Volgi lo sguardo a Gesù

98/366

Aprile 7—Vedendo l’invisibile

“Per fede Mosè, divenuto adulto, rifiutò d’essere chiamato figlio della figlia di Faraone, scegliendo piuttosto d’essere maltrattato col popolo di Dio che di godere per breve tempo i piaceri del peccato, stimando il vituperio di Cristo ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto, perché aveva lo sguardo rivolto alla ricompensa”. Ebrei 11:24 -26 VG 105.1

Pensate alla vita di Mosè. Quanta resistenza e pazienza caratterizzarono la sua vita! Paolo nella sua epistola agli Ebrei, dice: “Perché rimase fermo come se vedesse Chi è invisibile” (Ebrei 11:27). Il carattere di Mosè non rivelò semplicemente resistenza passiva al male ma perseveranza in un corso di azioni ferme e conseguenti. Mantenne sempre davanti a sé il Signore, e Lui stendeva la sua mano destra per aiutarlo. Mosè ebbe un senso profondo della presenza di Dio. Vide Dio! Non solo guardò Cristo attraverso il tempo che doveva essere rivelato, ma vide Cristo che accompagnava in maniera speciale i figli d’Israele in tutti i loro viaggi. Dio era reale ed era presente nei suoi pensieri. Quando fu obbligato ad affrontare il pericolo, a sopportare insulti e a essere mal compreso a causa di Cristo, perseverò con pazienza e non prese contromisure. Mosè credette in Dio come in Qualcuno che lo avrebbe aiutato e di cui aveva bisogno. Dio era per lui un aiuto presente in ogni tempo di necessità. Abbiamo una fede morta e nominale, mentre ci manca una fiducia reale, una fede perseverante. Dio era per Mosè il rimuneratore di quelli che lo cercavano instancabilmente. Mosè stimava la ricompensa. Qui vi è un altro punto della fede che desideriamo studiare, e che se è introdotto nella vita e nell’esperienza di coloro che amano e temono Dio, li renderà capaci di sopportare le prove. Dio ricompenserà l’uomo di fede e obbediente. Mosè aveva piena fiducia in Dio perché aveva una fede corretta. Aveva bisogno dell’aiuto dell’Onnipotente, pregava per questo, credeva in questo e intesseva nell’esperienza della sua vita la convinzione che Dio lo stava guidando. In particolare credeva che Dio governasse la sua vita. Sapeva che il Signore gli aveva assegnato un’opera speciale e che l’avrebbe portata a termine per quanto gli fosse stato possibile. Ma sapeva che non poteva farcela senza l’aiuto di Dio, perché aveva a che fare con un popolo perverso. Sapeva che la presenza di Dio era sufficientemente forte da passare attraverso le situazioni più difficili che un uomo potesse sopportare. Poteva vedere e riconoscere Dio in ogni dettaglio della sua vita; sapeva che era sotto lo sguardo di un Dio che vede tutto, che pesa le azioni e prova i cuori. Contemplava Dio e credeva in Lui per ricevere la forza che gli permetteva di attraversare ogni forma di tentazione senza contaminarsi. Mosè non solamente pensava a Dio ma lo vedeva. Vedeva Gesù come suo Salvatore. Credeva che i meriti del Salvatore gli sarebbero stati imputati. La fede era in lui una realtà, non una congettura. Questo è il tipo di fede che necessitiamo, la fede che sopporterà la prova. VG 105.2

(Lettera 42, del 7 Aprile 1886, diretta al fratello Ramsey) VG 105.3