Il gran conflitto

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Capitolo 23: Il mistero del santuario

Il passo biblico che rappresenta il fondamento e la colonna portante della fede avventista è: “...Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato”. Daniele 8:14. Si tratta di parole familiari a tutti coloro che credono nel ritorno del Signore. Questa profezia era stata ripetuta dalle labbra di migliaia di persone come parola d’ordine della loro fede. Tutti erano convinti che dall’evento predetto dipendessero le migliori aspettative e le speranze più lusinghiere. Era stato dimostrato che quei giorni profetici sarebbero finiti nell’autunno del 1844 e gli avventisti, insieme al mondo cristiano, pensavano che la terra, o parte di essa, fosse il santuario. Ritenevano che la purificazione del santuario fosse la purificazione della terra con il fuoco dell’ultimo giorno e che ciò si sarebbe verificato in occasione del secondo avvento. Il Cristo doveva quindi ritornare sulla terra nel 1844. GC 321.1

Ma il tempo indicato era trascorso e il Signore non era venuto. I credenti sapevano che la Parola di Dio non può sbagliare; doveva quindi esserci un’inesattezza nella loro interpretazione della profezia. Ma in che cosa consisteva l’errore? Molti ritennero di poter risolvere il problema negando che i 2.300 giorni finivano nel 1844. Su cosa basavano la loro affermazione? Unicamente sul fatto che il Cristo non era ritornato quando essi lo aspettavano. Essi sostenevano che se i giorni profetici finivano nel 1844, Cristo sarebbe dovuto ritornare per purificare la terra con il fuoco; ma siccome non era venuto, l’adempimento della profezia non coincideva con questa data. GC 321.2

Accettare questa conclusione significava rinunciare al precedente calcolo dei periodi profetici. Si era già constatato che i 2.300 giorni iniziavano quando era entrato in vigore il decreto di Artaserse relativo alla restaurazione e alla ricostruzione di Gerusalemme, precisamente nell’autunno del 457 a.C. Prendendo questa data come punto di partenza vi era una perfetta armonia nell’adempimento di tutti gli eventi predetti per quel periodo in Daniele 9:25-27. Le 69 settimane, cioè i primi 483 anni di questo lungo periodo, conducevano fino alla venuta del Messia, dell’Unto: il battesimo di Gesù e la sua unzione da parte dello Spirito Santo nel 27 d.C. adempì la profezia. A metà della settantesima settimana il Messia doveva essere “soppresso”. Ebbene, tre anni e mezzo dopo il battesimo, Gesù venne crocifisso: era la primavera del 31 d.C. Le 70 settimane, o 490 anni, erano state riservate esclusivamente agli ebrei e alla fine di questo periodo la nazione ebraica sancì il rifiuto del Cristo con la persecuzione dei suoi discepoli. Allora gli apostoli si rivolsero ai pagani: era il 34 d.C. I primi 490 anni del periodo dei 2.300 anni erano finiti; ne rimanevano ancora 1.810. Partendo dall’anno 34, si arriva al 1844. “Poi” disse l’angelo “il santuario sarà purificato”. Tutti i particolari della profezia si erano adempiuti al momento previsto. GC 321.3

Con questo calcolo, tutto risultava chiaro e armonico ma nessun evento relativo alla purificazione del santuario si era verificato. Negare che quel periodo si era concluso in quella data, significava creare solo confusione e rinunciare a quelle posizioni che erano state stabilite in base ai chiari adempimenti della profezia. GC 322.1

Ma Dio, che aveva guidato il suo popolo nel grande movimento dell’avvento, la cui potenza e la cui gloria avevano accompagnato quest’opera, non avrebbe permesso che essa piombasse nella confusione e nella disperazione, per poi essere accusata di fanatismo ed esaltazione. Egli non avrebbe permesso che la sua Parola fosse velata dal dubbio e dall’incertezza. Sebbene molti rinunciassero al loro precedente calcolo dei periodi profetici e rinnegassero il movimento che ne era scaturito, altri non intendevano abbandonare quei punti di fede sostenuti sia dalle Scritture sia dalla testimonianza dello Spirito di Dio. Essi erano certi di avere adottato sani criteri di interpretazione nello studio delle profezie e pensavano fosse loro dovere restare fedeli alle verità acquisite e proseguire nell’indagine biblica. Rivolgendo a Dio fervide preghiere, riesaminarono le loro posizioni investigando le Scritture per scoprire quale fosse il loro errore. Non riscontrandone alcuno, si impegnarono per studiare più a fondo il tema del santuario. GC 322.2

