La Storia Della Redenzione

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Capitolo 20—Le Spie E Il Lor Rapporto

Numeri 13:1-14 e 39

Il Signore comandò a Mosè di inviare uomini a esplorare il paese di Canaan. Egli ordinò che si scegliessero dodici rappresentanti tra i responsabili di ogni tribù, per costituire il corpo della spedizione. L’impresa richiese quaranta giorni, e non appena tornarono, si presentarono davanti a Mosè, ad Aaronne e a tutta la radunanza d’Israele. Tutti concordarono sul fatto che i frutti che avevano portato con sé erano la dimostrazione più evidente della prosperità della regione. Un grappolo d'uva era così grande che erano necessarie due persone per trasportarlo; inoltre avevano trovato fichi e melograni, che crescevano in abbondanza. SDR 109.1

Dopo la descrizione delle meravigliose ricchezze di Canaan, dieci dei dodici partecipanti alla spedizione parlarono a lungo delle difficoltà e dei rischi a cui gli israeliti si sarebbero esposti nell’intraprendere la conquista. La regione, infatti, era occupata da popoli numerosi e forti. Le città, grandi e fortificate, erano abitate da gente pronta a combattere; era impossibile conquistarle. Le spie aggiunsero di avere visto i giganti, discendenti di Anak; dunque, era inutile sperare di occupare Canaan. SDR 109.2

Mentre la gente ascoltava questo rapporto, ben presto i sentimenti degli ebrei mutarono completamente. Il coraggio e la fiducia erano scomparsi, furono sostituiti dal più vile sconforto non appena quei dieci membri del gruppo avevano manifestato il loro pessimismo. Nessuno pensò che lo stesso Dio che li aveva condotti così lontani dall’Egitto avrebbe potuto assicurare loro il possesso di quella terra. Ancora una volta, ricaddero nel loro vecchio errore: protestarono contro Mosè e Aronne. Questa, dunque, è la fine di tutte le nostre speranze — dicevano. Questa sarebbe la terra che avremmo dovuto possedere dopo un lungo viaggio sin dall'Egitto — si lamentarono. SDR 109.3

La delusione e la disperazione ebbero il sopravvento. Un gemito di angoscia si unì alle confuse voci di protesta. Caleb — una delle due spie che non aveva ancora preso la parola, comprese la gravità della situazione. Con grande coraggio difese l’operato di Dio e fece tutto ciò che era in suo potere per neutralizzare l’influsso negativo dei suoi compagni. Per un attimo, la folla tacque e ascoltò le sue parole. Caleb incoraggiò gli israeliti a non perdere le speranze; era ancora possibile conquistare Canaan. Nel suo discorso, egli non smentì il rapporto che già era stato fatto; certo, le mura delle città erano alte e i Cananei erano forti, ma Dio aveva promesso quella terra meravigliosa a Israele. “Saliamo pure e conquistiamo il paese” insistette Caleb, “poiché possiamo benissimo soggiogarlo”. Numeri 13:30. SDR 109.4

Ma le dieci spie che avevano parlato per prime lo interruppero, e descrissero gli ostacoli dell’impresa usando toni ancora più cupi di prima. “...Noi non siamo capaci di salire contro questo popolo” dichiararono, “perché è più forte di noi... Tutta la gente che vi abbiamo veduta, è gente d’alta statura; e v’abbiamo visto i giganti, figliuoli di Anak, della razza de’ giganti, rispetto ai quali ci pareva d’esser locuste; e tali parevamo a loro”. Numeri 13:32, 33 SDR 110.1