Il gran conflitto

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Capitolo 33: Il mistero dell’immortalità

L’umanità era ancora agli albori della sua storia quando Satana intraprese la sua azione per sedurla. Colui che aveva fomentato la ribellione in cielo, intendeva indurre anche gli abitanti della terra a unirsi nella sua lotta contro il governo di Dio. Adamo ed Eva, prima del peccato ubbidivano alla legge di Dio ed erano perfettamente felici; questo costituiva una costante testimonianza contro le pretese di Satana, secondo cui la legge di Dio era opprimente e contraria al bene delle sue creature. Inoltre, l’invidia di Satana si accese nel vedere il luogo magnifico che era stato preparato per ospitare la prima coppia. Egli decise allora di provocare la caduta dei nostri progenitori ed esercitare, così, il suo potere dopo averli separati dall’Eterno. Egli si immaginava che in questo modo sarebbe riuscito ad avere il dominio del mondo e a stabilirvi il suo regno in opposizione a quello dell’Altissimo. GC 416.1

Se Satana avesse rivelato la sua natura, sarebbe stato respinto immediatamente perché Adamo ed Eva erano stati avvertiti di questo nemico pericoloso; egli agì nell’ombra, nascondendo i suoi propositi per potere riuscire ad attuarli più efficacemente. Servendosi del serpente, che allora era un essere affascinante, parlò a Eva: “... “Come! Iddio v’ha detto: Non mangiate del frutto di tutti gli alberi del giardino?”” Genesi 3:1. Se Eva avesse evitato di dialogare con il tentatore, si sarebbe salvata, ma iniziò a parlare con lui e cadde vittima della sua astuzia. Anche oggi molti vengono ingannati. Dubitano, mettono in discussione la volontà di Dio e invece di ubbidire ai suoi ordini accettano quelle teorie umane che nascondono le insidie di Satana. GC 416.2

“E la donna rispose al serpente: “Del frutto degli alberi del giardino ne possiamo mangiare; ma del frutto dell’albero ch’è in mezzo al giardino Iddio ha detto: Non ne mangiate e non lo toccate, che non abbiate a morire”. E il serpente disse alla donna: “No, non morrete affatto; ma Iddio sa che nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri s’apriranno, e sarete come Dio, avendo la conoscenza del bene e del male””. Genesi 3:2-5. Egli dichiarò che essi sarebbero diventati simili a Dio, avrebbero posseduto una sapienza superiore e raggiunto un livello di esistenza più elevato. Eva cedette alla tentazione e indusse anche Adamo a peccare. Essi accettarono le parole del serpente secondo le quali Dio non intendeva fare ciò che aveva detto. Inoltre attribuirono al Creatore l’intenzione di voler limitare la loro libertà e ritennero di poter ottenere maggiore sapienza e trovare nuove sensazioni trasgredendo la sua legge. GC 416.3

Ma dopo il peccato, cosa significarono per Adamo le parole: “Nel giorno che tu ne mangerai, per certo morrai”? Pensò forse che volessero dire, secondo ciò che aveva fatto credere Satana, che egli era entrato in una sfera di esistenza superiore? In tal caso, dalla trasgressione sarebbe derivato un risultato positivo e Satana sarebbe apparso come il benefattore dell’umanità. Adamo, però, si rese conto che non era questo il significato di quelle parole. Dio aveva detto che in seguito a questo peccato, l’uomo sarebbe ritornato alla terra dalla quale era stato tratto: “...Sei polvere, e in polvere ritornerai”. Genesi 3:19. Le parole di Satana: “Gli occhi vostri s’apriranno” erano vere, ma solo in parte. Dopo che Adamo ed Eva ebbero disubbidito a Dio i loro occhi si aprirono e si resero conto della propria follia; sperimentarono il male e assaporarono l’amaro frutto della trasgressione. GC 417.1

In mezzo al giardino dell’Eden cresceva l’albero della vita, il cui frutto aveva il potere di perpetuare l’esistenza. Se Adamo fosse rimasto ubbidiente a Dio, avrebbe continuato ad avere libero accesso a quell’albero e sarebbe vissuto per sempre. Ma dopo il peccato, gli fu proibito di toccare l’albero della vita e divenne vittima della morte. La sentenza divina: “sei polvere, e in polvere ritornerai” indica la completa estinzione della vita. GC 417.2

Dopo la trasgressione, l’immortalità promessa all’uomo, a condizione della sua ubbidienza, era ormai compromessa. Adamo, ovviamente, non poteva trasmettere alla sua discendenza quello che non possedeva più; non ci sarebbe stata nessuna speranza per l’umanità caduta se Dio, con il sacrificio del proprio Figlio, non avesse permesso che l’immortalità fosse nuovamente alla sua portata. Mentre “...la morte è passata su tutti gli uomini, perché tutti hanno peccato...” il Cristo “...ha prodotto in luce la vita e l’immortalità mediante l’Evangelo”. Romani 5:12; 2 Timoteo 1:10. Solo tramite il Cristo si può conseguire l’immortalità. Gesù disse: “Chi crede nel Figliuolo ha vita eterna; ma chi rifiuta di credere al Figliuolo non vedrà la vita...” Giovanni 3:36. Ognuno può entrare in possesso di questa inestimabile benedizione se adempirà le condizioni necessarie. Tutti “...quelli che con la perseveranza nel bene oprare cercano gloria e onore e immortalità” riceveranno la “vita eterna”. Romani 2:7. GC 417.3