Questo studio li fece giungere alla conclusione che non esistesse nessuna prova biblica per sostenere l’idea che la terra fosse il santuario. Nella Bibbia trovarono una spiegazione completa del santuario: la sua natura, la sua struttura e i suoi servizi. La testimonianza degli scrittori sacri era talmente chiara e dettagliata da non lasciare ombra di dubbio. L’apostolo Paolo nella sua epistola agli Ebrei afferma: “Or anche il primo patto avea delle norme per il culto e un santuario terreno. Infatti fu preparato un primo tabernacolo, nel quale si trovavano il candeliere, la tavola, e la presentazione de’ pani; e questo si chiamava il Luogo santo. E dietro la seconda cortina v’era il tabernacolo detto il Luogo santissimo, contenente un turibolo d’oro, e l’arca del patto, tutta ricoperta d’oro, nella quale si trovavano un vaso d’oro contenente la manna, la verga d’Aronne che era fiorita, e le tavole del patto. E sopra l’arca, i cherubini della gloria, che adombravano il propiziatorio”. Ebrei 9:1-5. GC 322.3

Il santuario a cui Paolo si riferisce era il tabernacolo costruito da Mosè, su invito di Dio, come dimora terrena dell’Altissimo. “E mi facciano un santuario perch’io abiti in mezzo a loro” (Esodo 25:8), fu l’ordine dato a Mosè mentre egli era sul monte con Dio. Gli israeliti vagarono nel deserto e quindi il santuario era stato fatto in modo da poter essere trasportato da un luogo all’altro. Si trattava, però, di una struttura molto bella. Le sue pareti erano fatte di tavole di legno rivestite d’oro e sistemate su basi d’argento. Il tetto era formato da una serie di strati sovrapposti: quello esterno era fatto di pelli, mentre quello interno era di lino fino, ricamato con figure di cherubini. Il tabernacolo propriamente detto, sistemato in mezzo al cortile, in cui c’era l’altare dei sacrifici, comprendeva due sezioni: il luogo santo e il luogo santissimo, separate da una ricca tenda, magnificamente ricamata, detta anche cortina. Una tenda simile chiudeva l’accesso alla prima sezione. GC 323.1

Nel luogo santo vi erano: il candeliere, a sud, con le sue sette lampade che illuminavano il santuario di giorno e di notte; a nord c’era la tavola dei pani di presentazione e davanti alla cortina che separava il luogo santo dal santissimo, c’era l’altare d’oro per l’incenso, da cui saliva quotidianamente una nuvola profumata che si univa alle preghiere d’Israele. GC 323.2

Nel luogo santissimo c’era l’arca, un cofano di legno pregiato rivestito d’oro, che conteneva due tavole di pietra sulle quali Dio aveva scritto la legge dei dieci comandamenti. Sopra l’arca, come coperchio del cofano sacro, c’era il propiziatorio: un magnifico oggetto artistico, sormontato da due cherubini, uno da ogni lato, tutto d’oro massiccio. In questa sezione del tabernacolo, fra i cherubini, si manifestava la presenza di Dio, velata da una nube di gloria. GC 323.3

Dopo che gli ebrei si furono stabiliti in Canaan, il tabernacolo venne sostituito dal tempio di Salomone che, sebbene fosse un edificio permanente e di dimensioni più grandi, conservava le stesse proporzioni ed era arredato nello stesso modo. Il santuario rimase sotto questa sua nuova forma, eccetto quando fu ridotto in rovina al tempo di Daniele, fino alla sua definitiva distruzione del 70 d.C., ad opera dei romani. GC 323.4

Questo è l’unico santuario che sia mai esistito sulla terra e di cui la Bibbia fornisce informazioni. Paolo lo chiama santuario del primo patto. Ma il nuovo patto non ha un santuario? GC 323.5

Nell’epistola agli Ebrei i credenti, assetati di verità, si resero conto che l’esistenza di un santuario del secondo, o nuovo patto, era implicita nelle parole di Paolo già citate: “Or anche il primo patto avea delle norme per il culto e un santuario terreno”. L’uso del vocabolo “anche” suggerisce l’idea che Paolo ha già parlato di questo santuario. Infatti all’inizio del capitolo precedente si legge: “Ora, il punto capitale delle cose che stiamo dicendo, è questo: che abbiamo un tal Sommo Sacerdote, che si è posto a sedere alla destra della Maestà nei cieli, ministro del santuario e del vero tabernacolo, che il Signore, e non un uomo, ha eretto”. Ebrei 8:1, 2. GC 324.1

