loro campione era in grado di sostenere il confronto con le menti più eccelse della nazione; i suoi nemici non potevano screditare la Riforma accusando i suoi sostenitori per la loro ignoranza e la loro debolezza. GC 69.4

Wycliffe si dedicò allo studio della Sacra Scrittura mentre era in collegio. In quei tempi, in cui la Bibbia esisteva solo nelle lingue antiche, soltanto gli studiosi potevano accedere alla fonte della verità, che invece risultava preclusa alla gente priva di cultura. Si preparava, così, la via alla futura opera di Wycliffe come riformatore. Uomini di talento avevano studiato la Parola di Dio e avevano scoperto la grande verità della giustificazione per grazia. Nel loro insegnamento avevano diffuso la conoscenza di questa verità e indotto altri a rivolgersi alle rivelazioni divine. GC 70.1

Quando la sua attenzione fu attratta dalla Sacra Scrittura, Wycliffe iniziò a esaminarla con lo stesso impegno che gli aveva permesso di acquisire una solida preparazione culturale. Fino ad allora egli aveva provato un grande vuoto che né i suoi studi, né l’insegnamento della chiesa avevano potuto soddisfare. Nella Parola di Dio egli trovò quello che invano aveva cercato fino a quel momento. Vide chiaramente rivelato il piano della salvezza e capì che Cristo è l’unico avvocato dell’uomo. Si consacrò al servizio del Signore, deciso a proclamare le verità che aveva scoperto. GC 70.2

Come altri riformatori dopo di lui Wycliffe, all’inizio della sua opera, non si rese conto dove sarebbe arrivato. Egli non si mise deliberatamente contro Roma, ma era chiaro che il suo rispetto per la verità lo avrebbe messo in conflitto con la falsità. Più comprendeva chiaramente gli errori del papato, più presentava con ardore l’insegnamento biblico. Egli vedeva che Roma aveva abbandonato la Parola di Dio per attenersi alle tradizioni umane. Con coraggio accusò il clero di aver trascurato le Sacre Scritture; chiese che la Bibbia fosse restituita al popolo e la sua autorità venisse nuovamente stabilita nella chiesa. Egli era un maestro abile e sincero, oltre che un eloquente predicatore. La sua vita quotidiana era una dimostrazione delle verità che egli predicava. La sua conoscenza delle Scritture, la forza del suo ragionamento, la purezza della sua vita, il suo indomito coraggio e la sua integrità, gli conquistarono la stima e la fiducia di tutti. Molti erano insoddisfatti della fede che professavano, perché nota vano la corruzione nella chiesa di Roma e quindi accettarono con gioia le verità presentate da Wycliffe. I sostenitori del papa, al contrario, divennero furibondi vedendo come questo riformatore acquisisse a poco a poco un ascendente maggiore del loro. GC 70.3

Wycliffe era un acuto rivelatore degli errori e senza paura lottò contro gli abusi di cui era responsabile l’autorità romana. Quando era cappellano del re, si oppose al pagamento del tributo chiesto dal papa al monarca britannico e dimostrò come le pretese di un’autorità papale sui sovrani fossero contrarie alla ragione e alla rivelazione. Le richieste avanzate dal papa avevano suscitato una viva indignazione e quindi gli insegnamenti di Wycliffe esercitarono un notevole influsso sugli esponenti della nazione inglese. Re e nobili, si unirono per rifiutare l’ingerenza pontificia nelle questioni temporali e non accettarono di pagare il tributo. In tal modo la supremazia papale in Inghilterra subì un fiero colpo. GC 71.1

Un altro abuso che il riformatore, dopo attenta riflessione, combatté decisamente, fu l’istituzione dell’ordine dei frati mendicanti. Questi frati dilagavano in Inghilterra recando un serio danno alla grandezza e alla prosperità della nazione. L’economia, l’istruzione pubblica e morale, risentivano del loro influsso negativo. La vita di ozio e di mendicità dei monaci non rappresentava solo un peso per le risorse economiche del popolo, ma contribuiva a mettere in discussione l’utilità stessa del lavoro. I giovani finivano con l’essere demoralizzati e corrotti. A causa dell’esempio dei frati, molti sceglievano la vita monastica e ciò non soltanto senza il consenso dei genitori, ma addirittura in opposizione ai loro ordini. Uno dei primi padri della chiesa di Roma, sottolineando la preminenza dei voti monastici sugli obblighi del dovere e dell’amore filiale, dichiarò: “Se tuo padre giacesse davanti alla tua porta, piangendo e gemendo; se tua madre ti mostrasse il corpo che ti portò e il seno che ti nutrì, passa sui loro corpi e vai avanti, verso il Cristo”. Con questa “mostruosa mancanza di umanità”, come più tardi fu definita da Lutero, che ricorda più il lupo e il tiranno che lo spirito del Maestro, i figli arrivarono a rinnegare i propri genitori.2 In tal modo i capi della gerarchia romana, simili agli antichi farisei, con la loro tradizione annullavano il comandamento di Dio. Le case erano deserte e i genitori venivano privati della compagnia dei figli e delle figlie. GC 71.2

