Parole di vita
Capitolo 22: Dire e fare
“Un uomo aveva due figliuoli; e venuto al primo, disse: Figliuolo, va, lavora oggi nella mia vigna. Ma egli, rispondendo, disse: Non voglio; pur nondimeno, poi appresso, ravvedutosi, vi andò. Poi, venuto al secondo, gli disse il simigliante. Ed egli, rispondendo, disse: Sì, lo farò, signore, e pur non vi andò. Qual de’ due fece il voler del padre? Essi gli dissero: Il primo”. Matteo 21:28-31 (Diodati). PV 184.1
Nel Sermone sulla Montagna Cristo dice: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno de’ cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è ne’ cieli”. Matteo 7:21. Non quello che diciamo ma quello che facciamo dimostra la nostra sincerità. Cristo non chiede infatti: “Che dite di singolare?”, bensì: “Che fate di singolare?” Matteo 5:47. E altrove Egli dice significativamente: “Se sapete queste cose, siete beati se le fate”. Giovanni 13:17. Le parole non servono a nulla se non sono accompagnate dai fatti: ecco la lezione della parabola dei due figli. PV 184.2
Cristo la raccontò poco tempo prima della morte, durante la sua ultima visita a Gerusalemme. Aveva scacciato fuori dal tempio compratori e venditori e la sua voce aveva parlato al loro cuore con la potenza di Dio. Stupiti e terrorizzati avevano obbedito al suo ordine senza opporre obiezioni o resistenza. PV 184.3
Quando si furono ripresi dallo spavento, i sacerdoti e gli anziani, ritornando al tempio, trovarono Cristo intento a guarire gli infermi ed i moribondi e sentivano voci di gioia e canti di lode. Nel tempio stesso i fanciulli che Gesù aveva guarito agitavano rami di palme cantando: “Osanna al Figlio di Davide!” Anche i più piccoli univano la loro voce al coro di lode elevato al grande Medico. Eppure tutto questo non bastava a vincere il pregiudizio e la gelosia di sacerdoti e anziani... PV 184.4
Il giorno dopo, mentre Cristo stava ammaestrando nel tempio, i capi dei sacerdoti e degli anziani gli si avvicinarono chiedendogli: “Con quale autorità fai tu queste cose? E chi t’ha data codesta autorità?” Matteo 21:23. PV 184.5
Questi uomini avevano avuto prove evidenti della potenza di Cristo. Mentre purificava il tempio avevano visto l’autorità celeste sul suo volto e non avevano potuto resistere alla forza delle sue parole; le sue meravigliose guarigioni erano poi un’ulteriore risposta alla loro domanda. Gesù aveva dato prove inoppugnabili della sua autorità, ma in fondo, ai suoi avversari non interessavano le prove. Essi volevano indurre piuttosto Gesù a proclamarsi il Messia per torcere le sue parole e sollevare il popolo contro di lui. Volevano annientare il suo ascendente e metterlo infine a morte. PV 185.1
Gesù sapeva che se non riconoscevano Dio in lui, né la dimostrazione del suo carattere divino nelle sue opere, ancora meno avrebbero creduto alla sua affermazione di essere il Cristo. Rispondendo Gesù elude la questione che essi volevano suscitare, e ritorce l’argomento contro loro stessi. PV 185.2
“Anch’io vi domanderò una cosa; e se voi mi rispondete, anch’io vi dirò con quale autorità faccio queste cose. Il battesimo di Giovanni, d’onde veniva? dal cielo o dagli uomini?” Matteo 21:24, 25. PV 185.3
I sacerdoti e gli anziani rimasero perplessi: “Ed essi ragionavano fra loro, dicendo: Se diciamo: Dal cielo, egli ci dirà: Perché dunque non gli credeste? E se diciamo: Dagli uomini, temiamo la moltitudine, perché tutti tengon Giovanni per profeta. Risposero dunque a Gesù, dicendo: Non lo sappiamo. E anch’egli disse loro: E neppur io vi dirò con quale autorità io fo queste cose”. Matteo 21:25-27. PV 185.4
“Non lo sappiamo”. Questa risposta era una pura menzogna, ma avendo capito in che imbroglio si erano cacciati, i sacerdoti fecero ricorso ad una affermazione falsa per trarsi d’impaccio. Giovanni Battista aveva reso testimonianza di colui la cui autorità essi mettevano ora in dubbio. Egli l’aveva annunciato esclamando: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo!” Giovanni 1:29. L’aveva battezzato, e dopo, mentre Gesù stava pregando, il cielo si aprì e lo Spirito di Dio discese su di lui in forma di colomba, mentre si udì una voce dal cielo che diceva: “Questo è il mio diletto Figliuolo nel quale mi son compiaciuto”. Matteo 3:17. PV 185.5