L’unico che promise ad Adamo la vita, nonostante la disubbidienza, fu il grande seduttore. La dichiarazione fatta dal serpente a Eva: “non morrete affatto”, fu il primo sermone sull’immortalità dell’anima. Quest’affermazione, pur basandosi unicamente sull’autorità di Satana, è ribadita dall’alto dei pulpiti cristiani ed è accettata dalla maggior parte degli uomini, con la stessa prontezza con la quale venne accolta dai nostri progenitori. La sentenza divina: “L’anima che pecca è quella che morrà...” (Ezechiele 18:20), viene trasformata in: “l’anima che avrà peccato non morrà, ma vivrà eternamente”. Non possiamo che meravigliarci della strana forma di infatuazione che porta gli uomini a credere alle parole di Satana e a dubitare di quelle di Dio. GC 417.4

Se l’uomo, dopo la caduta, avesse avuto libero accesso all’albero della vita, sarebbe vissuto per sempre e così il peccato sarebbe diventato eterno. Ma “i cherubini” con “una spada fiammeggiante” custodivano “la via dell’albero della vita” (Genesi 3:24) e a nessuno della famiglia di Adamo fu consentito di oltrepassare quella barriera e di toccare il frutto che dà la vita. Quindi nessun peccatore è immortale. GC 418.1

Dopo la caduta, Satana ordinò ai suoi angeli di impegnarsi in modo particolare per inculcare negli uomini la dottrina dell’immortalità dell’anima. Essi dovevano indurre la gente a credere che i malvagi sarebbero vissuti nelle sofferenze eterne. Tramite i suoi agenti, il principe delle tenebre presenta Dio come un tiranno vendicativo che getta nell’inferno tutti coloro che non gli sono graditi e fa loro subire in eterno la sua implacabile ira. Aggiunge inoltre che mentre essi soffrono pene indicibili e si contorcono nei tormenti eterni, il Creatore li osserva soddisfatto. GC 418.2

In questo modo l’acerrimo nemico attribuisce il proprio carattere al Creatore e benefattore dell’umanità. La crudeltà è satanica, mentre Dio è amore e fino a quando il peccato non venne introdotto dal primo grande ribelle, tutto ciò che egli aveva creato era puro, santo e buono. Il nemico è Satana, è lui che tenta l’uomo per indurlo a peccare poi, se possibile, distruggerlo; quando si è impadronito della sua vittima, esulta delle sue disgrazie. Se gli fosse permesso e, se Dio non si interponesse, egli attirerebbe l’intero genere umano nella sua trappola e nessun figlio o figlia di Adamo potrebbe sfuggirgli. GC 418.3

Satana, oggi, cerca di soggiogare gli uomini così come riuscì a illudere i nostri progenitori minando la loro fiducia nel Creatore e inducendoli a mettere in dubbio la saggezza del suo governo e la giustizia delle sue leggi. Per giustificare la loro malvagità e la loro ribellione. Satana e i suoi agenti presentano Dio nel modo peggiore. Il grande seduttore attribuisce al Padre celeste la crudeltà del proprio carattere per apparire vittima di una grande ingiustizia — l’espulsione dal cielo — perché non ha voluto sottomettersi a un governo ingiusto. Facendo credere agli uomini che essi, sotto la sua protezione, godranno di una libertà che si contrappone alla schiavitù imposta dai rigidi decreti divini, Satana riesce a sedurli e ad allontanarli da Dio. GC 418.4

Com’è ripugnante, per quei valori di amore, misericordia e giustizia in cui crediamo, la dottrina secondo la quale gli empi saranno tormentati, per i peccati commessi nel corso della loro breve esistenza, con il fuoco e con lo zolfo in un inferno il cui fuoco durerà finché Dio vivrà! Eppure questa dottrina è stata insegnata e fa ancora parte del “credo” di molte chiese cristiane. Un dotto professore di teologia ha affermato: “La vista dei tormenti infernali accrescerà la felicità dei santi in eterno. Quando essi vedranno altri, della loro stessa natura e nati nelle loro stesse circostanze, vittime di tale sofferenza, mentre essi godono di una sorte tanto diversa, comprenderanno meglio quanto sono felici!” Un altro ha detto: “Mentre il decreto di condanna viene eseguito in perpetuo su coloro che sono oggetto della collera di Dio, il fumo del loro tormento salirà eternamente davanti a coloro che beneficeranno della sua misericordia e, invece di provare pietà per quei miserabili, diranno: “Amen! Alleluia! Lodate il Signore!””. GC 419.1

Dove si trova questo insegnamento nella Parola di Dio? I redenti in cielo perderanno ogni sentimento di pietà, di compassione e di umanità? Queste virtù lascerebbero forse il posto all’indifferenza degli stoici e alla crudeltà dei selvaggi? No, non è questo l’insegnamento del Libro di Dio. Coloro che espongono idee simili, possono anche essere uomini dotti e onesti, ma sono stati ingannati dai sofismi di Satana. Egli li spinge a falsare certe espressioni delle Scritture e a dare al loro linguaggio il colore di quell’amarezza e di quella cattiveria che sono le sue caratteristiche e non quelle del Creatore. “...Com’è vero ch’io vivo, dice il Signore, l’Eterno, io non mi compiaccio della morte dell’empio, ma che l’empio si converta dalla sua via e viva; convertitevi, convertitevi dalle vostre vie malvage! E perché morreste?...” Ezechiele 33:11. GC 419.2