Perfino gli studenti delle università si lasciavano sedurre dalle false affermazioni dei monaci e si convincevano a entrare nei loro ordini. Molti, in un secondo tempo, se ne pentivano, rendendosi conto di avere rovinato la propria vita e di avere procurato un dispiacere alla famiglia. Purtroppo, però, una volta impegnati si accorgevano che era quasi impossibile riconquistare la libertà. Numerose famiglie, temendo l’influsso esercitato dai frati, non inviavano più i propri figli all’università. Questo determinò la diminuzione del numero degli studenti nei grandi centri di cultura e le scuole cominciarono a languire, mentre l’ignoranza prendeva gradatamente il sopravvento. GC 71.3

Il papa aveva accordato a questi monaci la facoltà di ascoltare le confessioni e di impartire l’assoluzione. Tutto ciò provocò seri problemi perché i frati, desiderosi di accrescere i propri guadagni, erano propensi a concedere la remissione dei peccati perfino a criminali di ogni genere. Ne derivò, come logica conseguenza, il dilagare dei vizi peggiori. I malati e i poveri erano trascurati mentre i doni, che sarebbero potuti servire per alleviare tante necessità, venivano offerti ai monaci che, anche con minacce, esigevano l’elemosina del popolo e non esitavano ad accusare quanti osavano astenersi dal presentare le loro offerte. Nonostante la loro professione di povertà essi si arricchivano sempre più e i loro magnifici edifici, le loro sontuose tavole imbandite mettevano in evidenza la crescente povertà della nazione. Mentre essi trascorrevano il tempo nel lusso e nel piacere, si facevano sostituire, per adempiere le funzioni, da uomini privi di cultura i quali sapevano solo narrare favole fantasiose, leggende curiose e divertire la gente rendendola, ancor più succube dei monaci. In questo modo i frati continuavano a esercitare il loro influsso sulle folle superstiziose, inducendole a credere che in fondo i loro doveri religiosi consistevano nel riconoscere la supremazia del pontefice, nell’adorare i santi, nell’offrire doni ai monaci e che tutto ciò era sufficiente per assicurarsi un posto in paradiso. GC 72.1

Uomini dotti e pii si impegnarono con tutte le forze per riformare questi ordini monastici. Fu Wycliffe a colpire il male alla sua radice. Egli dimostrò che il sistema stesso era falso e doveva essere abolito. Le discussioni che seguirono risvegliarono gli animi. I frati, che percorrevano il paese vendendo indulgenze, incontrarono molti credenti che dubitavano della possibilità di comprare il perdono e si chiedevano se non fosse il caso di domandarlo a Dio anziché al pontefice romano. Il popolo era preoccupato a causa dell’avidità dei frati che sembrava insaziabile. “Monaci e preti di Roma” diceva “ci divorano come un cancro. Se Dio non ce ne libera, finiremo per morire tutti”.3 Per mascherare la loro avarizia, questi monaci mendicanti pretendevano di seguire la via del Salvatore e di imitarne l’esempio. Affermavano che Gesù e i suoi discepoli erano vissuti della carità del popolo. Questa pretesa però si ritorse a loro danno, perché indusse molta gente a cercare direttamente la verità nella Bibbia. Tutto ciò, naturalmente, non piaceva a Roma. La mente degli uomini ricorreva alla Fonte della verità, che Roma invece intendeva tener nascosta. GC 72.2

