Parole di vita
Capitolo 16: La riabilitazione dell’uomo
Le parabole della pecorella smarrita, della dramma perduta e del figliuol prodigo illustrano, in modi diversi, la pietà e l’amore di Dio per coloro che si smarriscono. Sebbene si siano allontanati da lui, Egli non li abbandona nella loro miseria, anzi è pieno di tenerezza e di pietà per tutti coloro che sono esposti alle tentazioni dell’astuto nemico. PV 133.1
La parabola del figlio prodigo mette in evidenza in che modo Dio tratta coloro che, dopo aver conosciuto l’amore del Padre, hanno ceduto agli allettamenti del tentatore. PV 133.2
“Un uomo aveva due figliuoli; e il più giovane di loro disse al padre: Padre, dammi la parte dei beni che mi tocca. Ed egli spartì fra loro i beni. E di lì a poco, il figliuolo più giovane, messa insieme ogni cosa, se ne parti per un paese lontano”. Luca 15:11-13. PV 133.3
Il figlio più giovane era insofferente alle rigide regole paterne si sentiva limitato nella sua libertà e fraintendendo l’affetto e le premure del padre, decise da quel momento in poi di fare di testa sua PV 133.4
Questo giovane non riconosce alcun dovere di fronte al padre ed ignora completamente ogni senso di gratitudine, nondimeno, appellandosi ai diritti e ai privilegi propri dei figli, pretende la parte del patrimonio paterno che gli tocca in eredità. Vuole subito ciò che in effetti gli spetterebbe alla morte del padre. Invece di preoccuparsi del futuro pensa solo a godere il presente. PV 133.5
Ottenuta la sua parte di beni, parte “per un paese lontano”, lontano dalla casa paterna. Ora che ha soldi in abbondanza ed è libero di fare quello che vuole, si lusinga di aver realizzato finalmente il suo più ardente desiderio. Ora nessuno potrà più dirgli: Non fare questo perché ti farà male! Oppure: Fai questo perché è giusto così! Le cattive compagnie lo aiutano a sprofondare sempre più nel peccato e a dissipare “la, sua sostanza, vivendo dissolutamente”. Luca 15:13. PV 133.6
La Bibbia parla di uomini che “dicendosi savi, son divenuti stolti” (Romani 1:22), e questo giudizio riflette esattamente la storia del protagonista della parabola: egli scialacqua con le prostitute i beni pretesi egoisticamente dal padre. Gli anni migliori della giovinezza, le energie intellettuali, i nobili ideali e le aspirazioni spirituali, tutto viene sacrificato alla sete di piacere. PV 134.1
Ad un certo punto sopravviene una grave carestia e anche lui comincia a soffrire la miseria. Trova lavoro presso un abitante del paese che lo manda a custodire i suoi maiali, lavoro tra i più bassi ed umilianti per un ebreo... Il giovane così fiero della sua libertà ora si ritrova schiavo, ridotto alla più odiosa servitù, “tenuto stretto dalle funi del suo peccato”. Proverbi 5:22. Svanito lo scintillante miraggio che l’aveva abbagliato, sente ora su di sé tutto il peso delle sue catene. Seduto a terra in quel paese squallido e devastato dalla fame, si ritrova solo in compagnia dei porci. Quanto avrebbe dato pur di saziarsi con le carrube usate per sfamare quegli animali! Di tutti gli allegri compagni che gli si accalcavano intorno nei giorni di prosperità per mangiare e bere alle sue spalle, nessuno gli è rimasto vicino. Dove è finita la sua gioia sfrenata? Mettendo a tacere la propria coscienza e annebbiando i propri sentimenti, pensava di essere felice, ma ora — senza denaro, a stomaco vuoto, umiliato nel suo orgoglio, moralmente in rovina, indebolito nella forza di volontà, poco degno di fede, apparentemente insensibile ai suoi sentimenti più nobili — è la più miserabile delle creature umane! PV 134.2