Questo è il santuario del nuovo patto. Il santuario del primo patto fu costruito dall’uomo, da Mosè; questo (il secondo) è costruito non dall’uomo, ma dal Signore stesso. Nel primo santuario i sacerdoti svolgevano il loro servizio; nel secondo, il Cristo, il nostro Sommo Sacerdote, officia alla destra di Dio. Un santuario era sulla terra, l’altro è in cielo. GC 324.2

Inoltre, il tabernacolo costruito da Mosè era stato fatto in base a un modello. Il Signore gli disse: “Me lo farete in tutto e per tutto secondo il modello del tabernacolo e secondo il modello di tutti i suoi arredi, che io sto per mostrarti”. E affermò anche: “E vedi di fare ogni cosa secondo il modello che t’è stato mostrato sul monte”. Esodo 25:9, 40. Paolo dice che il primo tabernacolo “... è una figura per il tempo attuale, conformemente alla quale s’offron doni e sacrifici...” E aggiunge che i suoi luoghi santi erano “...cose raffiguranti quelle nei cieli...”; che i sacerdoti che offrivano doni secondo la legge servivano da “figura e ombra delle cose celesti...” e che “Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi”. Ebrei 9:9, 23; Ebrei 8:5; Ebrei 9:24. GC 324.3

Il santuario celeste dove il Cristo officia per noi è l’originale del santuario eretto da Mosè come copia. Dio aveva donato il suo Spirito ai costruttori del santuario terrestre, il cui genio artistico era un’espressione della sapienza divina. Le pareti erano d’oro massiccio e riflettevano in ogni direzione la luce delle sette lampade del candelabro d’oro. La tavola dei pani di presentazione e l’altare dell’incenso scintillavano come oro forbito. La ricca tenda che formava il soffitto, lavorata a disegni di angeli dipinti in blu, porpora e scarlatto, accresceva la bellezza della scena. Al di là della seconda cortina c’era la “Scekinah”, la manifestazione visibile della gloria di Dio, davanti alla quale nessuno, se non il sommo sacerdote, poteva presentarsi e vivere. GC 324.4

L’incomparabile splendore del santuario terrestre illustrava all’uomo la gloria del tempio celeste dove il Cristo, nostro precursore, officia in nostro favore davanti al trono di Dio. Questa è la dimora del Re dei re, nella quale “mille migliaia” lo servono e “diecimila miriadi” gli stanno davanti (cfr. Daniele 7:10); il tempio era pervaso dalla gloria del trono eterno dove i serafini, i suoi splendenti guardiani, si velano il volto in atto di adorazione. Le più sontuose costruzioni innalzate dagli uomini potevano solo trasmettere una pallida idea della sua grandiosità e della sua gloria. Le importanti verità relative al santuario celeste e alla grande opera che vi si svolgeva per la redenzione dell’uomo erano rivelate dal santuario terrestre e dai suoi servizi. GC 324.5

I luoghi santi del tempio celeste sono rappresentati dalle due sezioni del santuario terrestre. Quando l’apostolo Giovanni poté contemplare in visione il tempio di Dio in cielo vide che “...davanti al trono c’erano sette lampade ardenti...” Apocalisse 4:5. Vide anche un angelo che aveva “...un turibolo d’oro; e gli furon dati molti profumi affinché li unisse alle preghiere di tutti i santi sull’altare d’oro che era davanti al trono”. Apocalisse 8:3. Fu consentito al profeta di osservare la prima sezione del santuario celeste ed egli vide in essa “le sette lampade ardenti” e “l’altare d’oro”, rappresentati dal candelabro d’oro e dall’altare dell’incenso nel santuario terrestre. Poi “...il tempio di Dio che è nel cielo fu aperto...” (Apocalisse 11:19) ed egli poté scorgere, oltre il velo, il luogo santissimo. Egli vide l’arca del patto rappresentata dal cofano sacro costruito da Mosè per contenere la legge di Dio. GC 325.1