Wycliffe cominciò a scrivere e a pubblicare dei trattati contro i frati, non tanto per polemizzare quanto per richiamare l’attenzione degli uomini sulla Bibbia e sul suo autore. Dichiarò che il papa aveva facoltà di perdono e di scomunica nella stessa misura in cui l’avevano i comuni sacerdoti e che nessun uomo può essere scomunicato a meno che non abbia prima richiamato su di sé la condanna di Dio. Wycliffe non avrebbe potuto agire con maggiore efficacia per demolire la gigantesca struttura del potere temporale e spirituale del papa, che esercitava il suo potere sullo spirito e sul corpo di milioni di persone. GC 73.1

In seguito, Wycliffe fu invitato a difendere i diritti della corona britannica contro le ingerenze del papato. Nominato ambasciatore del re trascorse due anni in Olanda e conobbe i legati pontifici. Questo gli consentì di entrare in contatto con ecclesiastici di Francia, Italia e Spagna e di imparare molte cose che se fosse rimasto in Inghilterra non avrebbe mai conosciuto e che gli furono molto utili nel corso della sua attività successiva. Nei rappresentanti della curia, Wycliffe individuò il vero carattere e gli scopi della gerarchia romana. Ritornato in Gran Bretagna, presentò ancora più apertamente e con nuovo zelo i suoi insegnamenti, affermando che l’avidità, l’orgoglio e l’inganno erano gli idoli di Roma. GC 73.2

In uno dei suoi trattati, parlando del papa e dei suoi collaboratori, scrisse: “Essi attingono dal nostro paese il fabbisogno dei poveri e dal tesoro reale migliaia di monete d’oro. Tutto ciò con il pretesto di sacramenti e cerimonie; si tratta di una deprecabile simonia esercitata a spese della cristianità. Naturalmente, anche se il nostro regno disponesse di un’immensa quantità d’oro e nessuno, a parte l’esattore ecclesiastico, vi attingesse, con il passare del tempo quest’oro si esaurirebbe perché l’esattore porta via dalla nostra terra tutto il denaro e in cambio vi lascia la maledizione divina a causa della sua simonia”.4 GC 73.3

Poco dopo il suo ritorno in Inghilterra, per decreto reale, Wycliffe fu nominato rettore di Lutterworth. Questo dimostrava che la sincerità del riformatore non era affatto dispiaciuta al sovrano. Pertanto, l’influsso di Wycliffe si faceva sentire sia nelle decisioni della corte, sia nell’opinione pubblica. GC 73.4

Le reazioni, però, non tardarono a scatenarsi. Tre bolle papali furono inviate in Inghilterra: una all’università, una al re e una ai prelati. Esse ingiungevano che misure immediate e decise fossero prese nei confronti di colui che insegnava l’eresia, per ridurlo al silenzio.5 GC 73.5

Prima ancora che arrivassero le bolle papali i vescovi, con il loro zelo, avevano invitato Wycliffe a presentarsi per essere giudicato. Venne accompagnato da due dei più potenti prìncipi del regno. La folla, a sua volta, circondò l’edificio del tribunale ed entrò intimidendo i giudici a tal punto che essi, per paura di complicazioni, sospesero l’udienza e la rinviarono. Wycliffe poté andarsene tranquillamente e più tardi i prelati cercarono di circuire Edoardo III, ormai in età avanzata, invitandolo a prendere posizione contro il riformatore, ma il re morì. In seguito a questo decesso, il protettore di Wycliffe venne nominato reggente del regno. GC 74.1

Le bolle papali, inviate in Inghilterra, esigevano l’arresto e la carcerazione dell’eretico. Tali misure ovviamente, erano il preludio del patibolo. Era evidente che Wycliffe ben presto sarebbe caduto vittima della collera del pontefice. Però colui che aveva detto: “Non temere... io sono il tuo scudo” (Genesi 15:1), stese di nuovo la sua mano potente per proteggere il suo servitore. La morte, infatti, non si abbatté sul riformatore, ma su Gregorio XI che aveva decretato la sua fine. Gli ecclesiastici, che si erano riuniti per giudicare Wycliffe, si dispersero. GC 74.2

Dio diresse il corso degli eventi per permettere alla Riforma di svilupparsi. La morte di Gregorio fu seguita dalla nomina di due papi rivali; due poteri contrastanti, ognuno dei quali si dichiarava infallibile, esigendo l’ubbidienza.6 Ognuno invitava i fedeli a sostenerlo, combattendo contro l’altro e aggiungeva all’invito terribili anatemi contro gli avversari e promesse di benedizioni divine per quanti, invece, si sarebbero schierati dalla sua parte. Tale situazione indebolì sensibilmente il potere papale. Le due fazioni rivali si schierarono l’una contro l’altra e così Wycliffe fu lasciato tranquillo. Anatemi e recriminazioni si incrociavano mentre fiumi di sangue scorrevano per sostenere le opposte rivendicazioni. Delitti e scandali erano all’ordine del giorno e così il riformatore, nel tranquillo rifugio della sua parrocchia di Lutterworth, poté lavorare diligentemente presentando agli uomini Gesù, il principe della pace. GC 74.3