Che quadro impressionante della condizione del peccatore! Sebbene Dio gli prodighi i benefici del suo amore, l’uomo peccatore, schiavo dell’egoismo e del piacere, non desidera altro che liberarsi del Padre celeste. Simile a questo figlio ingrato egli esige i buoni doni di Dio quasi che gli spettino di diritto, e li riceve come cose ovvie senza esprimere riconoscenza né ricambiare l’amore divino. Come “Caino si partì dal cospetto dell’Eterno” alla ricerca di una dimora, e come il figlio prodigo “se ne partì per un paese lontano”, così il peccatore cerca la felicità dimenticando Dio. Romani 1:28. PV 134.3
Per quanto l’apparenza inganni, una vita incentrata sul proprio io è una vita fallita. Chi vuole vivere lontano da Dio dissipa i suoi beni, i suoi anni migliori, le facoltà dello spirito, del cuore e dell’anima, corre verso la rovina eterna. Chi sì separa da Dio per servire se stesso si fa schiavo delle ricchezze. L’essere intelligente che Dio ha creato perché fosse compagno degli angeli si è degradato a tal punto da diventare servo dì ciò che è estremamente terreno e bestiale. Ecco la fine di chi si dedica al culto del proprio io! PV 134.4
Se hai imboccato questa via, sappi che spendi denaro per ciò che non nutre e lavori per finì che non soddisfano. In certi momenti dì lucidità ti renderai conto della tua degradazione e allora, solo e in un paese lontano, consapevole della tua miseria, esclamerai disperato: “Misero me uomo! chi mi trarrà da questo corpo di morte?” Romani 7:24. Il profeta esprime una verità universale quando dice: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo e fa della carne il suo braccio, e il cui cuore si ritrae dall’Eterno! Egli è come un tamerice nella pianura sterile; e quando giunge il bene, ei non lo vede; dimora in luoghi aridi, nel deserto, in terra salata, senza abitanti”. Geremia 17:5, 6. Dio “fa levare il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” (Matteo 5:45), tuttavia gli uomini hanno la facoltà di rifiutare il sole e la pioggia. Così, mentre il Sole di Giustizia brilla e la pioggia della grazia cade liberamente per tutti, noi possiamo ancora allontanarci da Dio per andare a dimorare “in luoghi aridi, nel deserto”. PV 135.1
Ciò nonostante Dio, nel suo grande amore, cerca chi ha voluto allontanarsi da lui e fa dì tutto per ricondurlo alla casa paterna. Del figlio prodigo leggiamo che, nella sua miseria, è “rientrato in se stesso”. L’insidioso incanto con cui Satana l’aveva irretito è scomparso ed egli comprende che le sue sofferenze sono il risultato della sua follia. Esclama: “Quanti servì di mio padre hanno pane in abbondanza, ed io qui mi muoio di fame! Io mi leverò e me n’andrò a mio padre”. Luca 15:17, 18. Per quanto si senta miserabile, il figlio prodigo crede ancora nell’amore paterno e questa convinzione gli infonde speranza. L’amore del padre lo attira a ritornare a casa. L’amore divino agisce in modo analogo inducendo il peccatore a ritornare sui suoi passi: “La benignità dì Dio ti trae a ravvedimento”. Romani 2:4. L’amore, la grazia e la misericordia di Dio circondano come una catena d’oro ogni anima in pericolo ed Egli dichiara: “Si, io t’amo d’un amore eterno; perciò ti prolungo la mia bontà”. Geremia 31:3. PV 135.2
Il figlio prodigo decide di confessare la propria colpa. Andrà dal padre a dirgli: “Ho peccato contro il cielo e contro te: non son più degno d’esser chiamato tuo figliuolo”. Luca 15:18, 19. Tuttavia, dimostrando di conoscere ben poco l’amore del padre, aggiunge: “Trattami come uno dei tuoi servi”. PV 136.1