Quale vantaggio avrebbe Dio se noi ammettessimo che egli si compiace delle incessanti torture, che gode dei gemiti, delle grida di dolore e delle imprecazioni delle creature sofferenti che sono state condannate alle fiamme dell’inferno? Quei gemiti orribili sarebbero una musica per le orecchie di colui che è Amore infinito? Si sente affermare che, infliggendo agli empi una sofferenza senza fine, Dio manifesta il suo odio per il peccato, che è un male deleterio per la pace e per l’ordine dell’universo. Si tratta di un’affermazione blasfema, quasi che l’odio dell’Eterno per il peccato fosse un motivo sufficiente per perpetuarlo. Infatti, secondo l’insegnamento di alcuni teologi, la tortura eterna, senza speranza di misericordia, esaspera le vittime infelici che esprimendo il loro furore con maledizioni e bestemmie accrescono la portata della loro colpa. Perciò il perpetuarsi del peccato non dà gloria a Dio perché esso continuerebbe ad aumentare nell’eternità. GC 419.3

La mente umana non può valutare il male provocato dall’eresia dei tormenti eterni. La religione della Bibbia, che esprime amore, bontà e compassione, viene oscurata dalla superstizione e rivestita dal terrore. Quando si considera sotto quale falsa luce Satana abbia presentato il carattere di Dio, c’è forse da stupirsi che il nostro misericordioso Creatore, sia temuto e perfino odiato? Quelle terribili idee su Dio, che sono state diffuse nel mondo proprio dal pulpito, hanno prodotto migliaia, se non addirittura milioni di scettici e di increduli. GC 420.1

La teoria dei tormenti eterni è una delle false dottrine che costituiscono “il vino dell’abominazione di Babilonia, che è stato fatto bere alle nazioni”. Cfr. Apocalisse 14:8; Apocalisse 17:2. Come alcuni discepoli del Cristo abbiano potuto accettare questa eresia e proclamarla, è un mistero. Essi l’hanno ereditata da Roma, così come hanno ricevuto il falso giorno di riposo. È vero, che è stata insegnata da uomini eminenti per conoscenza e pietà, ma la verità su questo soggetto non era chiara per loro come oggi lo è per noi. Essi erano responsabili solo della conoscenza che avevano in quell’epoca, noi lo siamo di quella attuale. Se ci allontaniamo dalla testimonianza della Parola di Dio e accettiamo false dottrine, solo perché le insegnavano i nostri padri, cadremo sotto la condanna pronunciata su Babilonia, perché “beviamo del vino della sua fornicazione”. GC 420.2

Molti, che non accettano la dottrina dei tormenti eterni, giungono all’estremo opposto. Notano che le Scritture presentano Dio come un essere buono e misericordioso e non possono credere che egli abbandonerà le proprie creature nelle fiamme di un inferno che arde eternamente. Ritenendo che l’anima sia immortale per natura, non vedono altra alternativa se non quella della salvezza finale dell’intera umanità. GC 420.3

Essi credono che le minacce della Bibbia non saranno attuate, ma servono unicamente a spaventare la gente per indurla a ubbidire. Così il peccatore può vivere nel suo piacere egoistico, trascurando le esigenze divine e illudendosi che alla fine anche lui potrà godere del favore di Dio. Questa dottrina, che abusa della misericordia di Dio e ignora la sua giustizia, è gradita all’uomo legato alle sue passioni e incoraggia i malvagi a non vincere le proprie tendenze. GC 420.4

Per mostrare come i credenti nella salvezza universale distorcano le Scritture per sostenere i loro dogmi è sufficiente citare le loro stesse parole. Al funerale di un giovane ateo, vittima di un incidente, un pastore universalista scelse come base del suo sermone il passo seguente: “...Davide s’era consolato della morte di Amnon”. 2 Samuele 13:39. GC 421.1

“Mi sono spesso chiesto” disse l’oratore “quale sarà la sorte di coloro che lasciano questo mondo da peccatori sia in stato di ubriachezza, sia con le macchie del sangue del loro crimine sulle loro vesti o che, come questo giovane, muoiono senza alcuna esperienza religiosa. Rivolgiamoci alle Scritture: la loro risposta risolverà l’angoscioso dilemma. Amnon era un peccatore, non si era pentito, era ubriaco e venne ucciso in quello stato. Davide era un profeta di Dio, sapeva perciò se nell’altro mondo Amnon avrebbe gustato il bene o il male. Ebbene, quali parole espressero i sentimenti del suo cuore? “E l’ira del re Davide contro Absalom si calmò perché Davide s’era consolato della morte di Amnon””. 2 Samuele 39. GC 421.2

Da questo linguaggio, quale conclusione possiamo trarre? Che l’idea delle pene eterne non facesse parte delle sue convinzioni? Ecco un argomento in favore dell’ipotesi più gradita, più luminosa e consolante dell’ultimo e universale trionfo della purezza e della pace. Davide si consolò per il figlio morto perché con l’occhio profetico poté guardare nel glorioso futuro e vedere quel figlio, sottratto a ogni tentazione, liberato dal peccato, purificato dalla corruzione, santificato, illuminato e ammesso all’assemblea dei beati. L’unica consolazione del re era che, dopo aver lasciato lo stato attuale di peccato e di sofferenza, il caro figlio era andato là, dove i soavi effluvi dello Spirito Santo sarebbero stati riversati sul suo spirito insensibile, dove la sua mente sarebbe stata dischiusa alla sapienza del cielo, ai dolci trasporti dell’amore divino e reso idoneo, con una natura ormai santificata, a gustare il riposo e la gloria dell’eredità celeste. GC 421.3