Lo scisma, con le lotte e la corruzione che provocò, preparò la via della Riforma perché permise a tutti di rendersi conto della vera natura del papato. In un opuscolo da lui pubblicato, On the schism of the Popes (Sullo scisma dei papi), Wycliffe invitava i suoi lettori a considerare se i due papi dicessero la verità quando si accusavano reciprocamente di essere l’anticristo. “Dio” scriveva “non poteva accettare che il nemico regnasse tramite uno di questi sacerdoti... e ha permesso questa divisione affinché gli uomini, nel nome del Cristo, possano più facilmente vincerli entrambi”.7 GC 74.4

Wycliffe, come il suo Maestro, predicava il messaggio del Vangelo ai poveri. Non contento di diffondere la verità nelle umili case della sua parrocchia di Lutterworth, volle che essa raggiungesse tutta l’Inghilterra. Per attuare questo programma, Wycliffe organizzò un gruppo di predicatori, uomini semplici e devoti, che amavano la verità e che altro non chiedevano se non di diffonderla. Questi uomini andarono ovunque, insegnando sulle piazze dei mercati, nelle vie delle grandi città, lungo i sentieri di campagna. Visitavano i vecchi, gli ammalati, i poveri e annunciavano loro la lieta novella della grazia di Dio. GC 75.1

Nella sua qualità di professore di teologia a Oxford, Wycliffe predicava la Parola di Dio nelle aule universitarie. Esponeva la verità ai suoi studenti con tanta fedeltà da meritare l’attributo di “dottore evangelico”. L’opera più importante della sua vita fu comunque la traduzione della Sacra Scrittura in inglese. In un’opera intitolata: On the Truth and Meaning of Scripture (Della verità e del significato delle Sacre Scritture), egli manifestò la sua intenzione di tradurre la Bibbia affinché chiunque, in Inghilterra, potesse leggere nella propria lingua le meravigliose opere di Dio. GC 75.2

Improvvisamente, però, la sua attività venne interrotta. Sebbene non avesse ancora sessant’anni, l’incessante lavoro, lo studio, le accuse degli avversari, avevano influito sul suo organismo, tanto che invecchiò prima del tempo e si ammalò gravemente. La notizia rallegrò i monaci i quali pensarono che Wycliffe si sarebbe amaramente pentito del male fatto alla chiesa di Roma. Si precipitarono a casa sua per raccogliere la sua confessione. Rappresentanti dei quattro ordini religiosi, accompagnati da quattro ufficiali civili, si raccolsero intorno al letto dell’uomo ritenuto ormai moribondo. “Hai la morte sulle labbra” gli dissero. “Pentiti dei tuoi errori e ritratta, in nostra presenza, tutto quello che hai detto contro di noi”. Il riformatore ascoltò in silenzio, quindi chiese a chi lo assisteva di aiutarlo a mettersi a sedere sul letto; infine, fissando quanti lo circondavano, in attesa di una sua abiura disse con la voce ferma e forte che spesso li aveva fatti tremare: “Io non morrò: vivrò e rivelerò ancora gli inganni dei frati!”8 Stupiti e confusi, i monaci si affrettarono ad uscire. GC 75.3

Le parole di Wycliffe si avverarono. Egli sopravvisse e poté affidare ai suoi connazionali il più potente strumento contro Roma: la Bibbia, lo strumento divino che libera, illumina ed evangelizza l’umanità. Per compiere quest’opera dovevano essere superati ancora molti ostacoli ma, incoraggiato dalle promesse della Parola di Dio, egli proseguì coraggiosamente nonostante fosse malato, sapesse che gli rimanevano solo pochi anni di vita e si rendesse conto delle forti opposizioni da affrontare. Ancora in possesso del pieno vigore delle sue facoltà intellettuali e ricco di esperienza, Wycliffe era stato protetto e preparato da Dio per quella, che sarebbe stata la sua opera suprema. Mentre il mondo cristiano era in pieno tumulto, il riformatore, nella quiete della sua parrocchia, incurante della tempesta che imperversava intorno, si impegnò nella sua opera più importante. Finalmente giunse il momento della pubblicazione della prima traduzione della Bibbia in inglese e l’Inghilterra poté leggere la Parola di Dio. Ora Wycliffe non temeva più né il carcere né il patibolo, perché aveva affidato al popolo britannico una luce che non si sarebbe più spenta. In questo modo aveva vinto l’ignoranza e il vizio, liberato ed elevato il paese. La sua opera doveva risultare più importante delle brillanti vittorie riportate sui campi di battaglia. GC 75.4