Abbandonati maiali e baccelli il più giovane si mette in viaggio verso la casa paterna. Vacillante e sfinito per la debolezza e la fame sofferta, prosegue ansiosamente il cammino. E avvolto solo in cenci, ma la miseria ha vinto il suo orgoglio ed egli aumenta il passo per andare a chiedere un posto di servo dove un tempo era un figlio amato. PV 136.2
Quando aveva lasciato la casa paterna questo giovane lieto e spensierato non immaginava minimamente il dolore e la nostalgia che avrebbe provocato nel padre, non pensava affatto, ballando e facendo festa con i compagni, all’ombra di tristezza che si era posata sulla sua famiglia. E anche ora che con passo stanco e penoso ha ripreso la via del ritorno, non sa che qualcuno l’attende. “Ma, mentr’egli era ancora lontano, suo padre lo vide”. L’amore ha la vista buona e il padre lo riconosce anche dopo tanti anni di peccato e di degradazione, “...e fu mosso a compassione, e corse, e gli si gettò al collo” stringendolo in un lungo e tenero abbraccio. Luca 15:20. PV 136.3
Non volendo che qualche sguardo sprezzante si posi sui miseri brandelli del figlio, il padre si toglie il proprio ricco mantello e avvolge la figura esangue e smagrita del giovane che singhiozza pentito: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro te; non son più degno d’esser chiamato tuo figliuolo”. Luca 15:21. Stringendolo a sé, il padre lo fa entrare in casa senza neanche lasciargli il tempo di chiedere il posto di servo. Sarà onorato da figlio con quello che c’è di meglio in casa, servito e rispettato da servi e serve. PV 136.4
“Ma il padre disse ai suoi servitori: Presto, portate qua la veste più bella e rivestitelo, e mettetegli un anello al dito e de’ calzari a’ piedi; e menate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, e mangiamo e rallegriamoci, perché questo mio figliuolo era morto ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato. E si misero a far gran festa”. Luca 15:22-24. PV 136.5
Nella sua fremente giovinezza il figlio riteneva il padre duro e severo, ma com’è cambiato ora il suo giudizio! Così anche quanti sono stati sedotti da Satana considerano Dio esigente ed implacabile, lo immaginano in agguato e pronto a minacciare e condannare, restio ad accogliere il peccatore e ad aiutarlo finché esiste qualche scusa per non farlo. Vedono nella sua legge un ostacolo alla felicità umana, un grave fardello di cui sbarazzarsi al più presto possibile. Chi invece ha aperto gli occhi all’amore di Cristo riconoscerà che Dio è pieno di compassione e non è un implacabile tiranno, bensì un padre che brama riabbracciare il figlio pentito. Allora il peccatore esclamerà col salmista: “Come un padre è pietoso verso i suoi figliuoli, così è pietoso l’Eterno verso quelli che lo temono”. Salmi 103:13. PV 137.1
Nella parabola il figlio prodigo non riceve alcun rimprovero per le sue follie precedenti, sente che il suo passato è stato perdonato e dimenticato, cancellato per sempre. Similmente Dio dice al peccatore: “Io ho fatto sparire le tue trasgressioni come una densa nube, e i tuoi peccati, come una nuvola”. Isaia 44:22. “Io perdonerò la loro iniquità, e non mi ricorderò più del loro peccato”. Geremia 31:34. “Lasci l’empio la sua via, e l’uomo iniquo i suoi pensieri: e si converta all’Eterno che avrà pietà di lui e al nostro Dio ch’è largo nel perdonare”. Isaia 55:7. “In quei giorni, in quel tempo, dice l’Eterno, si cercherà l’iniquità d’Israele, ma essa non sarà più, e i peccati di Giuda, ma non si troveranno”. Geremia 50:20. PV 137.2
