I tesori delle testimionianze 1

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Nel Getsemani

Mentre il Figlio di Dio si inginocchiava in preghiera nel giardino del Getsemani, l’angoscia del suo spirito faceva uscire dai suoi pori sudore simile a grosse gocce di sangue. I peccati del mondo gravavano su di lui: egli soffriva al posto dell’uomo come trasgressore della legge di suo Padre. Fu, quello, un momento di grandi tentazioni. La divina luce del Padre svaniva a poco a poco e lo lasciava in balìa delle tenebre. Il Cristo, nella sua angoscia, si accasciò al suolo: gli sembrava di vedere il volto adirato del Padre. Prendendo il calice della maledizione dalle mani dell’uomo, si accingeva a berlo per offrirgli, in cambio, quello della benedizione. Su di lui si sarebbe riversata l’ira divina che avrebbe dovuto abbattersi sulla creatura colpevole. Il misterioso calice tremava nella sua mano. TT1 156.1

Gesù, spesso, si era recato nel Getsemani con i suoi discepoli per meditare e per pregare. Tutti conoscevano quel sacro rifugio. Anche Giuda sapeva dove guidare la folla omicida per tradire Gesù e darlo nelle sue mani. Mai prima di allora il Salvatore si era recato in quel luogo con il cuore gonfio di dolore. Egli non fuggiva affatto davanti alla sofferenza fisica. Quando le sue labbra espressero quello che lo turbava disse agli apostoli: “...L’anima mia è oppressa da tristezza mortale; rimanete qui e vegliate meco”. Matteo 26:38. TT1 156.2

Lasciando i discepoli, si allontanò un po’, si gettò a terra e pregò. Il suo spirito era angosciato: “Padre mio, se è possibile, passi oltre da me questo calice! Ma pure, non come voglio io, ma come tu vuoi”. Matteo 26:39. I peccati di un mondo decaduto ricadevano su di lui e si sentiva sopraffatto. Il suo cuore era straziato dal sentimento dell’ira del Padre, conseguenza del peccato. Il suo dolore era tale che dalla fronte gli sgorgavano grosse gocce di sangue che scivolavano lungo le sue pallide guance e cadevano bagnando il suolo. TT1 156.3