L’arte della stampa era ancora ignota e le copie della Bibbia potevano essere riprodotte solo mediante un lavoro lento e faticoso. L’interesse per quel libro, però, era così grande che molti si misero volenterosamente all’opera per copiarlo, ma solo a prezzo di grandi difficoltà i copisti riuscivano a soddisfare le varie richieste. Alcuni degli acquirenti più facoltosi desideravano l’intera Bibbia; altri, invece ne comperavano solo alcune parti. Spesso varie famiglie si univano per procurarsene una copia. Fu così che la Bibbia di Wycliffe entrò nelle case inglesi. GC 76.1

L’appello alla ragione risvegliò le coscienze, strappandole alla loro passiva sottomissione ai dogmi papali. Wycliffe insegnò le dottrine che più tardi caratterizzarono il protestantesimo: la salvezza per grazia mediante la fede in Cristo e l’infallibile e sovrana autorità delle Scritture. I predicatori che aveva inviato diffondevano la Bibbia e gli scritti del riformatore. Egli ebbe un tale successo che la nuova fede fu accettata da circa metà della popolazione inglese. GC 76.2

La diffusione della Sacra Scrittura preoccupò profondamente le autorità ecclesiastiche. Esse, ora, dovevano affrontare una potenza ben più temibile di Wycliffe; una forza contro la quale le loro armi non sarebbero state efficaci. A quell’epoca, in Inghilterra, non c’era nessuna legge che proibisse la diffusione della Bibbia, poiché prima di allora la Sacra Scrittura non era mai stata pubblicata nella lingua del popolo. Tali leggi furono proclamate in un secondo tempo e imposte con rigore. Al tempo di Wycliffe, perciò, nonostante tutti gli sforzi del clero, la Bibbia circolava liberamente. GC 76.3

I capi della gerarchia ecclesiastica cospirarono nuovamente per far tacere la voce del riformatore e lo convocarono successivamente davanti a tre tribunali. Dapprima si trovò davanti a un sinodo di vescovi che dichiarò eretici i suoi scritti e che, contando sul favore del giovane monarca Riccardo II, ottenne un decreto che condannava al carcere chiunque avesse seguito le nuove dottrine. GC 76.4

Wycliffe si appellò al Parlamento e qui attaccò la gerarchia romana, invitandola a presentarsi davanti al consiglio della nazione e chiedendo una riforma degli enormi abusi sanzionati dalla chiesa. La sua eloquenza nel descrivere le usurpazioni e la corruzione della sede papale confuse i suoi nemici. Gli amici e i sostenitori di Wycliffe, i quali erano stati costretti a cedere davanti all’autorità ecclesiastica, pensavano che il riformatore, ormai vecchio, solo e senza amici, si sarebbe piegato davanti all’autorità congiunta della corona e della mitra. Invece furono testimoni della completa sconfitta dei suoi avversari. Il Parlamento, scosso dagli appelli di Wycliffe, respinse il decreto e il riformatore fu nuovamente libero. GC 77.1

Una terza volta egli fu citato davanti al supremo tribunale ecclesiastico del regno. In questa sede l’eresia non aveva possibilità di difesa. Roma, finalmente, avrebbe trionfato e l’opera del riformatore sarebbe stata definitivamente bloccata: questo era ciò che pensava il clero. Se tale progetto si fosse attuato, Wycliffe sarebbe stato costretto ad abiurare, oppure avrebbe lasciato quella corte giudiziaria per salire sul patibolo. GC 77.2