Che splendida promessa ci fa Dio di accettare il peccatore penitente! E tu, caro lettore, hai preferito fare la tua strada? Ti sei allontanato da Dio per assaporare i frutti del peccato? Hai scoperto che sono insipidi o addirittura amari? E ora che hai sprecato i buoni doni ricevuti da Dio, ora che i tuoi piani per il futuro sono crollati e le tue speranze svanite, ti trovi anche tu solo e depresso? Allora ascolta quella voce che ti parla chiara e distinta da tanto tempo, ma che tu hai ignorato finora: “Levatevi, andatavene! perché questo non è luogo di riposo; a motivo della sua contaminazione, esso vi distruggerà d’una distruzione orrenda”. Michea 2:10. Ritorna alla dimora del Padre che ti invita: “Torna a me, perché io t’ho riscattato”. Isaia 44:22. PV 137.3
Non ascoltare i suggerimenti di Satana che vorrebbe convincerti a rimanere lontano da Cristo finché non sarai divenuto migliore, finché non sarai abbastanza buono da poterti presentare dinanzi a Dio. Se vuoi attendere tanto non andrai mai al Signore! Se Satana mette in evidenza i tuoi abiti sporchi, ripetigli la promessa di Gesù: “Colui che viene a me, io non lo caccerò fuori”. Giovanni 6:37. Dici al nemico che il sangue di Cristo purifica da ogni peccato e prega con Davide: “Purificami con l’issopo, e sarò netto; lavami, e sarò più bianco che neve”. Salmi 51:7. PV 138.1
Alzati e ritorna al Padre, ed Egli ti correrà incontro da lontano. Se ti decidi a fare questo primo passo di pentimento, Egli si affretterà a stringerti fra le braccia con infinito amore. Egli ascolta il grido del contrito e conosce il primo vero impulso del cuore che va alla sua ricerca. Anche se ha appena balbettato una preghiera, se ha versato una lacrima in segreto, se ha un debole ma sincero desiderio di ritornare a Dio, lo Spirito Santo gli verrà incontro senza indugio. Ancor prima che egli esprima la sua preghiera o il desiderio del cuore, la grazia di Cristo si è messa all’opera ed è già pronta ad incontrare la grazia che sta operando nell’animo umano. PV 138.2
Il Padre celeste ti toglierà gli abiti insudiciati dal peccato. Nella magnifica allegoria profetica di Zaccaria il sommo sacerdote Giosué, che si trova in abiti sporchi dinanzi all’angelo del Signore, è un simbolo del peccatore. Dio ordina: “‘Levategli di dosso i vestiti sudici’. Poi disse a Giosué: ‘Guarda, io ti ho tolto di dosso la tua iniquità, e t’ho vestito di abiti magnifici’ ... E quelli gli posero in capo una tiara pura, e gli misero delle vesti”. Zaccaria 3:4, 5. Così Dio vuole rivestire te “delle vesti della salvezza” e avvolgerti “nel manto della giustizia”. Isaia 61:10. “Quando vi siete riposati tra gli ovili, le ali della colomba si son coperte d’argento, e le sue penne hanno preso il giallo dell’oro”. Salmi 68:13. PV 138.3
“Egli m’ha condotta nella casa del convito, e l’insegna che spiega su di me è Amore” Cantico dei. Cantico dei Cantici 2:4. “Se tu cammini nelle mie vie”, — promette il Signore — “custodirai i miei cortili, e io ti darò libero accesso fra quelli che stanno qui davanti a me”, cioè i santi angeli che circondano il trono divino. Zaccaria 3:7. PV 138.4
“Come la sposa è la gioia dello sposo, cosi tu sarai la gioia del tuo Dio”. Isaia 62:5. “L’Eterno, il tuo Dio, è in mezzo a te, come un Potente che salva; egli si rallegrerà con gran gioia per via dite, si acquieterà nell’amor suo, esulterà, per via dite, con gridi di gioia”. Sofonia 3:17. lì cielo e la terra intoneranno insieme al Padre un canto di gioia, “perché questo mio figliuolo era morto ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato”. Luca 15:24. PV 139.1