I capi e i sacerdoti ricordavano che Giovanni aveva ripetutamente sottolineato le profezie relative al Messia e ricordavano anche la scena del battesimo di Gesù, ma non ebbero il coraggio di ammettere che il battesimo di Giovanni proveniva dal cielo. Se in Giovanni avessero riconosciuto un profeta, come credevano pienamente, non avrebbero potuto negare la sua testimonianza, cioè che Gesù di Nazareth era il Figlio di Dio. D’altra parte non potevano nemmeno affermare che il battesimo di Giovanni proveniva dagli uomini in quanto il popolo lo riteneva un profeta. Ecco perché risposero: “Non lo sappiamo”. PV 186.1
A questo punto Cristo raccontò la parabola del padre e dei due figli. Quando il padre si rivolse al primo dicendogli: “Va, lavora oggi nella mia vigna”, egli rispose seccamente: “Non voglio”. Si rifiutò di obbedire e finì in una cattiva strada e in pessime compagnie. Ma in seguito si pentì e obbedì all’appello paterno. PV 186.2
Il padre impartì anche al secondo figlio l’ordine dì andare a lavorare nella vigna, e questi replicò: “Sì, lo farò, signore”, ma in realtà non andò. PV 186.3
In questa parabola il padre rappresenta Dio, la vigna la chiesa, i due figli rappresentano due diverse categorie di persone. Quello dei due che si rifiuta di obbedire all’ordine replicando: “Non voglio”, è un simbolo di quanti vivono apertamente nel peccato, senza simulare alcuna religiosità. Essi riconoscono apertamente di non volersi sottomettere al giogo delle restrizioni e dell’obbedienza che impone la legge, ma molti di loro in seguito si pentono e finiscono per seguire la vocazione divina. Quando Giovanni Battista rivolse a loro il messaggio evangelico: “Ravvedetevi, poiché il regno de’ cieli è vicino” (Matteo 3:2), essi si pentirono confessando i propri peccati. PV 186.4
Il figlio che aveva risposto: “Si, lo farò, signore”, e poi non era andato, rivelava il carattere dei Farisei. Come lui, i capi del popolo erano impenitenti e pieni di sé. Tutta la vita religiosa del popolo ebraico si era cristallizzata in una pura finzione. Allorché la voce di Dio aveva proclamato la sua legge sul Sinai, tutto il popolo aveva giurato obbedienza esclamando: “Sì, lo farò, signore”, ma poi non mantenne la promessa, e quando venne Cristo in persona a rivelargli il senso profondo della legge, lo respinse. Cristo aveva dato ai dirigenti del popolo prove più che sufficienti della sua autorità e potenza divina, ma pur essendo convinti non vollero accettare quelle prove. Cristo aveva messo in evidenza che essi continuavano a non credere perché non erano disposti a obbedire: “Avete annullata la parola di Dio a cagion della vostra tradizione... Ma invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che son precetti d’uomini”. Matteo 15:6, 9. PV 186.5
Alla conclusione della parabola Cristo chiese agli scribi e ai Farisei, ai sacerdoti e ai capi che si trovavano lì ad ascoltarlo: “Qual de’ due fece il voler del padre?” Senza esitare i Farisei risposero. “Il primo”. Non si resero conto di essersi condannati da soli. Tanto più li colpì la severa minaccia di Cristo: “Io vi dico in verità: I pubblicani e le meretrici vanno innanzi a voi nel regno di Dio. Poiché Giovanni è venuto a voi per la via della giustizia, e voi non gli avete creduto; ma i pubblicani e le meretrici gli hanno creduto; e voi, che avete veduto questo, neppur poi vi siete pentiti per credere a lui”. Matteo 21:31, 32. PV 187.1
Quando Giovanni Battista aveva cominciato a predicare la verità, numerosi peccatori, in seguito alla sua predicazione, si erano convinti e convertiti, e proprio loro avrebbero preceduto nel regno dei cieli quanti, pieni di sé, resistevano a quei solenni moniti. I pubblicani e le prostitute erano ignoranti, ma questi uomini colti conoscevano la via della verità e si rifiutavano di seguirla, cosicché la verità, che avrebbe dovuto condurli alla vita, si trasformò per loro in una sentenza di morte. I peccatori manifesti, che avevano ripugnanza di se stessi, avevano ricevuto il battesimo per mano dì Giovanni, mentre questi dotti personaggi erano talmente ipocriti e incalliti nel cuore da non riuscire più ad accogliere la verità. Resistevano all’influsso dello Spirito Santo e si rifiutavano di obbedire ai comandamenti di Dio. PV 187.2