Wycliffe, però, non ritrattò. Ripeté con fermezza i suoi insegnamenti e respinse le accuse dei suoi persecutori. Dimenticando la propria persona e la propria posizione, chiamò i suoi uditori in giudizio davanti al tribunale divino e pesò i loro sofismi e i loro inganni sulla bilancia della verità eterna. In quell’aula di giustizia si sentì la potenza dello Spirito Santo. I presenti, quasi paralizzati dalla potenza di Dio, sembravano inchiodati ai loro posti. Simili a dardi scoccati dall’Onnipotente, le parole del riformatore colpirono i loro cuori. L’accusa di eresia, formulata contro di lui, si ritorse contro gli stessi accusatori. Perché osavano diffondere i loro errori? Per amore del guadagno, per vendere la grazia di Dio? GC 77.3

“Contro chi pensate di lottare?” concluse. “Contro un vecchio ormai sull’orlo della fossa? No! Voi lottate contro la verità che è più forte di voi e che trionferà su voi”.9 Così dicendo, lasciò l’assemblea senza che nessuno dei suoi avversari cercasse di impedirglielo. GC 77.4

L’opera di Wycliffe era ormai quasi compiuta ed egli stava per deporre la bandiera della verità sventolata così a lungo, ma ancora una volta doveva rendere testimonianza al Vangelo. La verità doveva essere proclamata dalla stessa roccaforte del regno dell’errore. Wycliffe fu invitato a presentarsi davanti al tribunale papale di Roma, che tanto spesso aveva sparso il sangue dei santi. Egli non si faceva illusioni circa i pericoli che lo minacciavano, ma era deciso a rispondere all’invito. Una paralisi rese impossibile il viaggio, ma se non poteva far udire la sua voce a Roma, poteva scrivere e decise di farlo. Dal suo rettorato di Lutterworth inviò al papa una lettera, rispettosa e cristiana nello spirito, ma in cui condannava la pompa e l’orgoglio della curia romana. GC 77.5

“È per me una gioia” diceva “far conoscere a tutti, e soprattutto al vescovo di Roma, la fede che professo. Poiché io la ritengo corretta e giusta, stimo che egli sarà lieto di accettarla o, qualora essa risultasse errata, di correggerla. GC 78.1

Io credo che il Vangelo del Cristo racchiuda tutta la legge di Dio... Credo che il vescovo di Roma, in quanto vicario del Cristo sulla terra, sia costretto più di qualunque altro uomo a sottomettersi alla legge del Vangelo, tanto più che fra i discepoli di Gesù la grandezza non consiste nella dignità e negli onori del mondo, ma nella fedele imitazione della vita e del carattere di Gesù... Egli durante il suo pellegrinaggio sulla terra fu il più povero fra gli uomini e respinse ogni onore e potere terreno. GC 78.2

Nessun uomo fedele dovrebbe seguire il papa o uno dei santi, se non nella misura in cui, a loro volta, essi seguano l’esempio del Signore Gesù Cristo. Pietro e i figli di Zebedeo, desiderosi degli onori di questa terra, si dimostrarono ben lontani dallo spirito del Maestro e quindi non possono e non devono essere imitati in questi errori... GC 78.3

Il papa dovrebbe lasciare alle potenze secolari ogni autorità di carattere temporale e in tal senso esortare e dirigere il clero. Così fece Gesù e così fecero i suoi apostoli. Del resto, se io ho sbagliato in uno di questi punti, molto umilmente mi sottometterò alla correzione e se occorre anche alla morte. Se potessi agire secondo la mia volontà e seguire il mio desiderio, vorrei presentarmi personalmente davanti al vescovo di Roma, ma purtroppo il Signore ha disposto altrimenti e mi ha insegnato che conviene ubbidire a lui anziché agli uomini”. GC 78.4

Concludendo, disse: “Preghiamo che Dio agisca sul cuore del nostro pontefice Urbano VI, come ha già cominciato a fare, affinché egli insieme con il suo clero possa seguire il Signore Gesù Cristo, sia nella vita sia nell’insegnamento, affinché il popolo venga ammaestrato e tutti possano seguire fedelmente l’esempio del divino Maestro”.10 GC 78.5

In tal modo Wycliffe presentò al papa e ai suoi cardinali la mansuetudine e l’umiltà del Cristo mostrando non solo a loro, ma a tutto il mondo cristiano, il contrasto esistente fra loro e il Maestro, che pretendevano di rappresentare. GC 78.6