Con questo vorrei dire che la salvezza celeste non dipende da ciò che possiamo fare in questa vita, sia che si tratti di un cambiamento del cuore, della fede o di una professione religiosa”. GC 421.4

Così un sedicente ministro di Gesù ripete la menzogna del serpente in Eden: “No, non morrete affatto... nel giorno che ne mangerete, gli occhi vostri s’apriranno, e sarete come Dio”. Egli dichiara che i peggiori peccatori, assassini, ladri, adulteri dopo la morte si preparano per poter entrare nel regno dei beati. GC 421.5

Ma questo manipolatore delle Scritture, da che cosa trae le sue conclusioni? Da una semplice frase che esprime la sottomissione di Davide ai decreti della provvidenza. La sua ira “contro Absalom si calmò perché Davide s’era consolato della morte di Amnon”. L’intensità del suo dolore con il tempo andò a poco a poco attenuandosi ed egli, allora, volse il suo pensiero dal figlio defunto al figlio vivo, andato volontariamente in esilio per sottrarsi alla giusta punizione del suo delitto. E questa sarebbe la prova che l’incestuoso ed ebbro Amnon alla morte fu immediatamente trasportato nella sfera degli eletti per esservi purificato e reso idoneo a vivere in compagnia degli angeli immacolati? Si tratta, a dire il vero, di una piacevole farsa ben architettata per appagare il cuore carnale. È una dottrina di Satana, ed egli se ne serve per realizzare i suoi piani. Possiamo, quindi, rimanere sorpresi se a causa di simili insegnamenti la malvagità aumenta? GC 421.6

Il metodo di questo falso insegnamento illustra quello di molti altri. Si stacca una dichiarazione della Scrittura dal suo contesto che, in molti casi, presenta un significato diametralmente opposto. Con questi passi isolati e falsificati si stabiliscono dottrine che non trovano nessun fondamento nella Parola di Dio. La testimonianza citata, come prova che l’ebbro Amnon è in cielo, è una deduzione contraddetta dall’esplicita e positiva affermazione delle Scritture, secondo cui nessun ubriaco potrà ereditare il regno di Dio. Cfr. 1 Corinzi 6:10. È così che gli increduli e gli scettici trasformano la verità in menzogna e tanti rimangono ingannati dai loro sofismi e si lasciano cullare da una falsa sicurezza. GC 422.1

Se fosse vero che tutte le anime andassero direttamente in cielo al momento del decesso allora potremmo desiderare la morte più della vita. Questa convinzione ha spinto molti a porre fine alla loro esistenza. Sopraffatti dalle difficoltà, dalle preoccupazioni e dalle delusioni, sembra così facile recidere il tenue legame con la vita per lanciarsi verso la felicità eterna! GC 422.2

Dio ha chiaramente affermato nella sua Parola che egli punirà i trasgressori della sua legge. Coloro che si lusingano all’idea che egli sia troppo misericordioso per esercitare la giustizia nei confronti del peccatore, devono solo guardare alla croce del Calvario. La morte dell’immacolato Figlio di Dio rende testimonianza al fatto che “...il salario del peccato è la morte...” (Romani 6:23) e che ogni violazione della legge di Dio dovrà ricevere la sua giusta retribuzione. Il Cristo, pur essendo senza peccato, divenne peccato per l’uomo. Egli portò su di sé la trasgressione e fu separato dal Padre: il suo cuore fu spezzato, la sua vita stroncata. Questo grande sacrificio fu permesso affinché i peccatori fossero redenti. In nessun altro modo l’uomo poteva essere liberato dal castigo del peccato. Ogni uomo che rifiuta di accettare l’espiazione, assicurata a un prezzo così elevato, dovrà sopportare il peso della colpa e sopportare la punizione della propria trasgressione. GC 422.3

Consideriamo quello che la Bibbia insegna a proposito dei malvagi e degli atei che gli universalisti collocano in cielo con gli angeli e i redenti. GC 423.1

“...A chi ha sete io darò gratuitamente della fonte dell’acqua della vita”. Apocalisse 21:6. Questa promessa è solo per coloro che hanno sete. Solo coloro che sentono il bisogno dell’acqua della vita e che la cercano al di sopra di ogni altra cosa, la otterranno. “Chi vince erediterà queste cose; e io gli sarò Dio, ed egli mi sarà figliuolo”. Apocalisse 21:7. Anche qui è specificata la condizione: per poter ereditare è necessario resistere al peccato e vincerlo. GC 423.2

Tramite il profeta Isaia il Signore dichiara: “Ditelo che il giusto avrà del bene... Guai all’empio! male gl’incoglierà, perché gli sarà reso quel che le sue mani han fatto”. Isaia 3:10, 11. “Quantunque il peccatore faccia cento volte il male” dice l’autore dell’Ecclesiaste “e pur prolunghi i suoi giorni, pure io so che il bene è per quelli che temono Dio, che provan timore nel suo cospetto. Ma non v’è bene per l’empio...” Ecclesiaste 8:12, 13. Paolo afferma che il peccatore accumula “...un tesoro d’ira, per il giorno dell’ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere... Tribolazione e angoscia sopra ogni anima d’uomo che fa il male...” Romani 2:5, 6, 9. GC 423.3