Studiando la Parola di Dio si trovarono le prove indiscutibili dell’esistenza di un santuario in cielo. Mosè fece il santuario in base al modello che gli era stato mostrato. Paolo sottolinea che quel modello era il vero santuario celeste e anche Giovanni testimonia di averlo visto in visione. GC 325.2

In questo tempio, dimora di Dio “...egli ha preparato il suo trono per il giudizio”. Salmi 9:7. Nel luogo santissimo c’è la sua legge, la norma di giustizia con la quale sarà giudicata tutta l’umanità. L’arca che contiene le tavole della legge è ricoperta dal propiziatorio, davanti al quale il Cristo presenta i meriti del suo sangue in favore dei peccatori. Viene così rappresentata, nel piano della redenzione umana, l’unione della giustizia con la misericordia. Solo la sapienza infinita poteva concepire questo equilibrio e solo l’infinita potenza poteva attuarla. Tutto ciò riempie il cielo di meraviglia e di adorazione. I cherubini del santuario terrestre, che guardavano riverenti il propiziatorio, rappresentavano l’interesse con cui le schiere celesti contemplano l’opera della redenzione. Quest’opera è il mistero della misericordia nel quale “...gli angeli desiderano riguardare bene addentro”. 1 Pietro 1:12. Essa rivela come Dio, pur rimanendo giusto, possa giustificare il peccatore pentito e riallacciare i suoi rapporti con l’umanità caduta; come il Cristo sia sceso nell’abisso della perdizione per strapparvi migliaia di esseri umani e rivestirli con gli abiti della sua giustizia affinché si uniscano agli angeli fedeli e siano introdotti alla presenza di Dio. GC 325.3

L’opera del Cristo, come intercessore dell’uomo è presentata nella profezia di Zaccaria, relativa a colui che viene chiamato “il Germoglio”. Questo profeta afferma: “...egli edificherà il tempio dell’Eterno, e porterà le insegne della gloria, e si assiderà e dominerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono, e vi sarà fra i due un consiglio di pace”. Zaccaria 6:12, 13. GC 326.1

“Egli edificherà il tempio dell’Eterno”. Con il suo sacrificio e con la sua mediazione, il Cristo è nello stesso tempo fondamento e costruttore della chiesa di Dio. L’apostolo Paolo lo indica come “...la pietra angolare, sulla quale l’edificio intero, ben collegato insieme, si va innalzando per essere un tempio santo nel Signore. Ed in lui voi pure entrate a far parte dell’edificio, che ha da servire da dimora a Dio per lo Spirito”. Efesini 2:20-22. GC 326.2

“Porterà le insegne della gloria”. A Cristo appartiene la gloria della redenzione dell’umanità e questo sarà il canto dei riscattati nell’eternità: “...A lui che ci ama, e ci ha liberati dai nostri peccati col suo sangue... siano la gloria e l’imperio nei secoli dei secoli”. Apocalisse 1:5, 6. GC 326.3

Egli “dominerà sul suo trono, sarà sacerdote sul suo trono”. Attualmente non è ancora sul “trono della sua gloria”, perché il regno non è stato ancora inaugurato. Solo quando sarà finita la sua opera di mediazione, Dio “...gli darà il trono di Davide, e il suo regno non avrà mai fine”. Luca 1:32, 33. Come sacerdote il Cristo è già seduto con il Padre sul suo trono. Cfr. Apocalisse 3:21. Sul trono insieme all’Eterno — colui che ha la vita in sé — c’è chi ha condiviso le nostre infermità e i nostri dolori; chi “...in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare” e che “...può soccorrere quelli che son tentati”; “...e se alcuno ha peccato, noi abbiamo un avvocato presso il Padre...” Cfr. Isaia 53:4; Ebrei 4:15; Ebrei 2:18; 1 Giovanni 2:1. La sua intercessione si fonda su un corpo trafitto e una vita integra. Le sue mani ferite, il suo costato squarciato, i suoi piedi martoriati intercedono in favore dell’uomo caduto, la cui redenzione fu acquisita a un prezzo infinito. GC 326.4