Cristo non disse loro “voi non potete entrare nel regno dei cieli”, ma dimostrò che proprio loro creavano gli ostacoli che ne impedivano l’accesso. La porta era ancora aperta per i capi del popolo ebraico e l’invito era rivolto anche a loro. Cristo non nutriva desiderio più intenso che vedere la loro convinzione e conversione. PV 187.3
I sacerdoti e gli anziani d’Israele trascorrevano la vita intenti a celebrare cerimonie che ritenevano troppo sacre per mescolarle con gli affari secolari. La gente pensava perciò che la loro vita fosse interamente consacrata alla religione, ma in realtà essi ostentavano i loro riti per farsi vedere dagli altri ed essere considerati pii e devoti. Facevano mostra di obbedire ma in effetti rifiutavano ogni obbedienza a Dio. Non vivevano la verità che insegnavano. PV 188.1
Cristo definì Giovanni Battista uno dei più grandi profeti e ricordò ai suoi ascoltatori che avevano avuto prove a sufficienza che egli fosse un messaggero di Dio. Questo predicatore del deserto aveva parlato con grande autorità, annunciando il suo messaggio con indomito coraggio, denunciando apertamente i peccati dei sacerdoti e capi ed esigendo che facessero opere degne del regno dei cieli. Giovanni aveva segnalato il loro peccato consistente nell’aver ignorato l’autorità del Padre celeste e nell’essersi rifiutati di realizzare l’opera loro assegnata. Non scese a compromessi col peccato e in conseguenza molti abbandonarono l’ingiustizia. PV 188.2
Se la professione di fede dei capi religiosi ebraici fosse stata genuina, essi avrebbero accolto la testimonianza di Giovanni e accettato Gesù come Messia. Ma nella loro vita non si scorgeva né pentimento né giustizia, e così, proprio coloro che essi disprezzavano, stavano entrando nel regno di Dio prima di loro! PV 188.3
Il figlio che nella parabola dice: “Sì, lo farò, signore”, voleva apparire fedele e ubbidiente, ma il tempo dimostrò che era solo un’apparenza. Non amava veramente suo padre. Similmente i Farisei menavano gran vanto di una santità che, alla prova dei fatti, si rivelava inesistente! Quando conveniva loro pretendevano dagli altri un’osservanza molto puntigliosa della legge, ma quando si richiedeva obbedienza da loro, ricorrevano a mille cavilli per vanificare la forza dei comandamenti di Dio. Perciò Cristo mise in guardia da loro: “Non fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno”. Matteo 23:3. Non amavano veramente né Dio né il prossimo. Dio li chiamava a collaborare con lui per il bene del mondo, e loro accettavano il mandato a parole ma non facevano seguire i fatti. Confidavano in loro stessi ed erano gonfi della loro pietà; sfidavano i comandamenti di Dio rifiutandosi di eseguire il mandato divino. Ecco perché il Signore era in procinto di distogliersi da questo popolo disubbidiente. PV 188.4
La giustizia umana non ha niente a che fare con quella divina e chiunque vi fa affidamento dovrà sopportare un giorno le conseguenze del suo fatale errore. Anche oggi molti pretendono di osservare i Comandamenti di Dio, ma non hanno nel cuore l’amore divino che trabocca per gli altri. Cristo li chiama a collaborare con lui per la salvezza dell’umanità e loro si accontentano di rispondere “Sì, lo farò, signore”, ma poi non vanno. Non collaborano con quanti sono già al servizio di Dio, sono dei fannulloni. Come il figlio infedele, fanno a Dio solo vuote promesse. Entrando solennemente a far parte della chiesa, si sono impegnati ad obbedire alla Parola di Dio e a consacrare la propria vita al suo servizio, ma in realtà non pensano minimamente a farlo! Si professano figli di Dio ma con il loro modo di vivere e con il comportamento rinnegano questa relazione di parentela col Padre celeste. Dato che non sottomettono la volontà a Dio, tutta la loro vita è una bugia. PV 189.1