“...Niun fornicatore o impuro, o avaro (che è un idolatra), ha eredità nel regno di Cristo e di Dio”. Efesini 5:5. “Procacciate pace con tutti e la santificazione senza la quale nessuno vedrà il Signore”. Ebrei 12:14. “Beati coloro che mettono in opera i comandamenti d’esso acciocché abbiano ragione nell’albero della vita, ed entrino per le porte nella città. Fuori i cani... e i fornicatori... e gli idolatri, e chiunque ama e commette falsità”. Apocalisse 22:14, 15 (Diodati). Dio ha rivelato agli uomini il suo carattere e il suo atteggiamento nei confronti del peccato: “...l’Iddio misericordioso e pietoso, lento all’ira, ricco in benignità e fedeltà, che conserva la sua benignità fino alla millesima generazione, che perdona l’iniquità, la trasgressione e il peccato ma non terrà il colpevole per innocente...” Esodo 34:6, 7. “L’Eterno... distruggerà tutti gli empi...” Salmi 145:20. “...I trasgressori saranno tutti quanti distrutti; la posterità degli empi sarà sterminata”. Salmi 37:38. La potenza e l’autorità del governo divino saranno esercitate per eliminare la ribellione, ma ogni manifestazione della sua giustizia sarà in tutto e per tutto coerente con il carattere di Dio, ricco di misericordia, di pazienza e di bontà. GC 423.4

Dio non forza la volontà e il giudizio di nessuno; non ama un’ubbidienza passiva, ma desidera che le sue creature lo amino perché è degno di essere amato e gli ubbidiscano come logica conseguenza di un intelligente apprezzamento della sua giustizia e della sua bontà. Tutti coloro che hanno un concetto esatto di queste qualità lo ameranno perché attratti dai sentimenti di ammirazione che ispira. GC 424.1

I princìpi di bontà, di misericordia e di amore che Gesù ha insegnato e manifestato nella sua vita, sono l’espressione della volontà e del carattere di Dio. Il Cristo insegnava solo quello che aveva ricevuto dal Padre. I princìpi del governo divino sono in perfetta armonia con l’ordine del Redentore: “...amate i vostri nemici...” Matteo 5:44. Quando Dio esercita la sua giustizia nei confronti degli empi, lo fa sia per il bene dell’universo sia per il bene di coloro che sono oggetto dei suoi giudizi. Egli vorrebbe renderli felici ma secondo le leggi del suo regno e la giustizia del suo carattere. Li circonda con le dimostrazioni del suo amore, fa loro conoscere le sue leggi e offre loro la sua misericordia, ma essi disprezzano il suo amore, annullano la sua legge e rifiutano la sua misericordia. Pur accettando costantemente i suoi doni, essi disonorano il Donatore, odiano Dio perché sanno che detesta i loro peccati. Sebbene il Signore sopporti la loro perversità, giungerà l’ora in cui il loro destino sarà deciso. Incatenerà a sé questi ribelli? Li costringerà a fare la sua volontà? GC 424.2

Quelli che hanno scelto Satana come loro capo e sono dominati dal suo potere non possono presentarsi davanti a Dio. L’orgoglio, l’inganno, l’immoralità e la crudeltà si sono ormai radicati nel loro carattere ed essi non potrebbero quindi entrare in cielo e vivere per sempre con coloro che sulla terra furono oggetto del loro disprezzo e del loro odio. La verità non piace al bugiardo; la mansuetudine non si addice all’orgoglioso, che è pieno di sé; la purezza non è accettata da chi è corrotto; l’amore disinteressato non attira l’egoista. E allora, quale fonte di gioia potrebbe offrire il cielo a chi è totalmente assorbito dagli interessi egoistici e terreni? GC 424.3

Coloro che sono vissuti in aperta ribellione contro Dio, potrebbero essere trasportati immediatamente in cielo, vedere la santità che vi regna; scoprire che ogni anima è piena di amore, che ogni volto risplende di gioia; udire un’incantevole musica che diffonde le sue note melodiose in onore di Dio e dell’Agnello, contemplare la luce che emana dal volto di colui che siede sul trono e che avvolge i redenti? Coloro che hanno il cuore gonfio di odio nei confronti di Dio, della verità e della santità potrebbero unirsi alle schiere celesti nei loro inni di lode? Potrebbero sopportare la gloria di Dio e dell’Agnello? Certamente no. Anni e anni di grazia sono stati loro accordati per prepararsi per il regno di Dio, ma essi non hanno mai orientato le loro menti verso ciò che è puro, non hanno mai imparato il linguaggio del cielo e ora è troppo tardi. Una vita di ribellione nei confronti di Dio li ha squalificati per il cielo. La purezza, la santità e la pace che vi regnano li tormenterebbero; la gloria di Dio sarebbe per loro come un fuoco consumante e desidererebbero allontanarsi da quel luogo santo. Invocherebbero addirittura la distruzione pur di potersi nascondere davanti a colui che è morto per la loro redenzione. Il destino dei malvagi è fissato dalla loro stessa scelta; la loro esclusione dal cielo è la conseguenza delle loro scelte e manifesta giustizia e misericordia da parte di Dio. GC 424.4