“Vi sarà fra i due un consiglio di pace”. L’amore del Padre, non meno di quello del Figlio, è la fonte della salvezza per l’umanità perduta. Gesù disse ai suoi discepoli, prima di lasciarli: “...e non vi dico che io pregherò il Padre per voi; poiché il Padre stesso vi ama...” Giovanni 16:26, 27. “Iddio riconciliava con sé il mondo in Cristo...” 2 Corinzi 5:19. Nell’opera sacerdotale di Gesù nel santuario celeste “...vi sarà fra i due un consiglio di pace”; perché “...Iddio ha tanto amato il mondo, che ha dato il suo unigenito Figliuolo, affinché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia vita eterna”. Giovanni 3:16. GC 326.5

La domanda: “Che cos’è il santuario?” trova una chiara risposta nelle Scritture. Il termine “santuario” usato nella Bibbia si riferisce innanzitutto al tabernacolo costruito da Mosè, modello delle realtà celesti; in secondo luogo si riferisce al vero tabernacolo in cielo, di cui quello terrestre era un esempio. Alla morte del Cristo si concluse il servizio simbolico cerimoniale. Il vero tabernacolo è in cielo e questo è il santuario del nuovo patto; poiché la profezia di Daniele 8:14 si è adempiuta in questa epoca, è ovvio che il santuario a cui essa si riferisce deve essere quello del nuovo patto. Infatti, alla fine dei 2.300 giorni, nel 1844, da secoli non esisteva più un santuario sulla terra. Quindi la profezia: “Fino a duemila trecento sere e mattine; poi il santuario sarà purificato” indica, senza ombra di dubbio, il santuario celeste. GC 327.1

Rimane da risolvere il quesito più importante: che cos’è la purificazione del santuario? L’Antico Testamento parla di una purificazione del santuario terrestre. Ma è possibile che in cielo vi sia qualcosa da purificare? In Ebrei 9 è presentata chiaramente sia la purificazione del santuario terrestre sia di quello celeste: “E secondo la legge, quasi ogni cosa è purificata con sangue; e senza spargimento di sangue non c’è remissione. Era dunque necessario che le cose raffiguranti quelle nei cieli fossero purificate con questi mezzi, [il sangue degli animali] ma le cose celesti stesse doveano esserlo con sacrifici più eccellenti di questi” (Ebrei 9:22, 23), cioè con il prezioso sangue del Cristo. GC 327.2

La purificazione sia nel servizio cerimoniale sia in quello reale doveva essere fatta con il sangue: nel primo con il sangue di animali, nel secondo con il sangue di Gesù. Paolo afferma che la purificazione deve essere fatta con il sangue, perché senza spargimento di sangue non c’è remissione. L’opera da compiere è proprio la remissione o rimozione del peccato. Ma in che modo il peccato può essere messo in rapporto con il santuario sia in cielo sia sulla terra? Lo si può comprendere riferendoci al servizio simbolico in quanto i sacerdoti, che officiavano sulla terra, servivano come “...figura e ombra delle cose celesti...” Ebrei 8:5. GC 327.3

L’opera del santuario terrestre si realizzava in due fasi: i sacerdoti officiavano ogni giorno nel luogo santo, mentre una volta all’anno il sommo sacerdote svolgeva una speciale opera di espiazione nel luogo santissimo per la purificazione del santuario. Ogni giorno il peccatore pentito portava la sua offerta alla porta del tabernacolo e, ponendo la mano sul capo della vittima, confessava i suoi peccati trasferendoli così, simbolicamente, da se stesso alla vittima innocente. L’animale poi veniva ucciso. “Senza spargimento di sangue” dice l’apostolo “non c’è remissione”. “...La vita della carne è nel sangue...” Levitico 17:11. La legge di Dio che era stata infranta esigeva la morte del trasgressore, e così il sangue, simbolo della vita del peccatore di cui la vittima portava la colpa, veniva introdotto dal sacerdote nel luogo santo e spruzzato davanti al velo dietro al quale vi era l’arca contenente la legge trasgredita dal peccatore. Con questa cerimonia il peccato, mediante il sangue, era trasferito simbolicamente nel santuario. In certi casi il sangue non veniva portato nel luogo santo e la carne della vittima espiatoria era mangiata dal sacerdote come Mosè aveva detto ai figli di Aaronne: “...l’Eterno ve l’ha dato perché portiate l’iniquità della raunanza...” Levitico 10:17. Le due cerimonie erano entrambe simbolo del trasferimento del peccato dal penitente al santuario. GC 327.4