Fino a questo punto nessuna nota discordante aveva turbato la scena gioiosa della parabola, ma ora il Salvatore introduce quest’altro elemento. Quando il figlio prodigo era arrivato a casa “il figliuolo maggiore era a’ campi; e come tornando fu vicino alla casa, udì la musica e le danze. E chiamato a sé uno de’ servitori, gli domandò che cosa ciò volesse dire. Quello gli disse: E giunto tuo fratello, e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché l’ha riavuto sano e salvo. Ma egli si adirò e non volle entrare”. Luca 15:25-28. Il fratello maggiore non aveva provato l’ansia e le preoccupazioni del padre per questo figlio perduto, non poteva quindi condividere la sua gioia nel rivederlo. L’atmosfera festosa lo lasciava indifferente, anzi egli andò su tutte le furie per la gelosia quando da un servo apprese il motivo. Si rifiutò di entrare per dare il benvenuto al fratello, considerando un insulto alla sua persona il favore dimostrato all’altro. PV 139.2
Il suo orgoglio ed il suo malvagio carattere si manifestano apertamente allorché suo padre esce a parlargli. Per lui la vita trascorsa nella casa paterna era stata nient’altro che una lunga serie di servizi e prestazioni non retribuiti e ora egli fa un meschino confronto col generoso trattamento riservato al fratello appena rientrato. Fa capire che nel lavoro si è sentito più servo che figlio. Invece di essere lieto e riconoscente di vivere col padre, mirava in realtà solo ai vantaggi che poteva trarre dalla sua vita prudente e ordinata. Le sue parole rivelano che solo per questo ha rinunciato ai piaceri del peccato, e ora che il fratello riceve i ricchi doni del padre si ritiene trattato ingiustamente. È invidioso dell’attenzione riservata al fratello e dimostra chiaramente che se si fosse trovato al posto del padre, non avrebbe accolto il figlio prodigo. Non lo definisce neanche “mio fratello”, ma parla freddamente al padre di “questo tuo figliuolo”. PV 139.3
Nondimeno il padre lo tratta affettuosamente: “Figliuolo”, gli dice, “tu sei sempre meco, ed ogni cosa mia è tua”. Luca 15:31. In tutti questi anni di miseria per tuo fratello, non hai avuto il privilegio di vivere con me? PV 140.1
Tutto quello che poteva contribuire alla felicità dei suoi figli era a loro disposizione, perciò non c’era motivo che il figlio maggiore si preoccupasse di doni o ricompense e il padre gli assicura: “Ogni cosa mia è tua”. Basta che tu creda nel mio amore e accetti i doni che ti offro generosamente. PV 140.2
Non rendendosi conto dell’amore paterno, uno dei due figli si era staccato per un certo periodo dalla famiglia, ma ora che è ritornato, la gioia fa svanire ogni altra preoccupazione: “Questo tuo fratello era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato”. PV 140.3
Il fratello maggiore riconobbe la propria meschinità e ingratitudine? Si rese conto che il suo fratello minore, pur essendosi comportato malamente, rimaneva pur sempre suo fratello? Si penti della sua gelosia e durezza di cuore? Cristo non lo dice: la parabola era ancora in corso di svolgimento e dipendeva dagli ascoltatori come sarebbe andata a finire. PV 140.4