Come le acque del diluvio, così il fuoco del giorno del giudizio annuncia il verdetto di Dio: il malvagio è senza speranze perché non è disposto a sottomettersi all’autorità divina. La sua volontà si è abituata alla ribellione e quando la vita finisce è troppo tardi per cambiare il corso dei suoi pensieri e volgerli nella direzione opposta. È troppo tardi per passare dalla trasgressione all’ubbidienza e dall’odio all’amore. GC 425.1

Dio risparmiò la vita di Caino, l’omicida, per dare al mondo un’idea di quel che accadrebbe se permettesse al peccatore di vivere nella malvagità senza limiti. A causa dell’influsso esercitato dall’insegnamento e dall’esempio di Caino, molti dei suoi discendenti furono indotti al peccato, tanto che “...la malvagità degli uomini era grande sulla terra e... la terra era corrotta davanti a Dio; la terra era ripiena di violenza”. Genesi 6:5, 11. GC 425.2

Nella sua misericordia per il mondo, Dio fece morire gli empi al tempo di Noè. Nella sua misericordia distrusse i cittadini corrotti di Sodoma. Però, a causa del potere seduttore di Satana, i malvagi godono di simpatia e di ammirazione e riescono a trascinare anche altri alla ribellione. Questo si verificò al tempo di Caino e di Noè, ai giorni di Abramo e di Lot ed è così ancora oggi. Dio, alla fine, distruggerà tutti coloro che avranno rifiutato la sua grazia. GC 425.3

“...Il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù, nostro Signore”. Romani 6:23. La vita è l’eredità dei giusti, la morte quella degli empi. Mosè disse a Israele: “Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male”. Deuteronomio 30:15. La morte di cui si parla in questi passi non è quella che risulta dalla sentenza pronunciata nei confronti di Adamo e della quale l’intera umanità porta le conseguenze; si tratta della “morte seconda”, messa in parallelo con la vita eterna. GC 425.4

In seguito al peccato di Adamo, la morte si è trasmessa all’intero genere umano. Tutti gli uomini, indistintamente, scendono nella tomba e, grazie al piano della salvezza, tutti saranno risuscitati. “...Ci sarà una risurrezione de’ giusti e degli ingiusti”. Atti 24:15. “Poiché, come tutti muoiono in Adamo, così anche in Cristo saran tutti vivificati”. 1 Corinzi 15:22. Fra le due categorie di persone che ritornano in vita c’è, però, una distinzione: “...tutti quelli che son nei sepolcri, udranno la sua voce e ne verranno fuori: quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; e quelli che hanno operato male, in risurrezion di giudicio”. Giovanni 5:28, 29. Coloro che saranno ritenuti degni della risurrezione sono definiti beati e santi: “...Su loro non ha potestà la morte seconda...” Apocalisse 20:6. Chi, invece, non si è assicurato il perdono mediante il pentimento e la fede, subirà la pena della propria colpa: “il salario del peccato”. Il loro castigo “secondo le loro opere” varierà quanto a durata e intensità, ma per tutti si concluderà con la “morte seconda”. Dio, infatti, misericordioso e giusto, non potrebbe salvare il peccatore nelle sue trasgressioni; perciò lo priva di un’esistenza alla quale non ha diritto e di cui si è dimostrato indegno. Dice uno scrittore ispirato: “Ancora un poco e l’empio non sarà più; tu osserverai il suo luogo, ed egli non vi sarà più”. Salmi 37:10. E un altro dichiara che le nazioni “saranno come se non fossero mai state”. Abdia 16. Coperti d’infamia, essi scompaiono dimenticati per sempre. GC 426.1

Così sarà pronunciata la parola fine nei confronti del male, del dolore e della rovina che essi hanno provocato. Dice il salmista: “Tu hai sgridate le nazioni, hai distrutto l’empio, hai cancellato il loro nome in sempiterno. È finita per il nemico! Son rovine perpetue!...” Salmi 9:5, 6. Giovanni nell’Apocalisse contempla in visione l’eterna beatitudine degli eletti e ode un canto di lode universale che nessuna nota discorde può turbare. Ogni creatura in cielo e sulla terra glorifica Dio. Cfr. Apocalisse 5:13. Allora non ci saranno uomini dannati che bestemmieranno Dio perché vittime di un eterno tormento. Non ci saranno esseri immersi nel fuoco dell’inferno che mescoleranno i loro gemiti ai canti dei redenti. GC 426.2

La dottrina dello stato cosciente dei morti si basa sull’errore dell’immortalità naturale; essa, come quella delle pene eterne, è contraria all’insegnamento delle Scritture, ai dettami della ragione e ai nostri stessi sentimenti di umanità. Secondo la convinzione popolare, i giusti in cielo conoscono tutto ciò che accade sulla terra e in modo particolare quello che riguarda la vita dei loro amici rimasti quaggiù. Ma il defunto, potrebbe essere felice vedendo le difficoltà nelle quali si dibattono i vivi, i peccati commessi dai loro cari, il dolore, i disinganni, le angosce della loro vita? Di quale felicità celeste potrebbero godere coloro che seguono le vicende dei loro amici sulla terra? Come è brutto credere che appena l’alito vitale lascia il corpo, l’anima degli empi viene abbandonata alle fiamme dell’inferno! Che tortura devono provare coloro che vedono i loro amici non convertiti scendere nel sepolcro impreparati e quindi destinati a passare un’eternità di dolore e di peccato! Molti purtroppo hanno addirittura perso la ragione a questo pensiero così angosciante. GC 426.3