Wycliffe era convinto che la sua vita sarebbe stata il premio della sua fedeltà. Il re, il papa e i vescovi, invece, erano unanimi nell’idea di condannarlo; secondo le previsioni, solo pochi mesi lo separavano dal rogo. Ma il suo coraggio era incrollabile. “Perché parlate di cercare lontano la corona del martirio?” diceva. “Predicate il Vangelo del Cristo agli alti prelati e il martirio non vi mancherà. Che cosa? Dovrei vivere e tacere?... Mai! Che la spada colpisca: io aspetto!”11 Dio però, proteggeva ancora il riformatore. L’uomo che per tutta la vita aveva difeso strenuamente la verità, che era stato esposto quotidianamente al pericolo della morte, non doveva rimanere vittima dell’odio dei suoi nemici. Wycliffe non aveva mai cercato di proteggersi, ma il Signore era sempre stato il suo scudo. Mentre i suoi avversari erano certi di potersi impadronire di lui, Dio lo sottrasse alle loro insidie. Nella sua chiesa di Lutterworth mentre stava per celebrare il rito della Santa Cena, Wycliffe cadde, colpito da una paralisi e dopo non molto tempo morì. GC 79.1

Dio aveva assegnato a Wycliffe un incarico particolare: aveva messo la Parola della verità sulla sua bocca e innalzato una barriera di protezione intorno a lui, affinché la Parola ispirata giungesse al popolo. La vita del riformatore fu salvaguardata e la sua attività prolungata per permettergli di gettare le basi della grande opera della Riforma. GC 79.2

Wycliffe usciva dalle tenebre del medioevo. Non aveva avuto nessun predecessore che gli indicasse i metodi della Riforma. Suscitato, come Giovanni Battista, per compiere una missione speciale, egli fu il fondatore di una nuova era. Nelle verità da lui proclamate, si notavano un’unità e una completezza che non furono superate neppure cento anni dopo. Il fondamento gettato era così ampio e profondo, la struttura talmente salda e chiara che i successori non ebbero bisogno di ricominciare. GC 79.3

Il grande movimento inaugurato da Wycliffe, che consisteva nel liberare la coscienza e l’intelletto e le stesse nazioni così a lungo legate alla sorte di Roma, trovò il suo fondamento nella Bibbia. Essa fu la sorgente di quel fiume di benedizioni che, simile all’acqua della vita, fluì attraverso il tempo a partire dal XIV secolo. Wycliffe accettò le Sacre Scritture come rivelazione della volontà di Dio e regola di fede e di condotta. Egli era stato abituato a considerare la chiesa di Roma come autorità divina e infallibile e ad accettarne con assoluto rispetto gli insegnamenti e le usanze stabiliti da migliaia di anni. Eppure ebbe la forza di distaccarsene per ascoltare e seguire la Parola di Dio, che costituiva l’autorità che raccomandò di riconoscere. Egli dichiarò che l’unica e vera autorità non è quella della chiesa che parla mediante il papa, ma la voce di Dio che si fa sentire tramite la sua Parola. Egli insegnava non solo che la Bibbia è la perfetta rivelazione della volontà dell’Eterno, ma che lo Spirito Santo ne è l’unico interprete. Inoltre affermava che ogni uomo deve conoscere quale sia il proprio dovere, con un attento e personale studio della Sacra Scrittura. Distolse così le menti degli uomini dal papa e dalla chiesa di Roma per rivolgerle alla Parola di Dio. GC 79.4

Wycliffe fu uno dei più grandi riformatori. Per la forza del suo spirito, per la lucidità del suo pensiero, per la fermezza nel sostenere la verità, per la franchezza nel difenderla, ben pochi furono pari a lui. Purezza di vita, inalterata applicazione allo studio e al lavoro, integrità assoluta, bontà cristiana, fedeltà nel ministero: queste furono le caratteristiche del primo riformatore. Tutto ciò, nonostante la grettezza mentale e la corruzione morale del suo tempo. GC 80.1

La vita di Wycliffe è una testimonianza della potenza educatrice delle Sacre Scritture. Fu trasformato dalla Bibbia. Lo sforzo compiuto per comprendere le grandi verità della rivelazione infonde nuova forza e freschezza alle facoltà umane, contribuisce a sviluppare l’apertura mentale, ad affinare le percezioni psichiche e a far maturare la capacità di giudizio. Lo studio della Bibbia nobilita il pensiero, i sentimenti e le aspirazioni come nessun altro studio può fare. Esso ispira perseveranza, pazienza e coraggio: affina il carattere e santifica l’anima. Uno studio sincero delle Scritture ci mette in contatto con lo Spirito di Dio e potrebbe assicurare al mondo uomini dotati di una intelligenza più viva e acuta, di princìpi più nobili, più di quanto non possa derivare dalla migliore educazione impartita dalla filosofia umana. “La dichiarazione delle tue parole illumina; dà intelletto ai semplici”. Salmi 119:130. GC 80.2