Il figlio maggiore rappresenta gli Ebrei impenitenti dei giorni di Cristo e anche i farisei di tutti i tempi che guardano con disprezzo quanti considerano pubblicani e peccatori. Non avendo commesso personalmente gravi eccessi nel vizio sono gonfi di orgoglio. Cristo affronta questi cavillatori sul loro proprio terreno. Come il figlio maggiore della parabola, avevano goduto speciali privilegi divini e pretendevano di essere i figli della casa di Dio, ma dimostravano piuttosto uno spirito venale. Lavoravano non per amore ma per la ricompensa, in quanto Dio ai loro occhi era nient’altro che un padrone duro ed esigente. Si scandalizzavano vedendo Cristo offrire gratuitamente la sua grazia ai pubblicani e ai peccatori, il medesimo dono che i rabbini speravano di guadagnarsi con sforzi e penitenze. Il ritorno del figlio prodigo, che faceva esultare di gioia il cuore del padre, scatenava in loro nient’altro che gelosia. PV 140.5
Il colloquio che il padre ha nella parabola col figlio maggiore rappresenta il tenero appello che il cielo rivolge ai Farisei: “Ogni cosa mia è tua”, non come retribuzione ma in dono. Allo stesso modo del figlio prodigo, anche tu puoi ricevere tutto come dono immeritato del Padre che ti ama. PV 141.1
L’orgoglio non solo induce ad una falsa concezione di Dio, ma rende duri e critici verso il prossimo. Nella sua gelosia egoistica il figlio maggiore osservava sospettosamente il fratello, pronto a criticare ogni suo atto e ad accusarlo alla minima occasione. Metteva in evidenza ogni suo sbaglio ingigantendo la più lieve mancanza per giustificare il proprio carattere inclemente ed implacabile. Molti oggi fanno altrettanto: mentre qualche novizio è alle sue prime lotte contro le numerose tentazioni che l’assalgono, essi stanno a guardare, criticare, accusare... Pretendono di essere figli di Dio ma dimostrano lo spirito di Satana. Assumendo un simile atteggiamento verso i fratelli questi accusatori si privano da soli della luce divina. PV 141.2
Molti si chiedono continuamente: “Con che verrò io davanti all’Eterno e m’inchinerò davanti all’Iddio eccelso? Verrò io davanti a lui con degli olocausti, con de’ vitelli d’un anno? L’Eterno gradirà egli le migliaia de’ montoni, le miriadi de’ rivi d’olio?” La risposta è semplice: “O uomo, Egli t’ha fatto conoscere ciò ch’è bene; e che altro richiede da te l’Eterno, se non che tu pratichi ciò ch’è giusto, che tu ami la misericordia, e cammini umilmente col tuo Dio?” Michea 6:6-8. PV 141.3
Ecco ciò che Dio desidera da te: “Che si spezzino le catene della malvagità, che si sciolgano i legami del giogo, che si lascino liberi gli oppressi, e che s’infranga ogni sorta di giogo ... e che tu non ti nasconda a colui ch’è carne della tua carne”. Isaia 58:6, 7. Chi prende coscienza di essere un peccatore salvato solamente dall’amore del Padre celeste, avrà pietà di quanti soffrono ancora nel peccato. Non tratterà più il fratello pentito e misero con gelosia e critiche. Quando il gelo dell’egoismo sparirà dal tuo cuore, ti ritroverai in armonia con Dio e parteciperai alla sua gioia per la salvezza dei perduti. PV 141.4
Se sei veramente un figlio di Dio — come dici di essere —, tuo fratello sarà colui del quale leggiamo: “Era morto, ed è tornato a vita; era perduto, ed è stato ritrovato”. Gli sarai legato dai vincoli più stretti, perché Dio lo riconosce figlio suo. Se invece neghi la tua parentela con lui dimostri semplicemente di essere un mercenario e non un figlio della famiglia celeste. PV 142.1
Anche se rifiuti di dare il benvenuto al figlio prodigo, la festa continuerà lo stesso ed il figlio riabilitato potrà di nuovo vivere e lavorare insieme al Padre. A chi si perdona molto, molto ama, mentre tu rimarrai fuori nelle tenebre, perché “chi non ama non ha conosciuto Iddio; perché Dio è amore”. 1 Giovanni 4:8. PV 142.2