Ma che cosa dice la Parola di Dio a questo proposito? Davide afferma che nella morte l’uomo non è cosciente: “Il suo fiato se ne va, ed egli torna alla sua terra; in quel giorno periscono i suoi disegni”. Salmi 146:4. Salomone esprime lo stesso pensiero: “...i viventi sanno che morranno; ma i morti non sanno nulla... il loro amore come il loro odio e la loro invidia sono da lungo tempo periti, ed essi non hanno più né avranno mai alcuna parte in tutto quello che si fa sotto il sole... nel soggiorno de’ morti dove vai, non v’è più né lavoro, né pensiero, né scienza, né sapienza”. Ecclesiaste 9:5, 6, 10. GC 427.1

Quando, in risposta alla sua preghiera, la vita gli fu prolungata di quindici anni, il re Ezechia manifestò a Dio la propria gratitudine con un inno di lode. In questo canto, egli indica la ragione della sua allegrezza: “Poiché non è il soggiorno de’ morti che possa lodarti, non è la morte che ti possa celebrare; quei che scendon nella fossa non posson più sperare nella tua fedeltà. Il vivente, il vivente è quel che ti loda, come fo io quest’oggi”. Isaia 38:18, 19. La teologia popolare ci presenta i giusti morti, già in cielo nel soggiorno dei beati, mentre lodano Dio con labbra immortali. Ezechia, invece, non scorgeva nella morte questa gloriosa prospettiva e le sue parole confermano le dichiarazioni del salmista: “...nella morte non c’è memoria di te; chi ti celebrerà nel soggiorno de’ morti?” Salmi 6:5. “Non sono i morti che lodano l’Eterno, né alcuno di quelli che scendono nel luogo del silenzio”. Salmi 115:17. GC 427.2

Pietro, il giorno della Pentecoste, dichiarò a proposito del patriarca Davide: “...ch’egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al dì d’oggi fra noi... Poiché Davide non è salito in cielo...” Atti 2:29, 34. Il fatto che Davide rimanga nella tomba fino alla risurrezione prova che il giusto, al momento della morte, non va in cielo. È solo con la risurrezione e grazie alla risurrezione del Cristo che Davide, alla fine, potrà sedere alla destra di Dio. GC 427.3

Paolo disse: “...se i morti non risuscitano, neppur Cristo è risuscitato; e se Cristo non è risuscitato, vana è la vostra fede; voi siete ancora nei vostri peccati. Anche quelli che dormono in Cristo, son dunque periti”. 1 Corinzi 15:16-18. Se per quattromila anni i giusti fossero andati direttamente in cielo subito dopo la morte, Paolo non avrebbe potuto affermare che se non c’è risurrezione “quelli che dormono in Cristo sono dunque periti”. Infatti, non sarebbe necessaria nessuna risurrezione. GC 427.4

Il martire Tyndale, riferendosi allo stato dei morti dichiarò: “Lo confesso apertamente di non essere affatto persuaso che essi siano già nella gloria di cui godono il Cristo e i santi angeli di Dio. Questo non è per me un articolo di fede, perché se così fosse sarebbe inutile predicare la risurrezione della carne”.1 GC 428.1

È evidente che la speranza dell’eterna felicità subito dopo la morte ha fatto dimenticare quasi completamente la dottrina biblica della risurrezione. Questa tendenza fu notata da Adam Clarke il quale scrisse: “La dottrina della risurrezione era molto più importante per i primi cristiani di quanto non lo sia oggi. Per quale ragione? Gli apostoli vi insistevano costantemente ed esortavano i discepoli del Cristo ad essere diligenti, ubbidienti e lieti. Attualmente, i loro successori, la ricordano raramente! Così predicavano gli apostoli e così credevano i primi cristiani; così predichiamo noi e così credono oggi i nostri uditori. Nel Vangelo, nessun’altra dottrina è stata sottolineata con maggiore enfasi, ma nell’attuale sistema di predicazione non c’è dottrina che sia stata più trascurata”.2 GC 428.2

Perseverando in questa direzione la gloriosa verità della risurrezione ha finito per essere quasi completamente dimenticata dal mondo cristiano. Un autorevole scrittore religioso, commentando le parole di Paolo in 1 Tessalonicesi 4:13-18, dice: “Dal punto di vista pratico della consolazione, la dottrina dell’immortalità dei giusti si sostituisce all’incerta dottrina del secondo avvento del Signore. Per noi Gesù ritorna alla nostra morte: è questo che aspettiamo ed è per questo che noi vegliamo. I morti sono già nella gloria. Essi non devono aspettare la tromba del giudizio per entrare nell’eterna felicità”. GC 428.3

Quando stava per lasciare i suoi discepoli, il Cristo non disse loro che presto lo avrebbero raggiunto, ma: “...io vo a prepararvi un luogo; e quando sarò andato e v’avrò preparato un luogo, tornerò, e v’accoglierò presso di me...” Giovanni 14:2, 3. Paolo, a sua volta, dichiara che “...il Signore stesso, con potente grido, con voce d’arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e i morti in Cristo risusciteranno i primi; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo insiem con loro rapiti sulle nuvole, a incontrare il Signore nell’aria; e così saremo sempre col Signore”. Quindi aggiunge: “Consolatevi dunque gli uni gli altri con queste parole”. 1 Tessalonicesi 4:16-18. GC 428.4