Questa era l’opera che si svolgeva giorno dopo giorno, per tutto l’anno. I peccati d’Israele venivano così trasferiti nel santuario ed era quindi necessaria una cerimonia speciale per la loro rimozione. Dio ordinò che si facesse un’espiazione per ognuno dei due luoghi sacri: “Così farà l’espiazione per il santuario, a motivo delle impurità dei figliuoli d’Israele, delle loro trasgressioni e di tutti i loro peccati. Lo stesso farà per la tenda di convegno ch’è stabilita fra loro, in mezzo alle loro impurità”. Si doveva fare anche un’espiazione per l’altare dell’incenso per purificarlo “...a motivo delle impurità dei figliuoli d’Israele”. Levitico 16:16, 19. GC 328.1

Una volta all’anno, nel gran giorno dell’espiazione, il sommo sacerdote entrava nel luogo santissimo per la purificazione del santuario. Quest’opera completava il servizio dell’intero anno. In questo giorno solenne due capri venivano portati alla porta del tabernacolo e si tirava a sorte: “...per vedere qual de’ due debba essere dell’Eterno e quale di Azazel”. Levitico 16:8. Il capro sul quale era caduta la sorte per l’Eterno doveva essere ucciso come offerta per il peccato del popolo. Il sacerdote poi portava il suo sangue oltre il velo e lo spruzzava sul propiziatorio e davanti ad esso. Il sangue veniva spruzzato anche sull’altare dell’incenso che stava davanti al velo. GC 328.2

“Aaronne poserà ambedue le mani sul capo del capro vivo, confesserà sopra esso tutte le iniquità dei figliuoli d’Israele, tutte le loro trasgressioni, tutti i loro peccati, e li metterà sulla testa del capro; poi, per mano di un uomo incaricato di questo, lo manderà via nel deserto. E quel capro porterà su di sé tutte le loro iniquità in terra solitaria...” Levitico 16:21, 22. Il capro per Azazel non ritornava più nel campo d’Israele e l’uomo che lo aveva condotto lontano doveva lavarsi e lavare le proprie vesti con acqua prima di poter rientrare nell’accampamento. GC 328.3

L’intera cerimonia aveva lo scopo di far capire agli israeliti la santità di Dio e la sua avversione per il peccato; inoltre, essa doveva mostrare loro che non potevano entrare in contatto con il peccato senza contaminarsi. Ogni uomo, mentre si svolgeva quest’opera di espiazione, doveva fare un profondo esame di coscienza e pentirsi. Tutti gli affari dovevano essere interrotti e l’intera comunità d’Israele doveva trascorrere il giorno in solenne umiliazione davanti a Dio, con preghiera e digiuno. GC 329.1

Questa cerimonia ci insegna le importanti verità relative all’espiazione. Il sangue della vittima offerta dal peccatore non eliminava il suo peccato, era solo un mezzo per trasferirlo nel santuario. Con l’offerta del sangue il peccatore riconosceva l’autorità della legge, confessava le proprie colpe ed esprimeva il desiderio di ottenere il perdono mediante la fede nel Salvatore che sarebbe venuto, ma non era ancora del tutto prosciolto dalla condanna della legge. GC 329.2

Nel gran giorno dell’espiazione, il sommo sacerdote riceveva una vittima dalla comunità, entrava nel luogo santissimo con il sangue di questa offerta e lo spruzzava sul propiziatorio, direttamente sopra la legge per soddisfarne le esigenze. Poi, nella sua qualità di mediatore, prendeva i peccati su di sé e li portava fuori dal santuario; metteva le sue mani sul capo del capro per Azazel, confessava tutti i peccati d’Israele, trasferendoli simbolicamente da se stesso al capro che, a sua volta, li portava fuori dal campo. Tutte le trasgressioni del popolo erano allora considerate allontanate per sempre. GC 329.3

Era questa la cerimonia che veniva svolta come “figura e ombra delle cose celesti”. Quello che veniva fatto simbolicamente nel ministero del santuario terreno, viene fatto nella realtà, nel ministero del santuario celeste. Dopo la sua ascensione, il Salvatore ha iniziato la sua opera come Sommo Sacerdote. Dice Paolo: “...Cristo non è entrato in un santuario fatto con mano, figura del vero; ma nel cielo stesso, per comparire ora, al cospetto di Dio, per noi”. Ebrei 9:24. GC 329.4