Le dottrine insegnate da Wycliffe continuarono a diffondersi per un certo periodo di tempo. I suoi discepoli, conosciuti come wicliffiani e lollardi, non solo attraversarono l’Inghilterra, ma raggiunsero anche altre terre, diffondendo ovunque la conoscenza del Vangelo. Con rinnovato zelo, dopo la morte del loro maestro, essi si impegnarono per diffondere il messaggio e tanti si riunirono per ascoltare il loro insegnamento. Fra i convertiti c’erano persone della nobiltà e perfino la moglie del re. In molti luoghi ci fu una profonda riforma nelle abitudini del popolo e vennero rimossi dalle chiese i simboli idolatrici del papato. Ben presto, però, la spietata tempesta della persecuzione si abbatté su chi aveva avuto il coraggio di accettare la Bibbia come guida. I sovrani inglesi, desiderosi di rafforzare il loro potere assicurandosi l’appoggio di Roma, non esitarono a sacrificare i riformatori. Per la prima volta nella storia dell’Inghilterra venne decretato il rogo contro i discepoli del Vangelo. I martiri si moltiplicavano. I difensori della verità, proscritti e torturati, potevano solo rivolgersi al Signore degli eserciti. Braccati come nemici della chiesa e traditori del regno, continuarono a predicare segretamente trovando rifugio nelle umili abitazioni dei poveri e spesso nascondendosi nelle caverne e nelle spelonche. GC 80.3

Nonostante l’infuriare della persecuzione, si affermò nel corso dei secoli una pia, sincera e paziente protesta contro la dilagante corruzione della fede religiosa. I cristiani di quell’epoca avevano solo una conoscenza parziale della verità, però avevano imparato ad amare Dio e a ubbidire alla sua Parola. Per essa soffrivano pazientemente e come i discepoli dei tempi apostolici, molti di loro sacrificarono i propri beni terreni per l’opera del Cristo. Chi poteva ancora vivere nella propria casa, era lieto di ospitare i fratelli perseguitati. Quando, poi, anche loro erano costretti a fuggire, ne accettavano volentieri le conseguenze. GC 81.1

Purtroppo molti, terrorizzati dall’imperversare delle persecuzioni, comperavano la propria libertà rinunciando alla propria fede e lasciavano il carcere indossando l’abito del penitente perché così fosse resa pubblica la loro abiura. Ma tanti seppero testimoniare coraggiosamente della verità, in oscure celle, nelle “Torri dei lollardi”, in mezzo alle torture e alle fiamme, lieti di essere considerati degni di partecipare alle sofferenze del Cristo. Fra loro c’erano uomini nobili e di umili origini. GC 81.2

I sostenitori del papa non erano riusciti a realizzare i loro obiettivi durante la vita di Wycliffe e il loro odio non poteva essere placato fintanto che il corpo del riformatore giaceva tranquillamente nella tomba. Perciò con decreto del concilio di Costanza, oltre quarant’anni dopo la sua morte, le ossa di Wycliffe furono esumate e date pubblicamente alle fiamme. Le ceneri vennero gettate nel vicino ruscello. “Quel ruscello” dice un antico scrittore “trasportò le ceneri nell’Avon. L’Avon, a sua volta, le depose nel Severn; il Severn le portò al mare e il mare le consegnò all’oceano sconfinato. Così le ceneri di Wycliffe sono l’emblema della sua dottrina ora diffusa in tutto il mondo”.12 I suoi nemici non si resero conto del significato del loro gesto malvagio. GC 81.3

Grazie agli scritti di Wycliffe, Jan Hus di Boemia fu indotto a rinunciare agli errori del papato e a schierarsi dalla parte della Riforma. Così in questi due paesi, tanto distanti fra loro, fu sparso il seme della verità. Dalla Boemia l’opera si estese ad altri paesi. Le menti venivano orientate verso la Parola di Dio, tanto a lungo trascurata. Dio stava preparando la via alla grande Riforma. GC 81.4