Che contrasto fra queste espressioni di conforto e quelle del pastore universalista che abbiamo ricordato! Quest’ultimo consolava gli amici desolati dicendo loro che per quanto il defunto fosse stato un peccatore, esalando il suo ultimo respiro terreno, era stato accolto fra gli angeli. Paolo, al contrario, presenta ai fratelli la futura venuta del Signore, quando, infrante le catene del sepolcro, “i morti in Cristo” risorgeranno a vita eterna. GC 429.1

Prima che una persona possa entrare nel regno di Dio, il suo caso deve essere preso in considerazione; Dio stesso esamina il suo carattere e le sue azioni. Tutti saranno giudicati secondo quello che è scritto nei libri e riceveranno la ricompensa in base alle loro opere. Ascoltiamo le parole di Paolo: “(Dio)... ha fissato un giorno, nel quale giudicherà il mondo con giustizia, per mezzo dell’uomo ch’Egli ha stabilito; del che ha fatto fede a tutti, avendolo risuscitato dai morti”. Atti 17:31. L’apostolo dichiara esplicitamente che è stato fissato un tempo preciso, ancora futuro, per il giudizio del mondo. GC 429.2

Giuda parla dello stesso momento in questi termini: “...Egli ha serbato in catene eterne, nelle tenebre, per il giudicio del gran giorno, gli angeli che non serbarono la loro dignità primiera, ma lasciarono la loro propria dimora”. Cita poi le parole di Enoch: “...Ecco, il Signore è venuto con le sue sante miriadi per far giudicio contro tutti”. Giuda 6, 14. Giovanni dichiara: “...vidi i morti, grandi e piccoli, che stavan ritti davanti al trono; ed i libri furono aperti... e i morti furon giudicati dalle cose scritte nei libri...” Apocalisse 20:12. GC 429.3

Ma se i morti godono già della felicità del cielo, oppure sono tormentati dalle fiamme dell’inferno, che bisogno c’è di un giudizio futuro? Gli insegnamenti della Parola di Dio su questi punti così importanti non sono né oscuri né tanto meno contraddittori: essi possono essere compresi perfettamente. Ma quale uomo, non prevenuto, può vedere saggezza e giustizia in questa teoria popolare? I giusti, una volta che i loro casi saranno stati esaminati dal grande Giudice, riceveranno forse l’elogio: “Va bene, buono e fedel servitore... entra nella gioia del tuo Signore”, dopo essere stati alla presenza di Dio per lunghi secoli? I malvagi, a loro volta, sarebbero richiamati dal luogo del loro tormento per udire la sentenza del Giudice di tutta la terra: “...Andate via da me, maledetti, nel fuoco eterno”? Matteo 25:21, 41. No, sarebbe una beffa atroce, una deplorevole smentita della saggezza e della giustizia di Dio! GC 429.4

La teoria dell’immortalità dell’anima è una di quelle dottrine che Roma, attingendola dal paganesimo, ha inserito nella religione cristiana. Martin Lutero la classificò fra le “favole mostruose che fanno parte della “melma” delle decretali romane”.3 Commentando le parole di Salomone in Ecclesiaste, secondo le quali “i morti non sanno nulla”, il riformatore scriveva: “Un altro passo dove viene dimostrato che i morti non si rendono conto di nulla. Là [nella tomba] non c’è né dovere, né scienza, né conoscenza, né sapienza. Salomone ritiene che i morti dormano e non sentano nulla, non avendo nessuna nozione dei giorni e degli anni, quando si risveglieranno sembrerà loro di avere dormito solo un minuto”.4 In nessuna parte della Scrittura si legge che al momento della morte i giusti ricevono il loro premio o gli empi subiscono il loro castigo. I patriarchi e i profeti non hanno fatto nessuna affermazione del genere; il Cristo e gli apostoli non vi hanno alluso minimamente. La Bibbia insegna in modo esplicito che i morti non vanno immediatamente in cielo: dormono fino alla risurrezione. Cfr. 1 Tessalonicesi 4:14; Giobbe 14:10-12. Il giorno in cui “il cordone d’argento si stacca e il vaso d’oro si spezza” (cfr. Ecclesiaste 12:8) l’uomo non pensa più. Coloro che scendono nel sepolcro vivono nel silenzio e non partecipano a ciò che accade “sotto il sole”. Cfr. Ecclesiaste 9:6. Beato riposo per il giusto affaticato! Il tempo, lungo o breve che sia, per loro è solo un istante. Essi dormono e la tromba di Dio li sveglierà per la gloriosa immortalità. “...La tromba sonerà, e i morti risusciteranno incorruttibili... E quando questo corruttibile avrà rivestito incorruttibilità, e questo mortale avrà rivestito immortalità, allora sarà adempiuta la parola che è scritta: La morte è stata sommersa nella vittoria”. 1 Corinzi 15:52, 54. Scossi dal loro sonno essi riprenderanno il corso dei loro pensieri dove l’hanno lasciato. L’ultima sensazione era il terrore della morte e l’ultima impressione era stata quella di non poter resistere alla morte. Quando usciranno dal sepolcro, il loro primo pensiero sarà espresso da questo grido trionfante: “O morte, dov’è la tua vittoria?...” 1 Corinzi 15:55. GC 429.5