Il ministero del sacerdote nel corso dell’anno, nella prima sezione del santuario, “al di là del velo” che serviva come porta di accesso e separava il luogo santo dal cortile esterno, rappresentava l’opera iniziata da Gesù in cielo dopo la sua ascensione. L’opera del sacerdote, nel suo servizio quotidiano, consisteva nel presentare davanti a Dio il sangue dell’offerta per il peccato e l’incenso che saliva dalle preghiere d’Israele. Nello stesso modo il Cristo presentò i meriti del proprio sangue davanti al Padre, in favore dei peccatori, e fece giungere fino a lui, con il prezioso profumo della sua giustizia, le preghiere dei credenti pentiti. Questa fu l’opera compiuta nella prima parte del santuario celeste. GC 329.5

È là che la fede dei discepoli di Gesù seguì il Salvatore quando egli scomparve dalla loro vista. È là che si accentrò la loro speranza. “...la quale noi teniamo” disse Paolo “qual àncora dell’anima, sicura e ferma e penetrante di là dalla cortina, dove Gesù è entrato per noi qual precursore, essendo divenuto Sommo Sacerdote in eterno...” (Ebrei 6:19, 20); “...non mediante il sangue di becchi e di vitelli, ma mediante il proprio sangue, è entrato una volta per sempre nel santuario, avendo acquistata una redenzione eterna”. Ebrei 9:12. GC 330.1

Per diciotto secoli quest’opera è stata svolta nella prima parte del santuario. Il Cristo, tramite il suo sacrificio, ha perorato la causa dei credenti pentiti e ha assicurato loro il perdono e l’accettazione del Padre, ma i loro peccati sono rimasti scritti nei libri. Come nel servizio simbolico alla fine dell’anno c’era un’opera di espiazione, così prima che l’opera del Cristo per la redenzione degli uomini sia completata, deve esserci un’opera di espiazione, per la rimozione dei peccati dal santuario. Quest’opera è iniziata alla fine dei 2.300 giorni. Allora, come era stato predetto dal profeta Daniele, il nostro Sommo Sacerdote è entrato nel luogo santissimo per compiere la parte finale della sua grande opera: la purificazione del santuario. GC 330.2

Come anticamente i peccati del popolo venivano deposti per fede sulla vittima espiatoria, e per mezzo del sangue trasferiti simbolicamente nel santuario terrestre, così nel nuovo patto i peccati di coloro che sono pentiti sono posti per fede sul Cristo e trasferiti nel santuario celeste. Come nella purificazione del santuario terrestre avveniva la rimozione dei peccati che lo avevano contaminato, così la purificazione del santuario celeste avviene con la rimozione o cancellazione dei peccati che vi sono stati registrati. Ma prima che questo possa essere effettuato in cielo devono essere esaminati i libri per stabilire chi, mediante il pentimento e la fede nel Cristo, può beneficiare della sua espiazione. GC 330.3

La purificazione del santuario comprende quindi una specie di inchiesta giudiziaria. Essa deve essere realizzata prima della venuta del Cristo per riscattare il suo popolo, perché quando verrà porterà la ricompensa “per rendere a ciascuno secondo che sarà l’opera sua”. Apocalisse 22:12. GC 330.4

Così coloro che camminavano nella luce della parola profetica si resero conto che il Cristo, alla fine dei 2.300 giorni, nel 1844, invece di tornare sulla terra era entrato nel luogo santissimo del santuario celeste per svolgervi la parte conclusiva dell’espiazione che doveva precedere il suo avvento. GC 331.1

Compresero anche, che mentre l’offerta per il peccato indicava il Cristo come sacrificio, il sommo sacerdote rappresentava il Cristo come mediatore e il capro per Azazel era il simbolo di Satana, l’autore del peccato, sul quale alla fine saranno deposti i peccati degli uomini sinceramente pentiti. Quando il sommo sacerdote, in virtù del sangue dell’offerta per il peccato, rimuoveva i peccati dal santuario, li deponeva sul capro per Azazel; così Gesù, che in virtù del proprio sangue rimuove i peccati del suo popolo dal santuario celeste, alla fine del suo ministero li deporrà su Satana che nell’esecuzione della sentenza del giudizio dovrà subire la pena finale. Il capro per Azazel veniva mandato via, in una zona deserta e non sarebbe più ritornato nella comunità d’Israele. Così Satana sarà cacciato per sempre dalla presenza di Dio e del suo popolo e sarà poi annientato nella distruzione finale del peccato e dei peccatori. GC 331.2