Sembrano mantenere la promessa di obbedienza al Signore finché questo non costa nulla, ma non appena ci vogliono sacrifici e rinunce, quando devono addossarsi la croce, si tirano subito indietro! Così il senso del dovere svanisce e si abituano sempre più a trasgredire consapevolmente i comandamenti divini. Odono forse con le orecchie la Parola di Dio, ma non riescono più a intenderla spiritualmente. Hanno un cuore indurito e una coscienza spenta. PV 189.2
Non illuderti: anche se non sei apertamente ostile a Cristo, non significa affatto che sei al suo servizio! In questo modo inganni solo te stesso. Possiamo lavorare contro Dio negandogli il tempo, i mezzi finanziari o gli altri doni che Egli ci ha dati perché li impiegassimo per lui. PV 189.3
Satana approfitta dell’apatia e della pigrizia sonnolenta dei sedicenti cristiani per serrare le file e guadagnare altri seguaci. Molti che s’illudono di essere dalla parte di Cristo pur non facendo niente per lui, danno in realtà una mano al nemico permettendogli di guadagnare terreno e di trarre vantaggio dalla situazione. Non collaborando diligentemente col Maestro, trascurando i propri doveri e le occasioni di parlare di lui, permettono a Satana di sopraffare uomini che altrimenti si potrebbero guadagnare per Cristo. PV 189.4
È impossibile salvarsi rimanendo indolenti e inattivi. Una persona veramente convertita non può vivere una vita inutile e sterile. Non si va in paradiso in carrozza e li non c’è posto per i fannulloni. Se non ci sforziamo vivamente di entrare, se non ci impegniamo a seguire le leggi del cielo, non saremo preparati ad entrarvi. Chi non vuole collaborare con Dio in terra, non vorrà collaborare con lui nemmeno in cielo, perciò sarebbe un’imprudenza accoglierlo lassù. PV 190.1
C’è più speranza per i pubblicani ed i peccatori che per quanti conoscono la Parola di Dio ma non le obbediscono! Chi si rende conto di non poter nascondere il proprio peccato di fronte a Dio e di essere corrotto corpo, anima e spirito, teme di trovarsi eternamente bandito dal regno dei cieli. Prendendo coscienza della propria infermità cerca soccorso dal grande Medico che ha detto: “Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori”. Giovanni 6:37. Sono queste le persone di cui il Signore può servirsi come operai per la sua vigna. PV 190.2
Cristo non condanna il figlio che in un primo momento rifiuta di obbedire all’ordine paterno, ma nemmeno lo loda particolarmente. Chi rifiuta di obbedire a Dio non merita alcuna lode. Questo tipo di franchezza non deve essere considerata una virtù! Quando si accompagna alla verità e ad un carattere santo, la franchezza fa di un uomo un intrepido testimone di Cristo, ma nella bocca del peccatore essa si trasforma in insulto e sfida e rasenta la bestemmia. Il fatto che un individuo non sia ipocrita non significa che non sia peccatore. Quando gli appelli dello Spirito Santo ci toccano il cuore, rispondiamo senza indugio. Quando ci giunge l’invito: “Va, lavora oggi nella mia vigna”, non respingiamolo. “Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori”. Ebrei 4:7. È pericoloso non obbedire subito: questo invito potrebbe non ripetersi più! PV 190.3
Nessuno si illuda che sia facile abbandonare peccati lungamente accarezzati. Non è cosi! Ogni peccato che si coltiva indebolisce il carattere fortifica la cattiva abitudine e finisce per provocare un decadimento fisico, mentale e morale. Anche se successivamente tu ti penti dell’errore commesso e ritorni sulla retta via, il modo di pensare e di vivere seguito finora e la tua familiarità con l’errore ti renderanno difficile la distinzione tra il bene ed il male. Approfittando delle tue abitudini sbagliate Satana tornerà ad assalirti ripetutamente. PV 190.4
La nostra sincerità si rivela nel momento in cui riceviamo l’ordine: “Va, lavora oggi nella mia vigna”. Risponderemo solo a parole o anche con i fatti? Impegneremo ogni nostra capacità per lavorare con fedeltà e disinteresse per il Proprietario della vigna? PV 191.1
L’apostolo Pietro ci insegna come fare: “Grazia e pace vi siano moltiplicate nella conoscenza di Dio e di Gesù nostro Signore. Poiché la sua potenza divina ci ha donate tutte le cose che appartengono alla vita e alla pietà mediante la conoscenza di Colui che ci ha chiamati mercé la propria gloria e virtù, per le quali Egli ci ha elargito le sue preziose e grandissime promesse onde per loro mezzo voi foste fatti partecipi della natura divina dopo essere fuggiti dalla corruzione che è nel mondo per via della concupiscenza, voi, per questa stessa ragione, mettendo in ciò dal canto vostro ogni premura, aggiungete alla fede vostra la virtù; alla virtù la conoscenza; alla conoscenza la continenza; alla continenza la pazienza; alla pazienza la pietà; alla pietà l’amor fraterno; e all’amor fraterno la carità”. 2 Pietro 1:2-7. PV 191.2
Se coltiviamo fedelmente la vigna della nostra anima Dio farà di noi i suoi collaboratori e avremo da assolvere un compito non solo per noi ma anche per gli altri. Assimilando la chiesa ad una vigna, Cristo non intende dire che dobbiamo limitare entro questo ambito il nostro campo di attività. Questa vigna deve piuttosto ampliarsi fino a raggiungere gli estremi confini della terra. E noi possiamo contribuire in questo senso insegnando agli altri a prendersi cura delle preziose viti man mano che riceviamo la conoscenza e la grazia di Dio. Dio si attende da noi una dimostrazione di fede, di carità e di pazienza e vuole vedere se approfittiamo di ogni privilegio spirituale per diventare valenti operai nella sua vigna ed entrare un giorno nel suo paradiso, il giardino d’Eden dal quale Adamo ed Eva furono espulsi per la loro trasgressione. PV 191.3
Dio è come un padre per il suo popolo e ha diritto quindi di aspettarsi un servizio fedele. Pensiamo alla vita di Cristo: pur essendo il principe dell’umanità ha servito il Padre, lasciandoci l’esempio di ciò che ogni figlio dovrebbe e potrebbe essere. Anche da noi oggi Dio esige che ubbidiamo come Cristo. Egli servì il Padre con amore, volontariamente e spontaneamente: “Dio mio, io prendo piacere a far la tua volontà, e la tua legge è dentro al mio cuore”. Salmi 40:8. Per lui nessun sacrificio era troppo grave, nessuna fatica troppo pesante pur di assolvere il suo mandato. A dodici anni ha detto: “Non sapevate voi ch’egli mi conviene attendere alle cose del Padre mio?” Luca 2:49 (Diodati). Aveva sentito la sua vocazione e si era messo all’opera: “Il mio cibo è di far la volontà di Colui che mi ha mandato, e di compire l’opera sua”. Giovanni 4:34. PV 192.1
Così dobbiamo servire Dio anche noi. Il vero servizio è perfetta obbedienza, e chi vuole essere figlio di Dio deve collaborare con lui, con Cristo e con gli angeli celesti. Ecco il banco di prova che attende tutti. Il Signore dice di coloro che lo servono fedelmente: “Essi saranno, nel giorno ch’io preparo, saranno la mia proprietà particolare, dice l’Eterno degli eserciti; e io li risparmierò, come uno risparmia il figlio che lo serve”. Malachia 3:17. PV 192.2
Il disegno di Dio è di provare gli uomini e di dare loro l’occasione di sviluppare un buon carattere. Egli li prova per vedere se obbediscono ai suoi comandamenti o no. Con le buone opere non acquistiamo l’amore di Dio, ma dimostriamo di possedere questo amore. Se gli consacriamo la nostra volontà, non faremo delle opere buone per guadagnarci il suo amore, piuttosto Egli ci donerà gratuitamente il suo amore che ci spingerà ad obbedire con gioia ai suoi comandamenti. PV 192.3
Ci sono oggi solo due classi di persone, e ce ne saranno solo due nel giorno del giudizio: una viola la legge di Dio, l’altra le obbedisce. Cristo ci fornisce il banco di prova per esaminare se siamo fedeli o no: “Se voi mi amate, osserverete i miei comandamenti... Chi ha i miei comandamenti e li osserva, quello mi ama; e chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io l’amerò e mi manifesterò a lui... Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato”. Giovanni 14:15-24. “Se osservate i miei comandamenti, dimorerete nel mio amore; com’io ho osservato i comandamenti del Padre mio, e dimoro nel suo amore”. Giovanni 15:10. PV 192.4